Legale Vanacore: «Veleno interiore scatenò suicidio»
Prima di morire annegato, come emerso nel giugno scorso dal primo responso delle analisi tossicologiche, Pietrino Vanacore non ha ingerito veleno o assunto farmaci: è quanto emerge dalla perizia che il medico legale Massimo Sarcinella ha consegnato al pm tarantino Maurizio Carbone, titolare dell’inchiesta per istigazione al suicidio.
Il cadavere dell’ex portiere di via Poma, a Roma, dove fu uccisa nel 1990 Simonetta Cesaroni, fu trovato il 9 marzo scorso a cinque metri dalla riva nello specchio di mare antistante la località “Torre Ovo”, vicino a Torricella. Il corpo fu ritrovato con una caviglia agganciata a una fune che aveva l’altra estremità legata a un albero. Resta tuttora inspiegabile perchè Vanacore sia annegato in acque profonde non più di mezzo metro. Nella Citroen Ax dell’ex portiere, oltre a tracce di un anticrittogamico, fu trovata una bottiglia di antigelo, ma l’autopsia ha stabilito che l’uomo non ha ingerito alcun tipo di veleno.
“Ora – anticipa il pm all’ANSA – assegnerò una perizia grafologica sui biglietti trovati il giorno del ritrovamento del cadavere”.
Nell’auto Vanacore l’uomo lasciò due messaggi di addio: “Venti anni di persecuzioni: sono stanco delle angherie”; “Venti anni di martirio senza colpa e di sofferenza portano al suicidio”.
ORE 19.17 - LEGALE VANACORE: VELENO INTERIORE SCATENO’ SUICIDIO
«A questo punto è certo: il suicidio è stato scatenato da un certo tipo di veleno che una persona come Pietrino Vanacore aveva dentro di sè e che non aveva necessità di ingerire». È il commento dell’avvocato Antonio De Vita ai risultati delle analisi tossicologiche che indicano che Pietrino Vanacore, il portiere dello stabile di via Poma nel quale venti anni fa fu trovata uccisa Simonetta Cesaroni, prima di morire annegato non ha ingerito veleno o assunto farmaci. De Vita è stato l’avvocato di Vanacore nelle fasi delle indagini su quel delitto; vicenda per la quale il portiere fu prosciolto.
«Effettivamente – ha aggiunto l’avvocato De Vita – quello di oggi è un dato tecnico che in un certo senso conforta la tesi dell’evento volontario naturale inteso come atto di depressione indotto da uno stato ossessivo che Pietrino Vanacore ha detto più volte di vivere. Non solo; collima anche con le testimonianza dei suoi amici e delle persone che lo conoscevano, ovvero che lui in tutti questi anni si è sempre comportato in maniera assolutamente naturale tutte le volte che lo hanno incontrato o che hanno colloquiato con lui».
Sul fatto che il corpo di Vanacore fu trovato con una corda alla caviglia, il messaggio dell’avvocato De Vita è chiaro: «Il problema non è quello della corda legata al piede. Chi compie un’attività del genere in maniera criminale certo ha interesse che il corpo si disperda; Vanacore invece coltivava dentro di sè quell'atto e le modalità sono quelle che appartengono a una persona che non voleva creare problemi a nessuno, neanche alla polizia e a chi voleva trovasse il suo corpo. Un atto di gentilezza verso gli altri; lui aveva questa gentilezza e tutti lo sapevano e lo sanno».