Quell’uomo dall’aspetto mite, con un cappello spesso calato sulla testa ha invece agito da killer, da maniaco, con estrema crudeltà
Le sue mani sono ruvide, le unghie sporche di terra, la pelle del suo volto è arsa dal sole: è un contadino Michele Misseri. Ha 57 anni, tutti passati nelle campagne del tarantino. Per circa 30 giorni non ha mai parlato con i giornalisti, la sua figura è sempre stata quella di un uomo schivo, poco propenso alle telecamere: di sua nipote Sarah - scomparsa da casa dal 26 agosto scorso – parlavano nelle trasmissioni e nei telegiornali sua figlia Sabrina con la quale la 15/enne avrebbe dovuto incontrarsi per andare al mare quel misterioso giorno e sua moglie Cosima, che dava coraggio alla sorella, la mamma di Sarah, Concetta Serrano Spagnolo.
Invece è stato proprio lui, l’uomo dalla lacrima facile, ad uccidere la nipote: l’ha ammazzata, strangolandola, nella cantina della sua abitazione, con una crudeltà inaudita, perchè non accettava le sue avances. E dopo averla uccisa, l’ha violentata: così avrebbe raccontato agli investigatori, quando la notte scorsa è crollato e ha confessato. Lui che è rimasto nell’ombra per oltre un mese, lui che sembrava provato dalla sofferenza.
Michele Misseri era stato ascoltato dagli investigatori nei primi giorni della scomparsa, poi era stato ascoltato il 28 settembre scorso, il giorno prima, che diventasse protagonista della vicenda, quando, cioè, tra lo stupore generale, ha ritrovato il cellulare di Sarah in un uliveto dove era andato per lavorare insieme con un amico. Il 29 settembre era tornato da solo in quel podere perchè – aveva poi raccontato agli investigatori – aveva dimenticato un cacciavite e lì, semi-brucciacchiato, aveva trovato il cellulare della nipote, senza batterie e senza schede Sim. E’ un ritrovamento che subito ha destato perplessità: perchè proprio lui?
Dal profilo tracciato dagli esperti del Reparto analisi criminologiche dei Carabinieri emerge che questo gesto può essere compatibile con la psicologia dell’uomo. Il comandante provinciale dei carabinieri di Taranto, col. Giovanni Di Blasio, riferendosi ai comportamenti del presunto assassino della 15/enne, ha spiegato oggi ai giornalisti: “Il profilo psicologico di chi compie un delitto d’impeto, come quello di Sarah Scazzi, è compatibile con quello di un soggetto che poi simula il ritrovamento casuale del cellulare della vittima e che sa gestire lo stress derivante dall’atto d’impeto”.
Di certo per i carabinieri del Rac, la consegna del cellulare da parte di Michele Misseri è stata una specie di 'segnale' mandato, più o meno inconsciamente, da una persona alle prese con un peso evidentemente insopportabile. Quel 29 settembre, quando ha ritrovato il cellulare, Michele Misseri ha sentito il bisogno di difendersì.
Ha accettato di essere intervistato dalla folla di giornalisti che assedia da oltre un mese Avetrana: “non avrei voluto essere proprio io - ha detto mentre piangeva disperato – a trovarlo”, e intanto però con gli occhi cercava le telecamere. Quel giorno la mamma di Sara ha difeso suo cognato: “non è stato lui – ha detto con sicurezza – io di lui mi fido”. Una sicurezza che nei giorni immediatamente successivi è cominciata però a vacillare. E' stata proprio la madre, d’altra parte, ad essere la prima persona a dire agli investigatori di “indagare nella famiglia, tra le persone vicine”.
Quell'uomo dall’aspetto mite, con un cappello spesso calato sulla testa, le maniche di camicia rimboccate, i pantaloni larghi e sporchi di terra, in barba al suo aspetto da contadino ha invece agito da killer, da maniaco, con estrema crudeltà. Qualcuno dei suoi famigliari sapeva quello che è accaduto nel garage di casa? Per ora l’unico indagato è Michele Misseri. Le accuse contestate sono sequestro di persona, omicidio volontario e occultamento di cadavere. La famiglia si è chiusa in casa. “Mio padre deve pagare per quello che ha fatto”, dice Sabrina con un filo di voce, rispondendo ai giornalisti al citofono di casa.