La ricostruzione dell’omicidio non è però ancora del tutto chiara. I detenuti del carcere di Taranto: «Datelo a noi: l’ammazziamo»
Una “ricostruzione nebulosa”. “Una confessione, per il vero, che lascia molte ombre su diversi aspetti”. L’inchiesta su Sarah Scazzi non è terminata. Anzi, potrebbe essere soltanto appena cominciata.
Il gip di Taranto, Martino Rosati, nel confermare ieri il fermo di Michele Misseri per l’omicidio, l’occultamento e il vilipendio di cadavere della nipote, ha lanciato il dubbio che l'uomo stia tentando di coprire sua figlia Sabrina e sua moglie Cosima.
“Anche per questo è necessario che non parli con i familiari perché sarebbe elevatissimo il rischio di concertazione di difese posticce e fuorivianti”.
Il giudice parla di punti “non chiariti” dalla confessione.
“Viene da chiedersi - si legge nelle quattro pagine di ordinanza - come mai Sarah che aveva un appuntamento con la cugina Sabrina, che era in casa, anziché cercarla sia andata nel garage dello zio. E così pure, come sia stato possibile che tanto Sabrina quanto sua madre, Cosima, che era presente in quel momento, non abbiano visto o sentito nulla nell'assolato silenzio di un pomeriggio agostano. E infine come abbia Misseri potuto fare un'azione così cruenta a pochi metri dall'uscio spalancato di un garage nel centro del paese con moglie e figlie in casa”.
I dubbi del gip sono gli stessi degli investigatori. E persino dell’avvocato di Misseri, Daniele Galoppa, che nel fare notare come il racconto dell’uomo sia “preciso sull’occultamento ma tentennante sul resto”, ipotizza che “non sia stato lui a commettere l’omicidio ma semmai a occultare il cadavere”.
Ora il quadro si potrà chiudere soltanto quando il professor Luigi Strada consegnerà l’esito dell’autopsia: se la violenza non fosse confermata, lo scenario cambierebbe. Ci vorrà una settimana.
Nell’interrogatorio di ieri, però, Misseri a domanda esplicita ha escluso - seppur dopo un silenzio di un minuto - possibili complicità. E ha messo a verbale nuovi, tremendi particolari.
“Seppur fra molti ‘non ricordo’ - si legge nell’ordinanza – l’uomo ha ammesso di provare una certa attrazione sessuale verso sua nipote e di aver anche azzardato un approccio sessuale attorno al 20 di agosto”.
Erano a casa sua, “Sarah si trovava in compagnia della cugina Sabrina, che poi si allontanava, quando Misseri aveva allungato una mano sul gluteo della nipote palpandolo con una certa insistenza e suscitando la reazione della ragazzina che gli aveva detto ‘certe cose, non si fanno’”.
L'omicida ha ulteriormente ricostruito poi cosa è successo quel 26 agosto.
“Sarah si è affacciata alla rampa di accesso e l’ha chiamato - scrive il giudice - Egli, non è ancora perfettamente chiaro in che termini, ha tentato un approccio sessuale poggiando una mano sul pube. Sarah non ha gradito, ha voltato le spalle ed è andata via. In questo momento Misseri ha aggredito la ragazza con una corda, gliel’ha stretta attorno al collo per cinque-sei minuti finché la ragazzina si è accasciata al suolo senza riuscire a emettere alcun urlo o gemito. Sarah stringeva nelle mani il suo telefono cellulare che è squillato e le è quindi sfuggito, cadendo per terra e perdendo la batteria”.
Misseri ha accantonato il corpo della ragazza su un lato del garage, “coprendolo con un cartone in modo tale che sua figlia Sabrina - che un paio di volte insieme con l'amica Mariangela si è affacciata sull'uscio del garage per chiedere al padre se avesse visto Sarah - non l’ha potuto scorgere”.
Poi Misseri ha preso l’auto, “sistemato il cadavere della ragazza nel bagagliaio coprendola con lo stesso cartone e si è diretto nelle campagne di Avetrana. Ha nascosto l’auto sotto un grande albero di fico, e qui ha preso il cadavere della nipote, lo ha spogliato e ha consumato un rapporto sessuale”.
Dopodiché ha rivestito il cadavere e lo ha portato in un terreno vicino.
“Qui lo ha nuovamente denudato e lo ha calato nel pozzo coprendone poi l'imboccatura”. Andando via, “per strada si è disfatto della batteria del cellulare e in un altro terreno ha bruciato gli abiti”.
Terminato il racconto, Misseri aveva gli occhi lucidi.
“È commosso?” gli ha chiesto il gip. “No, solo stanco” ha risposto lui che è in isolamento in una parte dell’infermeria del carcere di Taranto.
Quando è arrivato gli altri detenuti hanno urlato: “Datelo a noi, l’ammazziamo”.
Ora è sorvegliato 24 ore su 24. Ha manifestato intenzioni suicide. Ma ha anche chiesto i giornali. Sua figlia Sabrina gli ha portato la borsa con il cambio.