Il legale lo ha dichiarato ieri sera, nel Tg5 delle 20
«Mi ha detto che si è pentito per la prima volta fin dal momento in cui ha bruciato i vestiti»: lo ha raccontato al Tg5 delle 20 l’avv. Daniele Galoppa, difensore del presunto omicida di Sara Scazzi, Michele Misseri. Per il legale, Michele Misseri, «da sempre abituato al sacrificio» non avrebbe detto la verità, «soprattutto per le fasi dell'omicidio».
«Comunque - ha aggiunto - io ho raccolto alcuni nominativi per le indagini difensive». Secondo l’avv. Galoppa, lo zio di Sara coprirebbe qualcuno a cui vuole troppo bene, al punto da sacrificare se stesso. L'avvocato annuncia al Tg5 che Misseri si è detto «disposto ad indicare il luogo dove ha bruciato i vestiti e il telefonino, ma al momento gli inquirenti dicono che non è necessario».
Intanto, è stata spostata a domani pomeriggio la tumulazione del corpo di Sara. Il cadavere della ragazzina sarà tumulato provvisoriamente - a quanto si è saputo - nella tomba della nonna materna. Poi sarà spostato in una tomba monumento nel nuovo cimitero di Avetrana.
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IL LAPSUS DI MISSERI DURANTE L'INTERROGATORIO
«...Ho messo di nuovo il corpo di Sarah in macchina, abbiamo parcheggiato... vicino alle canne. Ho parcheggiato...». Un lapsus? Un errore di trascrizione? Quell’«abbiamo parcheggiato» apre forse nuovi scenari? È una delle frasi pronunciate da Michele Misseri nella lunga confessione resa agli investigatori la notte tra il 6 e il 7 ottobre subito dopo il ritrovamento del corpo di Sarah. L’uomo confessa l’omicidio, magistrati e carabinieri si spostano in campagna per verificare se davvero il cadavere della 15enne sia nascosto in fondo a un pozzo. Difatti, tristemente, lo ritrovano. Quindi rientrano in caserma e a notte fonda riprendono ad ascoltare Misseri.
Il quale, ricostruendo i movimenti del 26 agosto, riferendo di aver anche abusato sessualmente della ragazza che era già morta, spiega poi di averla rimessa in automobile e di aver parcheggiato. Ma qui, per un attimo, Misseri usa il plurale («abbiamo parcheggiato») correggendosi immediatamente («ho parcheggiato»). Questa almeno la trascrizione letterale dell’interrogatorio.
È una delle zone grigie dell’inchiesta. D’altronde, nella ricostruzione investigativa, mancano ancora altri tasselli preziosi. La batteria del cellulare, ad esempio: non è mai stata ritrovata. Misseri non chiarisce fino in fondo se se ne sia disfatto o se sia andata smarrita. E ancora gli auricolari della cuffia che indossava Sarah quel maledetto pomeriggio. Li usava abitualmente, per ascoltare la musica dall’Mp3 e per parlare al cellulare. Scomparsi, come la batteria. Dove sono? Mistero.
E la corda usata per strangolare la ragazza? Un’altra tessera di fondamentale importanza: parliamo dell’arma del delitto. Michele Misseri nella confessione fiume descrive questa fune: «Era lunga un metro... una corda fine di quelle che si mettono alla motosega... più grossa dello spago, di colore grigio ... la tenevo sopra al trattore. Dopo l’ho fatta sparire». Non si comprende, tuttavia, se l’abbia buttata tra i rifiuti (sì, ma dove?) o se l’abbia bruciata. Lui è vago, gli inquirenti (al momento) glissano.
Dove sono, infine, le tracce dei vestiti di Sarah del suo zaino e delle infradito che indossava quando lo zio l’ha strangolata? L’uomo descrive con esattezza tutto ciò che la ragazzina aveva addosso: «Aveva i pantaloncini, la mutandina da bagno, il reggiseno del costume da bagno e una magliettina, piccola». Misseri sostiene di aver bruciato tutto in una campagna in località Sierri ad alcuni chilometri di distanza dal pozzo nel quale aveva gettato il corpo. Nel corso della confessione riflette anche sulla possibilità che le ultime piogge di settembre possano aver lavato via le tracce. Si è detto però disposto ad accompagnare gli investigatori sul luogo di quel falò. Ma finora nessuno glielo ha chiesto.