Le parole e i gesti del contadino di Avetrana: ha mimato le fasi della sepoltura sollevando un carabiniere
Questa è la storia nera di Misseri Michele, detto semplicemente Michè, l´uomo che alza i massi con un braccio e che a casa deve lavarsi i piatti per tutti, prima di coricarsi su una vecchia sedia a sdraio perché la moglie non lo vuole a letto. Misseri Michele l´ultima cosa che ha raccontato alle 17 di ieri pomeriggio, mentre lo riportavano in carcere, è di essersi comportato come soltanto un padre può fare, accollandosi la responsabilità di un omicidio che non aveva commesso, e che invece aveva fatto sua figlia, quella disgraziata, proprio lei che era la preferita, proprio Sabrina che diceva sempre a tutti di volere un figlio con gli occhi di suo padre Michele, perché era il più bello. «Io sono soltanto un padre» ripeteva ieri pomeriggio agli agenti penitenziari, tenendosi la faccia con due mani.
Pochi minuti prima davanti ai magistrati aveva però ammesso anche di essere un orco, ripetendolo per più volte: sì, lui la violenza sul corpo di Sarah l´ha fatta, sotto l´albero di fico, prima di buttarla in un pozzo, prima delle lacrime e delle preghiere, prima dei rimorsi, lui "la bambina" come la chiama a verbale, l´aveva violentata. Senza aggettivi e senza motivazioni, per pochi minuti.
Misseri Michele lo raccontano oggi come un uomo non felice, ma comunque sereno. Dice che in carcere lo trattano bene, e che non gli succedeva da tempo. Appena entrato alla casa circondariale ha cominciato a lamentarsi per esempio di vedere doppio. In un primo momento avevano pensato agli psicofarmaci che però l´uomo aveva preso soltanto il primo giorno, appena arrivato in galera. Dopodichè si sono accorti invece che si trattava di presbiopia: «Sapete – ha detto alle guardie come nulla fosse – non leggo da venti anni». Gli hanno dato gli occhiali, quelli che si vendono in edicola, e Michè è stato contento. Gli hanno detto poi che qualcuno gli ha fatto il verso la notte di Halloween, vestendosi come lui. Ma non ha capito. Come quando nell´interrogatorio gli hanno detto "la ragazza era esanime?" e lui ha risposto: "No, non ha perso sangue".
Rasserenato è sembrato, venerdì pomeriggio, alla vista in galera del suo avvocato insieme con Roberta Bruzzone, la criminologa. La signora è una bella donna. Ma questo non conta. Contano invece le parole accomodanti, quasi dolci, quel "Michè allora, raccontaci semplicemente la verità" che la donna ha sillabato con un sorriso. Sono state quelle parole a sbloccarlo spingendolo a far riempire nuovamente pagine di verbale. Sembra, e mai verbo fu più appropriato perché non ci sono riscontri ufficiali, che gli abbiano fatto anche vedere le immagini di sua moglie Cosima e sua figlia Sabrina che in televisione gridavano al mostro, subito dopo la sua confessione. L´uomo sarebbe rimasto scosso. Poi ha chiesto: "Ho un desiderio, portatemi a vedere i miei ulivi".
Ieri lo hanno portato. Prima è tornato in casa, o meglio nel garage, e ha raccontato la sua ultima verità. Sopra c´era sua moglie Cosima, che non ha visto, anche se dicono che la signora domani voglia andare in carcere a fissarlo negli occhi. Ha guardato intorno, accarezzato i suoi utensili, provato a togliere la ruggine da un vecchio arnese. Ha fatto ritrovare la corda e la cinta, poi sono andati in campagna a vedere gli ulivi. All´interno di uno di quegli alberi che a Michele davano più soddisfazione delle persone ("ci parlo con le piante, loro capiscono e mi danno da campare" raccontava quando era ancora un uomo libero, con quel cappellino alla Sampei sempre incollato sulla testa) aveva nascosto le chiavi di Sarah, poi ha spiegato ai carabinieri nessuno l´aveva aiutato e certo che il masso l´aveva sollevato da solo e mentre lo diceva lo alzava da terra con una naturalezza tale da lasciare tutti muti, senza emozioni lui che aveva pianto tanto in questa storia. «Sarah l´ho presa così» ripeteva mentre in braccio aveva un carabiniere di 80 chili che invece sembrava un fuscello. Poi si è fermato davanti all´albero: «Qui l´ho violentata», ha ripetuto troppe volte, con troppi particolari. Troppo anche per questa storia nera, nera.
Pochi minuti prima davanti ai magistrati aveva però ammesso anche di essere un orco, ripetendolo per più volte: sì, lui la violenza sul corpo di Sarah l´ha fatta, sotto l´albero di fico, prima di buttarla in un pozzo, prima delle lacrime e delle preghiere, prima dei rimorsi, lui "la bambina" come la chiama a verbale, l´aveva violentata. Senza aggettivi e senza motivazioni, per pochi minuti.
Misseri Michele lo raccontano oggi come un uomo non felice, ma comunque sereno. Dice che in carcere lo trattano bene, e che non gli succedeva da tempo. Appena entrato alla casa circondariale ha cominciato a lamentarsi per esempio di vedere doppio. In un primo momento avevano pensato agli psicofarmaci che però l´uomo aveva preso soltanto il primo giorno, appena arrivato in galera. Dopodichè si sono accorti invece che si trattava di presbiopia: «Sapete – ha detto alle guardie come nulla fosse – non leggo da venti anni». Gli hanno dato gli occhiali, quelli che si vendono in edicola, e Michè è stato contento. Gli hanno detto poi che qualcuno gli ha fatto il verso la notte di Halloween, vestendosi come lui. Ma non ha capito. Come quando nell´interrogatorio gli hanno detto "la ragazza era esanime?" e lui ha risposto: "No, non ha perso sangue".
Rasserenato è sembrato, venerdì pomeriggio, alla vista in galera del suo avvocato insieme con Roberta Bruzzone, la criminologa. La signora è una bella donna. Ma questo non conta. Contano invece le parole accomodanti, quasi dolci, quel "Michè allora, raccontaci semplicemente la verità" che la donna ha sillabato con un sorriso. Sono state quelle parole a sbloccarlo spingendolo a far riempire nuovamente pagine di verbale. Sembra, e mai verbo fu più appropriato perché non ci sono riscontri ufficiali, che gli abbiano fatto anche vedere le immagini di sua moglie Cosima e sua figlia Sabrina che in televisione gridavano al mostro, subito dopo la sua confessione. L´uomo sarebbe rimasto scosso. Poi ha chiesto: "Ho un desiderio, portatemi a vedere i miei ulivi".
Ieri lo hanno portato. Prima è tornato in casa, o meglio nel garage, e ha raccontato la sua ultima verità. Sopra c´era sua moglie Cosima, che non ha visto, anche se dicono che la signora domani voglia andare in carcere a fissarlo negli occhi. Ha guardato intorno, accarezzato i suoi utensili, provato a togliere la ruggine da un vecchio arnese. Ha fatto ritrovare la corda e la cinta, poi sono andati in campagna a vedere gli ulivi. All´interno di uno di quegli alberi che a Michele davano più soddisfazione delle persone ("ci parlo con le piante, loro capiscono e mi danno da campare" raccontava quando era ancora un uomo libero, con quel cappellino alla Sampei sempre incollato sulla testa) aveva nascosto le chiavi di Sarah, poi ha spiegato ai carabinieri nessuno l´aveva aiutato e certo che il masso l´aveva sollevato da solo e mentre lo diceva lo alzava da terra con una naturalezza tale da lasciare tutti muti, senza emozioni lui che aveva pianto tanto in questa storia. «Sarah l´ho presa così» ripeteva mentre in braccio aveva un carabiniere di 80 chili che invece sembrava un fuscello. Poi si è fermato davanti all´albero: «Qui l´ho violentata», ha ripetuto troppe volte, con troppi particolari. Troppo anche per questa storia nera, nera.