Gli inquirenti continuano ad indagare sul ruolo di Cosima Serrano
«Che ci fai sempre qui da noi? Non ce l’hai una casa? Vattene». Che l’abbia detto una volta per «sfottò» a sua nipote Sarah, o mille altre con fredda determinazione, queste parole resteranno marchiate a fuoco sull’anima di Cosima Serrano. «Mimina», come la chiamano in casa e in paese, è la madre di Sabrina Misseri e la moglie di Michele. È forte e determinata. Non è arretrata d’un passo nemmeno sotto il fuoco di fila delle domande degli inquirenti. E quando sembrava essere finita con le spalle al muro, si è difesa trincerandosi dietro a mille «non so, non ricordo».
In Procura sono sempre più convinti che la chiave del giallo della morte violenta di Sarah, sia nascosta proprio sotto gli abiti sempre a lutto di «Mimina». Tra i tanti misteri che aleggiano intorno alla sua figura, l’ultimo (finora inedito) spunta anche dai tabulati telefonici. La mattina del 27 agosto infatti (cioè quella seguente alla scomparsa di Sarah) Cosima Serrano lascia Avetrana dopo le 10:00 e nell’ora successiva per tre volte conversa al telefono con la figlia Valentina, che si trova a Roma. La stranezza, rilevano gli investigatori, è che in quell’ora (non prima e mai più dopo) il telefono di Cosima aggancia la cella telefonica numero 40035 che copre le campagne in località «Mosca» dove si trova il pozzo nel quale il marito il giorno prima aveva fatto scomparire il cadavere di Sarah.
Quando nel primo pomeriggio del 26 agosto (tra le 15:00 e le 15:30) Michele Misseri stava nascondendo il corpo, per due volte parlò al telefono (prima con Sabrina e poi con la moglie), ed in entrambi in casi anche il suo telefonino agganciò la stessa cella 40035. Gli investigatori naturalmente non sanno (nè pretendono di affermare) che Cosima Misseri si trovasse proprio vicino al pozzo magari per un sopralluogo, ma rilevano che in quella campagna la donna non ci andò per motivi di lavoro perchè infatti fino alle 10:00 era stata in casa (e in campagna invece Cosima ci andava poco dopo l’alba) e dalle 11:00 in poi rientrò nella sua abitazione. Un’ora di «buco» sul quale si sta indagando.
I sospetti sul luogo dal quale effettuò quelle tre telefonate nascono da una certezza: che Cosima Serrano ha mentito. Lo ha fatto quando quando ha affermato di non essere in casa la mattina del 26 agosto, il giorno dell’omicidio di Sarah. La circostanza è stata sottolineata anche dai giudici del Tribunale del riesame di Taranto. Nell’ordinanza infatti si legge che «la presenza di Serrano Cosima all’interno della abitazione la mattina del 26 agosto (costei ha sempre negato questa circostanza affermando di essere andata a lavorare nei campi e di essere rientrata per l’ora di pranzo, dopo le 13) è confermata oggettivamente dall’acquisizione di documentazione bancaria da cui risulta che costei, alle ore 12:18, aveva effettuato il versamento di due assegni bancari sul proprio conto corrente acceso presso la Banca di Credito Cooperativo di Avetrana». Contro di lei ci sono le dichiarazioni rese il 2 novembre dal funzionario della stessa banca. L’uomo è statao nuovamente ascoltato ieri ad Avetrana in relazione al versamento di due assegni, a sua firma, che Cosima Serrano avrebbe eseguito la mattina del 26 agosto. Gli inquirenti hanno sequestrato la matrice dell’asseno per verificare la grafia della firma.
Quando è stata sentita dai carabinieri, Cosima ha sempre detto che il 26 agosto era al lavoro. Dagli accertamenti risulterebbe che la donna ha lavorato il 23 e 24 agosto, non ha lavorato il 25 e ha lavorato il 26. Ma se fosse stata al lavoro, poco dopo mezzogiorno del 26 agosto non avrebbe potuto eseguire il versamento in banca. Quindi o Cosima ha mentito su quello che ha fatto la mattina del giorno in cui è stata uccisa Sarah, oppure qualcuno è andato in banca al posto suo a versare gli assegni, firmando a suo nome