martedì 26 novembre 2024


14/12/2010 19:42:31 - Provincia di Taranto - Attualità

A Brindisi la centrale a carbone più inquinante d'Italia con 13 milioni di tonnellate di CO2 all'anno

 
 
Una centrale tutta nuova a Saline Joniche in provincia di Reggio Calabria e la riconversione della centrale di Rossano Calabro per i gruppi alimentati a olio combustibile. Sono le ultime due proposte di ‘ritorno al passato’ fondate sul carbone che l’Italia potrebbe vedere realizzate dopo la riconversione, già attuata, della centrale di Civitavecchia (Rm), il nuovo gruppo autorizzato di Fiume Santo in Sardegna e i progetti su Porto Tolle (Ro) sul delta del Po e Vado Ligure (Sv) sui quali manca solo la firma del decreto autorizzativo da parte del Ministro dello Sviluppo economico.
Ora c’è la Calabria nel mirino di chi ha scelto di puntare sulla fonte fossile più climalterante e maggiormente in contrasto con la lotta ai cambiamenti climatici, e proprio da questa regione continua con la presentazione del dossier “Carbone: ritorno al passato” l’opposizione di Legambiente ad una scelta energetica totalmente in contrasto con gli impegni che il Paese ha preso firmando il protocollo di Kyoto e il Pacchetto energia e clima (il cosiddetto 20-20-20). Accordi vincolanti di riduzione dei consumi energetici e delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, che in caso di mancato rispetto, obbligheranno l’Italia al pagamento di pesanti sanzioni.
“Le aziende energetiche – spiega Francesco Tarantini, Presidente Legambiene Puglia- continuano a puntare sul carbone come fonte per la produzione elettrica, grazie alla politica di sostegno da parte del Governo, incurante dei problemi legati all’uso di questo combustibile, a partire dalle rilevantissime emissioni di gas serra, tangibili negli impianti che già oggi lo usano sul territorio italiano. L’utilità del carbone è una pura propaganda da ‘Paese delle meraviglie’ che nulla a che fare con la realtà e con l’Italia, alle prese con i suoi problemi energetici e con i ritardi rispetto agli obblighi internazionali per combattere l’aumento dell’effetto serra”.
Italia sono attive 12 centrali a carbone che nel 2009, a fronte di una produzione di solo il 13% di elettricità, hanno emesso addirittura il 30% dell’anidride carbonica prodotta complessivamente dal settore termoelettrico, con circa 36 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 sul totale di circa 122.
Il peggior impianto per emissioni di CO2 si conferma anche nel 2009 la centrale Enel di Brindisi Sud (13 Mt), a seguire l’impianto di Fusina (4,3 Mt) e quello di Fiume Santo di proprietà di E.On (4,1 Mt). Il polo energetico di Brindisi può “vantare”, anche per il 2009, il primato italiano di emissioni di CO2. In particolare la centrale Enel di Brindisi Sud-Cerano (2.640 MW) conferma il primato con 13 milioni di tonnellate di Co2, mentre dalla centrale Edipower di Brindisi Nord (1.280 MW) sono state immesse in atmosfera 1,8 milioni di tonnellate. Quest’ultima solitamente tiene in esercizio solo la metà dell’impianto, ma da diversi mesi lavora a singhiozzo visti gli alti costi di esercizio. Negli ultimi mesi si è riaperta la partita relativa alla riduzione del consumo di carbone dell’intero polo energetico brindisino come previsto negli accordi già firmati alla metà degli anni ’90, rimasti ancora ampiamente disattesi. Recentemente l’Enel ha provveduto ad implementare l’impianto di abbattimento delle polveri, con un sistema più efficiente. Alla società si deve anche l’inquinamento dei terreni agricoli adiacenti il nastro trasportatore del carbone. Gli agricoltori sono stati risarciti e sui terreni è prevista la costruzione di serre o la loro utilizzazione per prodotti agricoli “no food”.
“Alla luce del record di emissioni di gas serra del polo brindisino è quanto mai urgente provvedere a un ridimensionamento dei consumi del carbone. -conclude Tarantini-  Di conseguenza, sarebbe importante puntare sulla riduzione delle fonti fossili per produrre energia nella nostra regione, unico obiettivo non centrato dal Piano Energetico Ambientale Regionale.”
 
I motivi di Legambiente per dire NO al carbone:
-       peggiorerà la dipendenza energetica del nostro Paese dall’estero, visto che già oggi importiamo più del 99% del carbone utilizzato nelle centrali elettriche italiane;
-       non abbasserà la bolletta energetica del Paese. I potenziali risparmi nell’acquisto del combustibile andranno a beneficio dei bilanci delle aziende energetiche e non arriveranno nelle bollette degli italiani;
-       il suo impiego peserà sulle casse dello Stato, visto che ci farà condannare al pagamento delle multe di Kyoto e del 20-20-20.
 
I falsi miti sul carbone:
- a causa dei consumi sempre più importanti da parte dei paesi con economie emergenti, a partire da Cina e India, le riserve di carbone stanno diminuendo con tassi davvero inaspettati. Secondo le stime di BP se 10 anni fa la disponibilità residua di carbone rapportata ai tassi di utilizzo era valutata in 240 anni, le ultime cifre aggiornate al 2010 sono scese addirittura a 119 anni. Continuando di questo passo tra 10 anni le riserve residue di carbone diventerebbero equivalenti a quelle di petrolio e gas, esauribili in 50-60 anni;
- il basso prezzo del carbone è drogato dai sussidi statali: la Commissione europea ha stimato in circa 3 miliardi di euro all’anno, 2 dei quali solo in Germania, i sussidi pubblici che hanno sostenuto la filiera del carbone tra il 2007 e il 2009 nel vecchio continente, destinati comunque all’esaurimento prima o poi;
- anche la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS - Carbon capture and storage), è ancora una tecnologia tutta da sperimentare su grande scala e anche nella migliore delle ipotesi abbasserà pesantemente il rendimento delle centrali. La tecnologia avrebbe poi una scala industriale solo dopo il 2020.
 
 
 
Limiti previsti ed emissioni di CO2 dalle 12 centrali a carbone attive in Italia nel 2009
 

Centrale
Società
Limiti               Mt CO2
Emissioni      Mt CO2
Brindisi Sud
ENEL
10,4
13,0
Fusina
ENEL
3,8
4,3
Vado Ligure
TIRRENO POWER
4,0
3,7
Fiume Santo
E.ON
3,0
4,1
La Spezia
ENEL
2,8
2,3
Brindisi Nord
EDIPOWER
1,3
1,6
Sulcis
ENEL
2,2
2,2
Monfalcone
E.ON (ora A2A*)
1,9
2,0
Genova
ENEL
1,2
1,1
Bastardo
ENEL
0,6
1,0
Marghera
ENEL
0,6
0,3
Brescia Lamarmora
A2A
0,5
0,3
TOTALE
 
32,3
35,9

Fonte:elaborazione Legambiente su dati del Registro europeo delle emissioni - CITL (Community Independent Transaction Log) * dal 1 luglio 2009 la centrale di Monfalcone è di proprietà di A2A
 
Tra i dieci impianti più inquinanti d’Italia, quattro sono centrali termoelettriche a carbone.

Impianto
Società
Emissioni Mt CO2
Centrale a carbone Brindisi Sud
ENEL
13
Centrale a gas di altoforno di Taranto
EDISON
5,9
Raffineria di Sarroch
SARAS
5,7
Acciaieria di Taranto
ILVA
5,2
Centrale a carbone di Fusina
ENEL
4,3
Centrale a carbone di Fiume Santo
E.ON (ora A2A*)
4,1
Centrale a carbone di Vado Ligure
TIRRENO POWER
3,7
Centrale a olio di S. Filippo del Mela
EDIPOWER
3,3
Raffineria di Gela
R.G
3,1
Centrale a gas di Ferrera Erbognone
ENIPOWER
2,9

Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Registro europeo delle emissioni - CITL* dal 1 luglio 2009 la centrale di Monfalcone è di proprietà di A2A










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