venerdì 29 novembre 2024


17/10/2012 09:25:05 - Manduria - Attualità

«Quale vicinanza culturale vi è fra Taranto e Martina Franca? Eppure quest’ultima non ha nulla da recriminare alla prima, perché evidentemente in questi anni non si è sentita  né trascurata né malversata»

 
«Il riordino delle province ha resuscitato l’Italia dei campanili, dimostrando come un secolo e mezzo di unificazione non sia bastato a farci sentire Italiani tout- court e rispolverando vecchie rivalità e gelosie. Di più, nell’era della globalizzazione conclamata, delle società multietniche e multiculturali, sentiamo ancora il bisogno di un confine, di un “limes” che ci identifichi distinguendoci dall’altro. A Manduria si rinverdisce addirittura l’identità messapica e si rivendica la “salentinità” come tratto distintivo del nostro modo d’essere e di stare al mondo. Ma è proprio così? Noi, che delle nostre tradizioni, delle nostre radici, delle tracce del nostro passato abbiamo sin qui fatto strame, improvvisamente ci riscopriamo a quel passato indissolubilmente legati, tanto da non poter resistere un minuto di più in una situazione che ci snaturerebbe sino a stravolgere la nostra identità?
Questa vicenda, che vede la costituzione di un comitato civico-referendario di cui fanno parte persone che conosco e stimo, suscita in me più dubbi che certezze. Ma a coloro che sostengono, con toni accesi e a volte vibranti di sdegno per chi non la pensa allo stesso modo, il sacro dovere di difendere la propria identità culturale chiederei: non si tratta forse, banalmente, di un problema di cattiva amministrazione? Il desiderio di appartenere alla provincia di Lecce non nasce forse dal fatto che sinora siamo stati o ci  siamo sentiti da Taranto mal amministrati? Se sotto tale amministrazione provinciale ci fossimo trovati bene, non saremmo oggi ben lieti di continuare a sventolarne il  vessillo? Quale vicinanza culturale vi è fra Taranto e Martina Franca? Eppure quest’ultima non ha nulla da recriminare alla prima, perché evidentemente in questi anni non si è sentita  né trascurata né malversata. Ma se questo mio ragionamento ha senso, facciamo ancora un passo avanti e chiediamoci : di chi è la responsabilità? Di Taranto e dei Tarantini o di noi Manduriani, che non siamo stati in grado di farci rappresentare in modo accettabile presso gli Enti da cui dipendiamo? Se è vero che Manduria ha goduto sin qui di scarsa considerazione presso Provincia e Regione, la colpa non è forse nostra che, tanto per fare un esempio, dai tempi del compianto Cosimo Raimondo ( trenta e più anni fa) non siamo stati capaci di esprimere un consigliere regionale, di noi che non godiamo di bastante autorevolezza? Pertanto: chi ci dice che, aderendo a Lecce, godremo di miglior fortuna?
Se devo dirla tutta, a me pare che ancora una volta vogliamo affidare ad altri le nostre sorti e non avendo saputo proteggere le nostre radici culturali ci avvinghiamo a quelle degli altri, così come, non sapendo progettare il nostro futuro, ci aspettiamo che qualcun altro più in gamba di noi ci offra la pappa pronta. Ecco perché questo dibattito non mi appassiona e, pur rispettando le opinioni di chi la pensa diversamente, continuo a credere che sono le regole ben fatte e il rispetto delle stesse  che consentono a ciascuno di sentirsi a proprio agio in una comunità, in accordo anche con tutti coloro che provengono da culture diverse dalla propria. Ora , mi risulta che la Provincia di Lecce sia stata sin qui governata non da alieni, che pare disdegnino di atterrare a Manduria, ma, a turno, dagli stessi partiti che hanno governato Taranto, con gli stessi metodi e le stesse “ defaillance”. Sicuramente anche lì vi sono Comuni che si sentono discriminati e scontenti rispetto ad altri, perché le regole della politica sono sin qui state le stesse ovunque: le cordate, le alleanze o, viceversa, le lotte per il potere determinano le scelte all’interno dei partiti e, purtroppo, anche i rapporti degli Enti tra loro, subordinando gli interessi dei territori a quello di consorterie che agiscono in funzione di ciò che è bene per loro. La disobbedienza, il puntare i piedi, la difesa ad oltranza del proprio paese, all’interno di queste consorterie, può significare la fine di una carriera politica. Noi Manduriani, eletti ed elettori, ci siamo forse sottratti a questa logica?
 Allora, cari amici, dobbiamo cambiare provincia o cambiare noi stessi, per non dover semplicemente esportare in altro luogo i nostri difetti?».
 
Cecilia De Bartholomaeis










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