«La mia partecipazione al comitato “No scarico a mare” è stata messa in dubbio non tanto per la qualità delle mie proposte quanto per la mia appartenenza ad un gruppo politico, come se gli altri provenissero dalla costellazione di Andromeda…»
«Ho appreso di nuovi suggerimenti tecnici alternativi all’attuale progetto di Regione e Aqp sul depuratore, già approvato e aggiudicato: un impianto a Sava, con smaltimento fitodepurante, ed un altro a Manduria con recupero del vecchio depuratore ed utilizzo di pozzi sperdenti. A mio avviso esistono alcune importanti cause ostative. Questa proposta ha poche chance di accoglimento».
Torna ad alimentarsi il dibattito sull’alternativa ideale allo scarico a mare del depuratore consortile. Il docente universitario Mario Del Prete rimarca la bontà della propria proposta (riutilizzo a fini irrigui, stoccaggio in cave già esistenti e scarico in pozzi sperdenti del cosiddetto “troppo pieno”) ed esprime scetticismo sulla posizione di altri ambientalisti.
Certa stampa locale ha dato dimostrazione a Manduria di come si possa travisare la realtà per interessi palesi o più gravemente di dubbia origine. Uno dei casi emblematici di grande rilevanza cittadina riguarda la vicenda del depuratore e le iniziative del comitato NOSCARICOAMARE, costituitosi con un raggruppamento spontaneo ed interpartitico, nato soprattutto per la salvaguardia degli interessi dell’area costiera e dell’agricoltura.
«Personalmente sono entrato nel comitato NOSCARICOAMARE dopo la relazione ad invito, tenuta in marzo 2012 ad Avetrana, seguita da una seconda alla Fiera Pessima. Alla prima riunione di comitato c’erano i rappresentanti di tutte le forze politiche della città tra cui i moderati di Curri, l’UDC, i Verdi, il PDL, Manduria Giovane, Manduria Migliore, l’Italia dei Valori, i Comunisti Italiani. Mancavano il SEL ed il PD, probabilmente per una questione di coerenza con scelte opposte precedenti. Ho subito trovato molto civile questo schieramento cittadino multi consensuale contro un palese errore strategico della politica regionale di smaltimento dei reflui improvvidamente supportata da determinanti scelte dell’amministrazione locale manduriana. A queste scelte si è immediatamente contrapposto il grande schieramento “noscarico”, ma poi sono purtroppo cominciate le divisioni, gli abbandoni ingiustificati e gli attacchi purtroppo privi di senso e ragione in un fiorire di proposte non di rado senza supporto tecnico e a puro intento propagandistico.
Il comitato è stato incredibilmente accusato persino di autocelebrazione quando ha comunicato i risultati dell’unico tavolo tecnico organizzato con l’Assessore Amati, il servizio di Tutela delle Acque e l’Acquedotto Pugliese che hanno riconosciuto anche per iscritto la necessità del riuso dei reflui depurati in agricoltura, l’efficienza dei pozzi sperdenti per il controllo della contaminazione salina ed il cambio di recapito finale dei reflui previa deroga ministeriale.
La mia partecipazione, propagandata da alcuni come troppo invasiva, è stata messa in dubbio non tanto per la qualità delle mie proposte quanto per la mia appartenenza ad un gruppo politico, come se gli altri provenissero dalla costellazione di Andromeda. In ogni caso sarebbe come dire ad un matematico che non sa risolvere un’equazione perché è comunista. Non mi meraviglia che un giornale locale si sia anche avventurato in irrilevanti critiche di natura tecnica tra cui ricordo che l’acqua non serve all’agricoltura, che i serbatoi di soccorso idrico estivo sono fonte di proliferazione di zanzare, che Masseria Marina poteva essere la risoluzione di tutti i mali con le trincee drenanti e l’innaffiamento di un’area che il Comune avrebbe ceduto in concessione ad un privato. Non si è mai avuta l’onestà di ammettere che il tanto divulgato progetto del Comune non esiste perché non c’è un disegno né una planimetria delle opere, non c’è un calcolo, non c’è un computo, non c’è una benché minima previsione dei costi e dei benefici ma c’è solo l’astrusa idea di fare scavi giganteschi (da adeguare alle portate in arrivo) per poi riempirli di pietrame soggetto a periodiche sostituzioni quando, senza costi di scavi, trasporti e conferimenti in discarica, sono già a disposizione enormi volumi di cave, abbandonate o in estinzione, per lo stoccaggio invernale dei reflui da distribuire per irrigazione di soccorso estivo.
Oggi sono arrivati altri suggerimenti che cambiano il progetto AQP, già approvato ed aggiudicato, con proposta di realizzare due differenti impianti: uno a Sava, con smaltimento fitodepurante ed un altro a Manduria con recupero del vecchio depuratore ed utilizzo di pozzi sperdenti. Se tutto ciò può essere oggetto di pacata discussione, si dovrebbero valutare alcune importanti circostanze ostative. In primo luogo l’estensione dell’impianto di fitodepurazione, in base al numero degli abitanti equivalenti di Sava e in secondo, come aspetto ancora più dirimente, gli effetti dell’ineludibile lunghezza dell’iter progettuale ed approvativo dei due nuovi impianti, mentre rimarrebbe comunque in piedi il principale nodo da sciogliere che è quello di evitare lo scarico in mare. Con tutto il rispetto, questa nuova proposta ha poche chances di accoglimento e come primo esito potrebbe solo causare la non realizzazione dell’impianto di depurazione per diversi anni con un incalcolabile danno ambientale, derivante dalle migliaia di pozzi neri in esercizio e da un inefficiente ed obsoleto sistema di depurazione del vecchio depuratore, i cui reflui, inefficientemente trattati, vengono scaricati in pozzi profondi, terebrati in un’area idrogeologicamente protetta. La perdita di credibilità della comunità manduriana, che ancora una volta presenta in Regione proposte diverse, avrà il suo peso. Forse sarebbe stato meglio discuterle serenamente per poter perseguire, in modo determinato ed univoco, i due veri grandi obiettivi di non scaricare in mare e tutelare l’economia agricola».
Mario Del Prete