Se ne è discusso a Manduria in un convegno promosso dalla sezione di Manduria dell’A.I.P.A. (Associazione Italiana Pazienti Anticoagulati)
Nuovi farmaci nella terapia antitrombotica, che migliorerebbero la qualità di vita dei pazienti (ad esempio non sarebbero più condizionati nell’alimentazione), producono un’azione più rapida (in sette ore scoaculerebbero il sangue) e, soprattutto, ridurrebbero notevolmente la farmacosorveglianza (attualmente è necessario un prelievo del sangue ogni 2-3 settimane).
Sulle prospettive nella terapia antitrombotica si è discusso recentemente nel corso di un convegno promosso dalla sezione di Manduria dell’A.I.P.A. (Associazione Italiana Pazienti Anticoagulati), nell’ambito della Terza Giornata del Paziente Anticoagulato.
Sono intervenuti Ettore Maniglia (presidente della sezione A.I.P.A. di Manduria), il dott. Cosimo Di Punzio (direttore del servizio di Patologia Clinica del “Giannuzzi”, nonché responsabile del Centro TAO del “Giannuzzi”, che segue circa 1.500 pazienti), il direttore medico del “Giannuzzi” Francesco Menza, il cardiologo Carlo Pennetta (che ha parlato di vantaggi e controindicazioni dei nuovi farmaci), e il dott. Armando Tosi.
La fibrillazione atriale è il più comune disturbo del ritmo cardiaco: colpisce circa una persona su quattro dopo i 40 anni e l’1% della popolazione totale, ma fino al 10% degli individui dopo gli 80 anni. I soggetti con fibrillazione atriale presentano un aumento del rischio di trombi, il quale a sua volta innalza di cinque volte il rischio di ictus, che possono essere prevenuti, adottando un’adeguata terapia antitrombotica.
Da un paio di anni sono in commercio (negli Usa da 4 anni e in Europa, ma non in Italia, da 2 anni), nuovi anticoagulanti, che rappresenterebbero una svolta epocale. Si tratta di nuove molecole in grado di modificare radicalmente lo scenario della prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione, sconsigliati solo per chi ha problemi di fibrillazione atriale valvolare o accusa insufficienza renale.
Ma mentre per altri Paesi questi farmaci sono una realtà, in Italia si continua a discutere sulla sostenibilità dei costi (200 euro al mese per paziente) da parte del Sistema Sanitario.