venerdì 29 novembre 2024


24/04/2013 20:35:10 - Manduria - Attualità

Antonio Mazza analizza la situazione degli impianti di telefonia mobile a Manduria

 
Il piccolo Davide (in questo caso un cittadino pensionato) riesce ancora a sconfiggere il gigante Golia (nella fattispecie, una compagnia multinazionale che opera nel settore della telefonia mobile).
E’ quanto accaduto a Manduria. Dopo circa cinque anni, si è conclusa una vicenda giudiziaria intentata da Antonio Mazza, insegnante in pensione nonché componente del direttivo dei Verdi, contro un colosso della telefonia mobile, condannato a corrispondere un risarcimento a causa dell’inquinamento acustico prodotto dal sistema di raffreddamento degli apparati a terra dell’antenna installata in San Pietro in Bevagna.
Un episodio che fornisce lo spunto per riconsiderare una vertenza, quella sulle installazioni degli impianti per la telefonia mobile, che a Manduria non è stata mai completamente chiarita in tutte le sue implicazioni.
«Io parto da una premessa che ormai più nessuno si sogna di mettere in discussione: i telefonini erano e sono una irrinunciabile appendice della nostra persona» afferma Antonio Mazza. «Essi hanno bisogno di campo, perciò è indispensabile predisporre una rete di antenne a copertura del territorio.
A questo punto ci sono solo due opzioni possibili: installarle su suolo pubblico, secondo un piano prestabilito, o installarle su proprietà private in modo incontrollato. Amministratori di altre città, attenti alle istanze e agli interessi delle loro comunità, preparavano piani condivisi con i cittadini, individuavano aree comunali strategiche, rispettando i siti sensibili, spiegando necessità, vantaggi e rischi. Informavano correttamente che per ogni antenna i gestori sono tenuti al pagamento di un canone e che quelle somme servono ad incrementare il Bilancio comunale. Quegli amministratori che, per nostre colpe, noi non abbiamo avuto!».
A Manduria è infatti accaduto altro.
«Un bel giorno i cittadini, tenuti colpevolmente all’oscuro di tutto, videro spuntare una selva di ripetitori sulle terrazze di case private in un clima di preoccupazione per la propria salute. Si creava quindi un clima esagerato di paure, di sospetti, di rabbia. Si percepiva la sensazione di aver subito un sopruso e si reagiva in modo scomposto.
Cosa aveva innescato questa reazione? Coloro che avrebbero dovuto discutere insieme ai cittadini il problema ed elaborare un piano comunale condiviso, si erano guardati bene dal fare tutto questo ed avevano messo tutti di fronte al fatto compiuto.
Erano state preparate, di proposito, le condizioni per utilizzare siti privati, dal momento che la legge lo permetteva? Qualcuno, “con lungimiranza”, aveva pensato di sfruttare la possibilità di accaparrarsi, con facilità, una cospicua rendita, a vita? Ognuno dia l’interpretazione che crede!».
Si preferì, insomma, l’istallazione sui tetti dei privati anziché sulle aree pubbliche.
«La conseguenza fu che la reazione diventò incontrollabile e non fu possibile installare su suolo pubblico nessun impianto» prosegue Mazza. «Rifuggendo da ogni responsabilità, gli amministratori “assecondarono” le proteste perché ormai non c’era più l’autorità morale di confrontarsi serenamente e farsi ascoltare dai cittadini.
Manduria, che non aveva i fondi per tappare neanche le buche delle strade, rinunciò allegramente ai proventi dei canoni dei gestori (sono delle cifre cospicue!) a favore di privati. Danneggiati e beffati!
Qualcuno, a giochi ormai fatti, promise che si sarebbe attivato per la delocalizzazione delle antenne. I politici scaltri sanno che la gente ha la memoria corta: difficilmente qualcuno chiederà il conto a distanza di tempo.
Noi, invece, speriamo che la prossima Amministrazione riprenda la questione e  concordi con i gestori lo spostamento delle antenne, ove è possibile, su siti pubblici. Per una questione di giustizia, di dignità e di convenienza economica».










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