Oggi la festa dei lavoratori appare roba … dell’altro geo
Speriamo che non siano le classiche promesse da marinaio di inizio mandato, considerando che il Presidente Letta, fresco di nomina, ha inserito la questione lavoro tra le priorità dei diciotto punti del suo programma di governo, tanto da aver incassato il sì di Camera e Senato.
Eppure quel 1891 che segna l’inizio della festa dei lavoratori appare oggi roba dell’altro geo se si considera che, gli ultimi dati Istat, parlano di 3 milioni di disoccupati in più in Italia, con un aumento esponenziale del popolo dei senza lavoro nel 2012 e con un breve calcolo di 4 disoccupati su 10, contro i 2 su 10 del 1977, egualmente spartito tra uomini e donne che, almeno in questo, avrebbero raggiunto la parità assoluta del mal comune mezzo gaudio.
Un intero secolo da quelle marce di New York e Chicago di tanti lavoratori esasperati dallo sfruttamento dei padroni, a quelle odierne di tanti esasperati sì ed ancora, senza lavoro, in marcia per chiedere il pane.
Nel mezzo la cronaca di questi giorni, un lungo bollettino di guerra tra suicidi, fallimenti, attentati allo Stato, scioperi e manifestazioni di quelli che aspettano lavoro rifiutandosi di dire ancora no ai figli. E quando il pane manca ....!!!
Oggi, dunque a 122 anni di distanza da quel 1891 che introdusse in Italia la Festa del lavoro, in seguito soppressa dal regime nazifascista, restituita al pese alla fine della guerra nel 1945, il nostro Stato celebra il lavoro, come bene prezioso ed essenziale, davvero essenziale, per ogni essere umano, uomo o donna che sia, con le solite manifestazioni di piazze, il grande concerto di Roma, apoteosi delle declinazioni small size di centri più o meno anonimi per alimentare la speranza, per dare spazio all’ottimismo...
Peccato però che la voglia di festeggiare si confondi con il sold out delle speranze di ciascuno insieme alle vetrine appannate dagli improbabili manifesti di esercizi da c’era una volta il tempo dell’opulenza, com’eravamo prima che le industrie e le aziende dichiarassero fallimento, prima che i rilevamenti day by day ci dicessero quanto siamo allo stremo.
Non più niente terza settimana del mese, perchè non c’è uno stipendio per le settimane prima della terza, “basta curarsi, costa troppo, mi metto nelle mani di Dio, via libero al riciclo di abiti diventati improvvisamente vintage..”.
Ed è caccia alla soluzione da ultim’ora di un’Italia in crisi: si affitta ciò che si può, la bicicletta ed i mezzi pubblici, se non il pedibus con la scusa del rimettersi in forma prima della prova costume la locomazione più gettonata, si assale la roba dello scarto dei magazzini, tutto in casa anche i detersivi con l’aiuto degli esperti tv.
E l’Italia, cara vecchia Italia, popolo di poeti, santi e navigatori scopre l’arte dell’arrangiarsi nell’sos quotidiano.
Che dire di più? Forse varrebbe la pena riservare spazio a quelli che sostano davanti al frigo vuoto, o alle saracinesche da locale da affittare, o in particolare a quelli che smettono di scrivere la loro storia personale, anticipando il finale.
In fondo, c’è molta più saggezza nello zio Eduardo De Filippo, profetico in Napoli Milionaria, quando ci insegnò che «Adda passa’ ‘a nuttata».
Speriamo solo che sia presto ! In bocca al lupo a tutti quelli che vendono i ricordi, rinunciando anche a quelli....!!!
Mimmo Palummieri