Inviata una lettera anche al Prefetto
Due discariche (una esaurita e l’altra che potrebbe essere sopraelevata) e una stazione di compostaggio a distanza di poche centinai a di metri. E, poi, un cattivo odore insistente in un quartiere molto vicino, a linea d’aria, dalla zona. Cattivo odore che, secondo l’Arpa (che ha effettuato dei monitoraggi, sistemando delle centraline nei pressi solo nei pressi della discarica attiva e della stazione di compostaggio), sarebbe sprigionato dall’obsoleto impianto di depurazione di Manduria.
I Verdi vogliono vederci chiaro e si rivolgono, con una lettera firmata dal segretario provinciale Gregorio Mariggiò e dal segretario cittadino Michele Matino, al Prefetto.
«Delle discariche, l’una, in contrada Cicci”, è in disuso da alcuni anni, avendo terminato il suo ciclo di utilizzo. Essa rappresenta una fonte accertata di inquinamento delle matrici ambientali a causa delle diffuse perdite di percolato, tanto da essere inserita tra i siti inquinati della Regione Puglia, destinataria di un cospicuo finanziamento finalizzato alla sua bonifica. La somma è da tempo nella disponibilità del Comune di Manduria, senza che si sia ancora dato inizio ai lavori» fanno notare i Verdi. «La seconda discarica, di località “Chianca”, accoglie l’R.S.U. dei 17 Comuni dell’ATO 3. Essa, nata nel 2001 come piattaforma di separazione dell’R.S.U. per la creazione di C.D.R., non ha mai funzionato come tale, ma grazie a successive autorizzazioni in deroga, funge tuttora da discarica di rifiuto indifferenziato non biostabilizzato, stoccato in ecoballe. A causa del mancato avvio di una seria raccolta differenziata, il gestore ha denunciato all’ATO la prematura saturazione della porzione di impianto adibita a discarica e già in questi giorni vi si sta conferendo in regime di proroga.
Il gestore ha altresì presentato un progetto di adeguamento dell’impianto al Piano Regionale dei Rifiuti, nel quale prevede, tra l’altro, la sopraelevazione della discarica onde consentirne il funzionamento sino al 2020.
La concessione dell’autorizzazione a sopraelevare nella situazione sopra descritta ci sembra opporsi ad ogni elementare principio di precauzione, in assenza di un’indagine seria ed approfondita sullo stato dei suoli e delle falde acquifere, nonché dei canali di diffusione di eventuali elementi inquinanti e delle loro destinazioni finali, non considerando esaustive le risultanze del S.I.A. fornito dal proponente.
Alcune circostanze concomitanti contribuiscono a rafforzare in noi e nella popolazione questo convincimento. Come quella del ritrovamento, avvenuto alcuni anni fa, di fusti contenenti prodotti radioattivi».