L’intervista all’imprenditore Salvatore Mero
Nella “terra sitibonda ove il sole si fa vino” è già tempo di vendemmia.
L’emozione per questo atteso rito non si nasconde. L’aria di attesa per la raccolta dei primi grappoli che si respira in questo lembo della provincia è simile a quella del primo giorno di scuola. E’ il momento cruciale della produzione vinicola, quello più delicato dell’anno, che si spera possa ripagare generosamente un lungo lavoro durato dodici estenuanti mesi.
I colori, gli odori: tutto è pronto per la vendemmia 2016 del Primitivo di Manduria, cui ci si approccia con ottime aspettative.
«I primi vigneti a raggiungere la giusta maturazione sono quelli localizzati nella zona a ridosso della marina» rimarca Salvatore Mero, amministratore dell’azienda Racemi. «Le aspettative sono ottimali, sia per la qualità delle uve, che per la quantità. Solitamente questo non è un binomio che funziona. Quest’anno, però, è andato tutto per il verso giusto: l’annata metereologica ci consegna un’uva sana e abbondante. Non ci sono state tante piogge e quindi abbiamo acini senza muffa e integri. Anche la maturazione è avvenuta correttamente».
Ci sono le basi, insomma, per un ottimo raccolto e per una buona produzione dell’eccellenza alimentare del territorio: il Primitivo di Manduria.
«Il mercato continua a registrare una soddisfacente richiesta di Primitivo, vino che nel corso degli ultimi anni ha ottenuto una consacrazione a livello mondiale» prosegue Salvatore Mero. «Tira anche quello della vendita delle uve: si tratta di un mercato parallelo abbastanza dinamico».
Quella del 2016 è anche la prima vendemmia nei terreni dell’azienda di Bruno Vespa.
«Sino allo scorso anno, Vespa poteva contare solo sulla raccolta dei terreni che aveva in fitto» conferma Salvatore Mero, punto di riferimento del conduttore di “Porta a porta” a Manduria. «Da quest’anno avvierà la vendemmia anche nei vigneti che ha recentemente acquistato. Intanto prosegue l’iter burocratico per la realizzazione della propria cantina nella struttura che ha rilevato alcuni mesi fa».
Quella del Primitivo è un’enorme ricchezza per il territorio, il cui filone è stato scoperto, probabilmente, un po’ in ritardo.
«Non tutto il guadagno resta sul territorio» conferma Salvatore Mero. «Il treno giusto lo abbiamo perso quando fu approntato e registrato il disciplinare: la filiera andava chiusa in loco. Invece la Doc permette l’imbottigliamento altrove e, di conseguenza, si perde parte del profitto che sarebbe stato generato per l’indotto. Riparare ora a questo errore? Tecnicamente è possibile, ma temo sia difficile per gli alti interessi in gioco».