E se invece della diossina, su quei camion fossero stati trasportati prodotti che l’Ilva vendeva regolarmente con tanto di bolla di accompagnamento?
Alla ricerca della verità, ma senza danneggiare il territorio
Dopo la rivelazione di Alessandro Marescotti al convegno di un paio di settimane fa ad Avetrana, vi è stata, anche se un po’ a rilento, una reazione, legittima, a senso unico: le istituzioni competenti facciano luce sulla polvere alla diossina che sarebbe arrivata, nel corso del 2005, a Manduria.
E’ chiaramente giusto e auspicabile che si capisca cosa sia realmente accaduto in una realtà in cui l’incidenza di determinate patologie tumorali è altissima e, per i più, inspiegabile. In molti, dunque, sono arrivati alla conclusione che la causa di tante sofferenze e di tanti lutti sia legata proprio al trasporto della diossina a Manduria nel 2005.
Pur riconoscendo al prof. Marescotti la buona fede (ha rivelato un episodio che gli è stato riferito da un operaio dell’Ilva), qualche dubbio, francamente, ci viene, quanto meno sulla natura della sostanza trasportata.
Innanzitutto, se fosse stata diossina, la Commissione parlamentare sui traffici illeciti dei rifiuti, informata sulla vicenda, perché non è intervenuta? Avrebbe volutamente insabbiato la cosa? A che pro?
E se invece della diossina, su quei camion fossero stati trasportati prodotti (come i sali potassici) che l’Ilva vendeva regolarmente con tanto di bolla di accompagnamento?
Alla base di questa vicenda (che crediamo arriverà nelle aule dei tribunali) non potrebbe esserci, insomma, un equivoco sulla natura della sostanza trasportata?