mercoledì 27 novembre 2024


12/10/2016 17:28:44 - Manduria - Attualità

Il riconoscimento della legittimità della costituzione di parte civile di tante associazioni e enti e di tanti privati è una prima, seppur parziale, vittoria

 
«Non sappiamo se e quando le parti offese nel processo “Ambiente svenduto” otterranno giustizia e, con essa, un risarcimento per il danno subito. Anche se il risarcimento non potrà mai lenire le sofferenze e i lutti di tanti cittadini, questa è comunque una battaglia giusta, che va condotta sino alla fine».
Oggi vi è stata una nuova udienza del processo “Ambiente svenduto” per il disastro ambientale dell’Ilva a Taranto. Riprenderà dopo che la Corte d’Assise, nell’ultima udienza, ha sciolto le riserve sulle costituzioni di parte civile: sono oltre 1.000. Ci sono sindacati, associazioni, il parroco, i parenti delle vittime e i proprietari di appartamenti del rione Tamburi e Paolo VI. Quasi duecento di questi proprietari e l’associazione Ente Nazionale per la Protezione degli Animali sono difesi dall’avv. Maria Antonietta D’Elia, fra le prime a segnalare un vizio procedurale che, se non colto, avrebbe rischiato di inficiare tutto il processo.
«La mia eccezione, relativa all’assenza di alcune imputazioni, fu avallata dalla Procura» ricorda l’avv. D’Elia. «Se non fossa stata sanata, il rischio sarebbe stato di arrivare fino in Cassazione e assistere, a quel punto, a richieste di nullità di tutto il giudizio, con le conseguenze del caso».
Il riconoscimento della legittimità della costituzione di parte civile di tante associazioni e enti e di tanti privati è una prima, seppur parziale, vittoria.
«Sarà una strada lunga e tortuosa» sono le parole dell’avv. D’Elia, «ma noi siamo fiduciosi sulla possibilità di ottenere un risarcimento dei danni, quelli materiali. Per i lutti e per le malattie, non ci potrà mai essere una somma sufficiente come risarcimento: hanno segnato e segneranno per sempre migliaia di famiglie».
La vecchia Ilva, con tutti i suoi debiti e le sue tantissime richieste di risarcimento danni, finirà quasi certamente in una bad company. Dove rischiano di restare tutti i sogni di giustizia di quanti hanno deciso di seguire la strada della parte civile.
«Non sarei così pessimista: oltre alle società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici, vi sono le proprietà delle persone fisiche che sono state chiamate in giudizio e che saranno condannate. Poi ci sono anche le somme accantonate dall’Ilva».
Chiudere definitivamente l’Ilva? O cercare di rendere più compatibile a livello ambientale la fabbrica?
«Ci sono tantissimi interessi in gioco e non sarà semplice ottenere la sua chiusura» conclude l’avv. D’Elia. «Bisognerebbe poi conoscere gli orientamenti di chi la acquisterà».










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