L’iniziativa, promossa dall’istituto comprensivo “Prudenzano”, si terrà presso il Consorzio Produttori Vini alle 16,30
Mercoledì è stato l’incontro numero 726, a Matera. Che siano scuole o discoteche, oratori o campi sportivi: purché ci siano adolescenti e genitori a cui raccontare la storia di Emanuele, che poi è la storia di un padre e di un figlio e del miracolo di come dalla morte possano nascere amore e nuove energie. Emanuele si è buttato nel fiume Chiese, la notte del 23 novembre 2013, al termine di una festa durante la quale alcuni ragazzi maggiorenni gli avevano girato della droga.
Una pasticca fatale, il gioco che diventa tragedia, la lampadina che si spegne nel cervello e quell’impulso a buttarsi nelle acque gelate. Emanuele Ghidini viveva a Gavardo vicino a Salò (Bs) con la sua famiglia. Aveva 16 anni. Forse per caso si era buttato più o meno nel punto dove da bambino, insieme al papà Gianpietro, aveva lasciato il suo pesciolino rosso che nello stagno di casa stava morendo. Voleva che vivesse e «Pesciolino rosso» è così diventato il progetto che aiuta Gianpietro Ghidini, la moglie e le due figlie a dare un senso a quanto accaduto: «Non vogliamo insegnare nulla a nessuno. Semplicemente racconto la mia, la nostra storia per evitare che altri giovani commettano lo stesso errore e per ricordare ai genitori l’importanza di tenere sempre aperto un dialogo con i figli, che hanno bisogno di sentirsi accolti, non giudicati, anche quando sbagliano».
Ecco il perché di tutti quegli appuntamenti dove scorrono emozione, sorrisi, lacrime e vita. Ecco il perché di una Fondazione, che ha 500 soci e una pagina Facebook con oltre 10 milioni di contatti. Poi ci sono quattro libri, gli incontri e un’opera teatrale che esordirà il 25 febbraio a Gavardo, proseguirà a Montichiari e il 4 marzo andrà in scena a Roma da dove comincerà un giro in Italia. «Ci ha contattati un autore (Mauro Mandolini, regista e coautore di questo atto unico insieme al figlio Riccardo,ndr) che si era appassionato alla storia di Ema e voleva portarla sul palco. Lo abbiamo aiutato perché ho pensato che sarebbe stata una modalità diversa, interessante e utile per far passare il nostro messaggio». Perché alla fine, per Gianpietro Ghidini, conta soltanto quello. Durante uno degli ultimi incontri, al collegio Sant’Antonio di Busnago (Monza e Brianza) ha tenuto incollati alle sedie per due ore genitori e figli.
Nella prima parte ha raccontato questa storia di dolore e di amore: «Mi sono sentito un fallito, io che nella vita ero stato un imprenditore di successo, avevo guadagnato tanti soldi, avevo case e macchine. Ma avevo dimenticato i miei valori e non avevo saputo difendere la mia famiglia. Credevo di impazzire di dolore, non mi sono ucciso solo perché ho pensato a mia moglie e alle altre mie due figlie. Due notti dopo ho sognato Emanuele, era in fondo al mare e cercavo di andarlo a prendere. Mi sono svegliato convinto di avere assorbito dentro di me la sua energia, ho scritto una lettera al mio Ema e dieci giorni dopo ho dato vita alla Fondazione pensando che mio figlio e il suo pesciolino sono ora entrambi in un’altra dimensione».
Certo, i momenti di vuoto e di dolore restano: «Mi fanno forza gli abbracci di tanti ragazzi che incontro in tutta Italia, mi danno l’idea che Ema non sia morto invano e che il mio dolore possa in qualche modo lenire quello altrui». Con supporti scientifici, parla agli adolescenti delle dipendenze: da alcol e droga soprattutto: «Non dovete sottovalutare né un bicchiere di birra né uno spinello. Non dovete fare cose solo perché temete di non essere accettati dal gruppo, perché potrebbe andarci di mezzo la vostra vita».
Poi si passa ai genitori: «Dovremmo imparare a far scattare dentro di noi un semaforo rosso ogni volta che sta per partire una reazione impulsiva con i nostri figli. Dobbiamo saper dire dei no, ma farli crescere nella convinzione che qualunque errore commetteranno noi saremo al loro fianco, perché li amiamo più della nostra stessa vita».
Anche uno dei libri pubblicati da Pesciolino Rosso, Lasciami Volare(che sarà poi anche il titolo dell’opera teatrale) ha una sezione per i giovani e una per gli adulti. Due linguaggi diversi per creare un ponte. E trasformare il dolore in amore.
(fonte: rete)