lunedì 25 novembre 2024


22/05/2022 09:55:20 - Manduria - Cultura

Il nome del monte, dedicato al Diavolo, pare perfettamente rispecchiarne l’aspetto selvaggio, brullo ed aspro di questa “roccia”; il suo isolamento ed il contesto territoriale di riferimento hanno altresì alimentato, in antico, storie e leggende

Si giunge a questo suggestivo comprensorio territoriale lungo una stretta arteria asfaltata, di servizio per la canalizzazione dell’Arneo, che dal tratto costiero di S. Pietro in Bevagna (prolungamento di via Sicilia oltre la provinciale Tarantina) conduce, in rapida risalita, verso l’interno (fig. 1). E lungo tale viabilità si è soliti sostare, alla quota più alta, a lato della grande vasca idrica (“lu turrinu”) realizzata sull’altura, rapiti da quel suggestivo panorama che si offre alla vista; panorama esteso, per vasto spazio, fin verso le spiagge di S. Pietro in Bevagna e Torre Colimena, luccicanti di un mare azzurro e profondo; giù, ad Oriente, si osserva il paese di Avetrana, con le sue case ed il campanile, piccola macchia bianca in uno sconfinata distesa di verde (fig. 2).

Qui, alla base settentrionale di questo straordinario “belvedere”, il picco roccioso di Monte  dei Diavoli si erge, sinistro e suggestivo, al centro di un’area macchiosa dall’intenso  profumo di timo; più in là si osservano vasti pascoli ed oliveti secolari (fig. 3).

Il nome del monte, dedicato al Diavolo, pare perfettamente rispecchiarne l’aspetto selvaggio, brullo ed aspro di questa “roccia”; il suo isolamento ed il contesto territoriale di riferimento hanno altresì alimentato, in antico, storie e leggende.

In zona si favoleggia della presenza di un tesoro gelosamente custodito dal Demonio e si racconta di una battaglia avvenuta in loco, con i soldati caduti sepolti in un antro insieme ai loro beni. Scrive il sac. L. TARENTINI, Cenni storici di Manduria antica – Casalnuovo - Manduria restituita, (ristampa anastatica dell’edizione di Cosenza del 1931), Manduria, A. Marzo ed., 1984, pp. 67-68: “Un terzo tesoro finalmente che contiene chi sa quanto ben di Dio si trova al monte dei diavoli in vicinanza di Castelli. Anche lì sassi e macigni rotolati, scavi praticati, fossi e cave aperte, esorcismi e scongiuri, tutto è stato tentato con risultati nulli e perché? Il monte si vede fumante in alcuni punti, particolarmente nell’inverno e ciò per cause fisiche che costituiscono lo sprigionamento dei vapori: questo fenomeno naturale e tanto comune ai punti culminanti fa credere che il Diavolo sia geloso del tesoro ivi nascosto e che si possiede impunemente per darlo solo a chi venisse a patti con lui. Vi è la tradizione di una battaglia avvenuta in quel luogo e tutti gli spenti soldati furono tumulati in un antro con quanto gli si trovò. I secoli hanno cancellate le traccie dell’antro e dell’accaduto e rimase solo la favola di un altro tesoro posseduto dal Diavolo”.

Tradizione e leggenda antiche, forse nate dalla suggestione del posto, forse da qualche ritrovamento archeologico fortuito o clandestino, certamente legate alle vicende umane e storiche che interessarono, in epoche remote, questa fascia territoriale, strategicamente posta tra la terra ed il mare. Fascia dominata dal retrostante sito archeologico di Monte dei Castelli, attivamente partecipe degli sviluppi insediativi e delle vicende storiche che investirono questa parte del mondo messapico, spesso in conflitto con l’etnia greco-tarantina confinante (vedi L. LEPORE (a cura di ), Il sito antico de li Castelli, presso Manduria (Taranto). Gli scavi, i risultati, le prospettive- Atti del Seminario di Studi, Firenze 15-16 maggio 1997- Manduria, Barbieri, 2000).

Fu, Castelli, un centro indigeno arroccato in altura, potente in epoca protostorica e messapica, abbandonato in epoca romana con sviluppi insediativi (fattorie, ville rustiche) a valle; poi il Medioevo, con un habitat rupestre ed un casale alla base occidentale dell’altura, a ridosso di antiche cave utilizzate, probabilmente, fin da epoca messapica. Resti di una triplice cerchia mura, fondazioni di edifici, vaste necropoli in alto ed in basso, ceramiche, monete, iscrizioni, attestano una storia  alquanto articolata, lunga e complessa, interrottasi solo verso la fine del Medioevo (figg. 4-6). Infine la masseria e qualche trullo di pietra, qui sorti, come in tanti altri luoghi storici del Salento, a rivitalizzare un’antica area economico-insediativa oramai emarginata dagli eventi e dalla Storia; area che costituisce, oggi, una straordinaria “risorsa” culturale ed economica per il nostro territorio, in attesa (si spera) di adeguata valorizzazione e completa fruizione.

 

Paride Tarentini











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