«Si tratta di un lavoro da certosino, che ha preteso non solo la pazienza della ricerca e l’intuito o fiuto per stabilire collegamenti non facili, ma anche la base culturale necessaria per la ricostruzione del periodo storico in cui inquadrare il “digiuno”»
Sul recente saggio dell’avv. Giuseppe Pio Capogrosso, intitolato «Grazie concesse da Maria nostra Signora Immacolata», vi proponiamo una profonda ed esaustiva recensione del prof. Dante Pastorelli, fine operatore culturale originario di Manduria, che vive a Firenze.
Carissimo Giuse,
ho letto con calma il libro e ti fo i miei più vivi complimenti – ormai ben conosci la mia sincerità - perché si tratta di un lavoro da certosino, che ha preteso non solo la pazienza della ricerca e l’intuito o fiuto per stabilire collegamenti non facili, ma anche la base culturale necessaria per la ricostruzione del periodo storico in cui inquadrare il “digiuno”, la puntualità delle annotazioni e la precisione accurata nella trascrizione, per non parlare della fluidità del dettato che rende, pur nell’assoluta proprietà linguistica, agevole e piacevole la lettura. Alcune parti le avevo scorse a suo tempo in internet, ora il tuo studio è completo e ben lascia affiorare la passione che lo anima, come anima altri tuoi scritti.
Mi è piaciuto, il volume, sin dalla presentazione del sacerdote che ha, nell’accorta densità dell’excursus sul digiuno, sottolineato il valore di tale pia pratica che nel mondo attuale e nella Chiesa militante odierna così disastrata dottrinalmente, spiritualmente e moralmente, conserva, o meglio conserverebbe, tutto il suo valore solo se lo si praticasse. Io ricordo che, quando ero bimbetto e ragazzino, soprattutto nel mondo contadino l’osservanza del digiuno dell’Immacolata era assai diffuso e sentito, e dal fondo dei miei 84 anni riemerge il profumo “ti li pucci cull’aulìi pill’u ‘dasciunu”.
Della tua ricerca così pregevole ho praticamente già detto tutto in modo estremamente sintetico. Aggiungo che è una pietra miliare della storia non solo religiosa di Manduria incastonata in momenti e richiami della storia nazionale e di alcune famiglie che della la storia sono state protagoniste. Io non avevo mai sentito parlare non solo del libretto sul digiuno e delle sue peripezie, ma neppure di certe famiglie che un ruolo han giocato in queste vicende: per es. i Giustiniani. Forse sono andato via da Manduria troppo presto, quando non ero ancora maturo per scoprire la bellezza della ricerca storica. Io, come tanti amici del resto. Tra i compagni adolescenti ricordo che solo Rino Contessa frequentava Michele Greco ed era interessato alla storia dei Messapi.
Della storia dell’Immacolata e delle indulgenze niente mai appresi dal dottissimo don Giovanni Stano a cui pure servivo le funzioni nella chiesa all’Immacolata consacrata, vicina alla mia abitazione di viale Mancini, in particolare nel mese di maggio mentre il falegname Fontana suonava l’organo a mantice, un mantice duro che talvolta manovravo a fatica.
Interessante dovrebbe risultare a chi volesse approfondire anche l’accenno alle dispute teologiche tra macolatisti e immacolatisti. Nonostante qualche apertura precedente al culto dell’Immacolata, solo Papa Clemente XI Albani, di famiglia albanese come si ricava dal cognome, insofferente di “lotte” tra francescani e domenicani, liberalizzò il culto dell’Immacolata che vantava un forte radicamento sia in Oriente che in Occidente. S. Tommaso in gioventù fu immacolatista, ma poi si allontanò da questa sua posizione perché vari suoi confratelli affermavano che con la dottrina dell’esenzione dal peccato originale si negava la redenzione di Maria ad opera del sacrificio di Cristo: e così, basandosi su S. Paolo, formulò la tesi che Maria nacque come tutta l’umanità col peccato originale, ma Dio la santificò immediatamente dopo il concepimento. Negli ultimi anni tornò alla posizione immacolatista. Del dogma promulgato da Pio IX hai già parlato tu.
Il testo delle grazie concesse dall’Immacolata è stupendo. La narrazione emana la candida spiritualità di certi exempla dei trattati quaresimali medievali ingenui e colti nello stesso tempo, e mi torna alla mente l’arciprete don Luigi Neglia che leggeva e commentava esempi del genere nelle funzioni serali della Quaresima, o a novembre, per esaltare il bene e condannare il male ed esortava a meditare su quanto ascoltato.
I miracoli e le grazie sono presentati con tono estatico, ricco di adesione al trascendente, vivificato da un abbandono totale alla volontà divina, privo di ostentazione teologica, proprio di anime innamorate di Maria. Eppure lo stile, la lingua, la struttura del racconto rivelano capacità letteraria che non sfugge facilmente. Non posso ricordare tutti gli exempla, dico solo che tutti hanno un’impronta singolare pur nell’unita dell’insieme: bellissimi mi appaiono quelli di Martina, Bucino, Fragagnano e soprattutto Borraco.
E a questo punto non mi resta che rinnovarti i miei complimenti per questo tesoro che hai scoperto e donato alla mia Manduria da cui ormai, e purtroppo, le vicende della vita mi tengono lontano ma che ho sempre nel cuore.
Un abbraccio dal sempre grato
Dante