L’evento a Porcia, in Friuli. «Le ho disegnate e dietro ad ognuna c'è un breve scritto che cita Willelm Brasse, lo storico fotografo di Auschwitz»
In occasione della Giornata della Memoria, l’artista, nonchè docente, manduriano Fabio Ferretti De Virgilis ha realizzato e distribuito 50 bustine contenenti figurine commemorative sull’Olocausto: per non dimenticare Auschwitz.
L’evento a Porcia, in Friuli, regione in cui l’artista manduriana vive e lavora (è docente presso il liceo Galvani).
«Ho consegnato una bustina alle prime 50 persone che entreranno nel birrifici, in via Gabelli a Porcia: contenevano dieci illustrazioni sull’Olocausto».
Ogni bustina è una luce sulla memoria.
«Le ho disegnate e dietro ad ognuna c'è un breve scritto che cita Willelm Brasse, lo storico fotografo di Auschwitz-
precisa il professore artista».
Immagini e parole per le “figurine” perché i ricordi, da soli, non rappresentano tutto l’orrore e il dolore della Shoah. Sono come le foto “segnaletiche” del campo di concentramento, che sono state scattate ai prigionieri deportati con il numero di matricola, la divisa a riga: tutti vittime innocenti della barbarie e dell’orrore del lager.
Il fotografo Wilhelm Brasse ha ispirato le “figurine” di Ferretti De Virgilis: era il prigioniero polacco numero 3444. Nel 1939, dopo l'invasione tedesca della Polonia, i nazisti gli avevano proposto di giurare fedeltà a Hitler e di arruolarsi nella Wehrmacht. Brasse aveva imparato il mestiere a Katowice e le fotografie gli salveranno la vita. L'ordine era di documentare le attività del campo e i prigionieri: il fotografo di Auschwitz scatterà migliaia di foto, comprese le
Immagini e parole per le “figurine” perché i ricordi, da soli, non rappresentano tutto l'orrore e il dolore della Shoah. Sono come le foto “segnaletiche” del campo di concentramento, che sono state scattate ai prigionieri deportati: il fotografo di Auschwitz scatterà migliaia di fotografie, comprese le vittime di atroci esperimenti del “dottor morte” Josef Mengele.
«Quando i sovietici entrarono in Polonia nel 1945 i nazisti ordinarono a Brasse di distruggere le fotografie e i negativi - ricorda Ferretti De Virgilis-. Brasse disobbedì e nascose nei dormitori la maggior parte delle sue oltre 40 mila foto e le fece arrivare ai partigiani della Resistenza, poi recuperate dai sovietici».
Brasse fu deportato dai nazisti, insieme ad altre migliaia di prigionieri nei campi di Mauthausen-Gusen e poi Ebensee. Non scattò mai più…