…Era da poco in viaggio e già sentiva la mancanza della sua terra e dei suoi cari. Pochi istanti dopo, il suo sguardo senza espressione seguiva i binari che si perdevano nella nebbia, ma che proseguivano oltre la frontiera italiana….
Per Alfredo, uno spirito errante e avventuroso, i viaggi erano sempre stati fonte di fascino. Quello appena intrapreso lo riportava a casa dopo un interminabile periodo trascorso lontano dalla sua famiglia. Ricordava quel mattino mite d'inizio estate, quando, da una stazione del Nord Italia, era partito su un treno affollato di passeggeri, salutando i suoi genitori e la fidanzata Claudia. Erano lì, ad attendere la partenza, sulla banchina gremita di folla. Apparivano mesti, con gli occhi colmi di lacrime, e agitavano fazzoletti verso l’amato viaggiatore, mentre il brusio malinconico della folla veniva sovrastato dal fischio acuto del capostazione che annunciava la partenza. Il convoglio, composto da carrozze di classe unica, arrancò lungo i binari, lasciando lentamente la stazione alle spalle e con essa un incerto ritorno.
Poche ore dopo la partenza, il treno fece una breve sosta di servizio in una piccola stazione fatiscente e priva di custodia, dove il nome, scritto sulla facciata, era ormai illeggibile, sbiadito dal tempo. Accanto all’edificio si trovava una fontanella in disuso, parzialmente coperta nella parte superiore dalle fronde di un albero; alla base, la vegetazione spontanea si era impadronita dello spazio, insinuandosi tra le fughe dei marciapiedi dissestati. All’esterno, la porta d’ingresso appariva con la maniglia divelta e le finestre erano serrate da infissi in legno, in parte scrostati e deteriorati. Una sottile bruma mattutina aleggiava intorno; si intravedevano a malapena i contorni delle Alpi, che cingevano la valle, rischiarate dal sole che filtrava a fatica nella foschia. Nei campi ai lati dei binari, sbocciavano qua e là papaveri, che punteggiavano di rosso le spighe dorate, mosse da un vento leggero. Più lontano si udiva il mormorio di un ruscello che scendeva a cascata dalla montagna e il canto di due lavandaie, intente a strizzare i panni appena lavati in una pila traboccante d’acqua. Da un sentiero si intravide un contadino che trascinava faticosamente un carretto pieno di cianfrusaglie, diretto chissà dove.
Nella carrozza, alcuni viaggiatori si erano abbandonati al sonno; altri fumavano una sigaretta, mentre altri ancora, per passare il tempo, conversavano con i vicini. Alfredo, pervaso da una mestizia inattesa, si disinteressò degli altri passeggeri: assorto, osservava dalla finestra del treno quella vallata grigia, immergendosi nei ricordi recenti e nostalgici. Era da poco in viaggio e già sentiva la mancanza della sua terra e dei suoi cari. Pochi istanti dopo, il suo sguardo senza espressione seguiva i binari che si perdevano nella nebbia, ma che proseguivano oltre la frontiera italiana. Il viaggio si preannunciava lungo migliaia di chilometri, riservato a soldati che, come Alfredo, si preparavano a sfidare la morte.
Il treno ripartì, e Alfredo, seduto su quel sedile scomodo con le doghe in legno, sobbalzò e abbandonò rapidamente i suoi pensieri. Il convoglio attraversò parte dell’Europa, percorrendo vallate e promontori, alternati a fitti boschi e colorata vegetazione, che con la bella stagione deliziava la vista con i suoi colori, mentre i delicati profumi floreali accarezzavano lievemente l’olfatto. Passò radure brulle e selvagge, pascoli di grano brucato qua e là dal bestiame, campi coltivati a ortaggi e verdure che i contadini, curvi, strappavano al suolo. Il convoglio superò fiumi in piena e corsi d’acqua asciutti, rivelando letti fangosi e ghiaiosi.
Il treno attraversò nazioni, grandi città desolate e devastate, ricolme di macerie, e villaggi abbandonati da genti di etnie e lingue diverse, unite da un unico dramma: la guerra. Il convoglio viaggiava verso la Russia, dove giunse alcuni giorni dopo. La giornata era limpida, e il paesaggio appariva quieto e uniforme: la sconfinata steppa, ricca di graminacee e arbusti, era illuminata da un sole velato. La prateria si perdeva all'orizzonte, mentre uno stormo di uccelli volava sopra il treno che sbuffava vapore, avvolgendo l'area circostante in banchi di fumo grigiastro. Alfredo, esausto per il lungo viaggio, non riusciva a godere della bellezza di quei luoghi e osservava quel paesaggio con distacco.
Dal treno scesero fiumi di soldati, carichi dei loro fardelli, pronti a combattere e in attesa di essere dislocati lungo la linea del fronte. Dopo qualche ora di riposo e il tempo necessario all’organizzazione dei reparti, ripartirono verso le zone di guerra. Colonne di mezzi bellici e migliaia di soldati in marcia si snodavano lungo le strade che portavano alla zona assegnata agli italiani dal comando tedesco. Il percorso era lungo e accidentato: strade asfaltate si alternavano a sentieri sconnessi, coperti di polvere sollevata dal passaggio dei soldati, che per non inalarla coprivano le vie respiratorie con foulard e fazzoletti. Iniziava così quella maledetta campagna bellica, pianificata dal Führer come guerra lampo, una tattica che aveva già trionfato in altre battaglie, ma che contro l’Armata Rossa non avrebbe avuto lo stesso successo.
Walter Pasanisi
1 - continua