mercoledì 27 novembre 2024


27/11/2024 07:38:08 - Manduria - Cultura

L’autore dipinge un’epoca particolarmente travagliata dal punto di vista politico e militare, il Seicento europeo nelle corti di Versailles e di Londra, che vengono magistralmente descritte anche nella loro quotidianità, fatta di intrighi, passioni e ‘divertissment’

La narrazione del libro prende forma dal geniale intreccio fra i contenuti del diario personale di Louise de Kérouaille, amante di re Carlo II Stuart, e quelli del trattato di Carlo Demirco, “The book of Ices” (1678). Mirabile l’affresco che in esso l’Autore dipinge di un’epoca particolarmente travagliata dal punto di vista politico e militare, il Seicento europeo nelle corti di Versailles e di Londra, che vengono magistralmente descritte anche nella loro quotidianità, fatta di intrighi, passioni e ‘divertissment’. A ciò si aggiunge la storia di una terza regalità, oltre Luigi XIV e Carlo II: sua maestà il gelato.

A dire il vero, in principio fu il ghiaccio! Il piccolo Carlo Demirco viene venduto dai suoi genitori ad un fabbricante di sorbetti, il persiano Ahamad, soggiorna alla corte dei Medici a Firenze, poi in quelle francese e inglese, sempre e soltanto al servizio del «padrone che mi trattava con tanta asprezza»: il ghiaccio. Numerose le analogie basate su questo elemento presenti nella narrazione, a cominciare da quella «una o due schegge conficcate in profondità nelle ossa e, forse, anche nell’anima» (p. 15), conseguenza della terribile punizione inflittagli da Ahamad,  quella stessa «spina di ghiaccio nel cuore»  che lo salvò dall’ira contro Ahamad («sei di mia proprietà, e non sarai mai libero, finché vivi»), tenendolo in attesa «che si presentasse un’opportunità» (p. 26), fino all’impossibilità di un amore vero, perché «la scheggia di ghiaccio era conficcata troppo in profondità per quello» (p. 48).

La comparsa del francese Luciano Audiger, il viaggio di Carlo insieme a lui verso Parigi, l’ingresso alla corte di Luigi XIV, la magnificenza e il lusso degli ambienti di Versailles, tutto scorre velocemente grazie a una narrazione fluida e descrittiva. Naturalmente «bisognava confezionare sorbetti e altri dolci freddi per il piacere del sovrano (…).Quando il re esprimeva il desiderio di un gusto particolare, perfino il ghiaccio doveva obbedire» (p. 54). Sembra di esserci quando «Attorno a un centrotavola di ghiaccio scolpito, o a una fontana a molla di cordiale di frutta, disponevamo un ‘tableau’ di gelatine, sorbetti, liquori refrigerati, acque aromatizzate, frutti racchiusi nel ghiaccio, e altre delizie congelate» (p. 37).

Il ritmo si fa via via più incalzante: la sperimentazione da parte di Carlo di gusti e tecniche diverse nella preparazione dei suoi sorbetti va di pari passo con le richieste sempre più pressanti della corte francese, costantemente impegnata in ‘déjeuners sur l’herbe’, partite a ‘paille maille’ e ‘divertissement’ vari; la sua frequentazione amorosa delle dame di corte, portatrici sane di gelosie, intrighi e tradimenti. Su tutti  emerge, notevole, la figura di Madmoiselle Louise de Kérouaille. Dama di compagnia e confidente di Madame Enrichetta, detta Minette, sorella del re inglese Carlo II Stuart e cognata di Luigi XIV di Francia, Louise vive a corte ed è depositaria di un importante segreto politico-diplomatico.

Nel giorno fatidico nel quale Madame muore in odore di avvelenamento, dopo aver bevuto un preparato alla cicoria, le certezze di Carlo e di Louise verranno rovinosamente scardinate. Inviati entrambi in Inghilterra, l’uno per risollevare con i suoi gelati l’umore del re, caduto in depressione dopo la morte dell’amata sorella, l’altra per portare a termine le delicate manovre politico-diplomatiche di Madame Enrichetta, essi esporteranno la magnificenza della corte francese nella fredda e ‘poco colorata’ realtà di quella inglese.

Fra nuovi intrighi, vecchi compromessi e speranze disattese, al lettore non resta che immaginare il futuro spregiudicato di Madmoiselle de Kérouaille, divenuta l’amante del re («Qualunque cosa avvenga in questo piccolo e barbaro paese continuerò ad avanzare, e trionferò», p. 426) e quello ispirato e avventuroso di Demirco, pronto a liberarsi della vita a corte, divenuta ormai un’angosciosa zavorra («Mentre quell’alveare di cinismo e immoralità riprendeva vita per un altro giorno, io me ne andai senza neanche degnarlo di un ultimo sguardo», p. 420).

Louise, pur contendendosi con altre donne l’amore di Carlo II, diviene «la padrona riconosciuta del suo palazzo, il primo ministro non ufficiale, e la regina di fatto». Dopo un incontro d’amore con lei, ritroviamo Carlo in viaggio verso Bristol. «Alla fin fine, l’amore non significa nulla» — gli aveva detto Louise, confessandogli di non amarlo quanto lui amava lei — «E sapete una cosa? Ne sono felice. Odierei avere la mente obnubilata da una passione simile» (p. 419)

Lungo la strada, Carlo rinuncia a preparare gelati solamente per i sovrani, e in parte anche ai segreti della sua arte, custoditi gelosamente fin da bambino. L’ultima volta lo incontriamo intento a redigere il suo libro di ricette sui gelati, in attesa della nave che lo porterà in un «luogo dove nessun uomo nasce con le staffe sulla schiena perché gli altri gli montino in groppa». Sono le parole di Hannah Crowe, la cuoca del Red Lion, l’alloggio di Carlo, che sogna «Un Paese senza le limitazioni prodotte dalla proprietà, dai privilegi, dalla nascita», e che per questo parte per l’America insieme al figlio Elias.

Contagiato dalle sue parole, convinto di poter trovare l’amore, Carlo sente, in un punto profondo del suo animo, che quella «scheggia dura e fredda» comparsa all’inizio della storia «comincia finalmente a sciogliersi». Il percorso di iniziazione alla vita adulta di Carlo (cominciato con il macabro ‘rito’ dell’amputazione del dito), vera chiave di lettura del romanzo, è compiuto definitivamente.











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