«Volano liberi, vanno lontano. Tornano a casa», pensava malinconico Ilario, seguendo con lo sguardo i volatili. «Vorrei viaggiare con loro e andare dove guida l’istinto»
Le stagioni scorrevano lente e monotone sulla piattaforma. Ilario, scrutando l’oceano, sapeva riconoscerle, come gli aveva insegnato suo nonno. «Guarda il volto del mare e ascoltane la voce. Saprà raccontarti di sé. Osserva come cambia con il susseguirsi dei cicli naturali del tempo», gli aveva sussurrato il vecchio. La stagione fredda si annunciava con il mare che si colorava di un azzurro intenso e si agitava gradualmente; le onde alte s’infrangevano con forza contro i grossi piloni della piattaforma. Nei momenti di burrasca, la struttura sembrava sopraffatta dalle onde e dalla pioggia, rendendo l’attività degli operai più difficile. Francisco, il sismologo addetto alla sicurezza, incitava i suoi collaboratori: «Fate attenzione, ragazzi! Prima o poi finirà questo tempo di merda!» Gli operai, fiduciosi nella sua competenza, seguivano i suoi consigli. Francisco era l’uomo adatto a quell’incarico: preciso e scrupoloso, non trascurava alcun dettaglio, guadagnandosi il rispetto delle società petrolifere. Con la sua esperienza trentennale, sapeva interpretare alla perfezione i segnali trasmessi dalla crosta terrestre. «Devo domare questo pianeta inquieto!» ironizzava, guadagnandosi il soprannome di “omino che si prende gioco del mondo.”
Il paesaggio marino mutava con l’arrivo dell’estate. L’acqua, solitamente calma e limpida, si increspava appena, a seconda del soffiare dei venti. In quel periodo dell’anno non era raro avvistare femmine di squalo affioranti sulla superficie, seguite dai loro piccoli, e pesci dai colori variopinti intenti a sfruttare le correnti marine più calde. Con l’avvento dell’autunno, dalla piattaforma si potevano osservare stormi di uccelli migratori attraversare il cielo, reso grigiastro dalle formazioni di cumuli, diretti verso altri lidi. Il loro passaggio era annunciato dal chiacchiericcio dei versi e dal frusciare delle ali, come a voler rivolgere, con suoni e movenze, un saluto agli uomini dell’offshore.
«Volano liberi, vanno lontano. Tornano a casa», pensava malinconico Ilario, seguendo con lo sguardo i volatili. «Vorrei viaggiare con loro e andare dove guida l’istinto.» Speranzoso, continuava a presagire il momento tanto atteso, incapace di distogliere il pensiero da quell'evento, mentre rievocava la sua donna. «Arriverà quel giorno. Partirò anch’io e sarò presto da lei», rimuginava fiducioso.
Il lieve spirare del vento di ponente caratterizzava la primavera. Lo zefiro increspava appena il mare, che si acquietava verso sera, mentre il sole, tramontando all’orizzonte, appariva già più vigoroso e tinteggiato di rosso. Qua e là, nel cielo, qualche cirro rompeva la monotonia dello spazio celeste, regalando al mondo uno scenario meraviglioso. Nelle giornate limpide, il confine tra cielo e mare ingannava l’occhio umano, e la linea dell’orizzonte risultava quasi impercettibile. In lontananza, a volte, Ilario riusciva a scorgere la terraferma, sospesa nell’aria e dai contorni sfumati. L’illusione di vedere la riva lo rincuorava, ma il suo umore mutava quando intuiva che quella visione era solo un miraggio. La tristezza invadeva il suo animo. Tornando alla realtà, si sentiva terribilmente solo in quella vastità.
«È infinito, questo mare», rifletteva. «È infinito. La terraferma sembra irraggiungibile.» La nostalgia per Patrizia si impadroniva di Ilario inaspettatamente, tormentandolo. «Quanto sei lontana, amore mio», continuava nel suo silenzioso monologo l’uomo, come se la donna potesse ascoltarlo. «Ti vorrei accanto a me, per guardare insieme questo mare che ci separa. Se avessi una mano grande quanto il mondo, stringerei gli oceani, li rimpicciolirei e avvicinerei i continenti per ricongiungerci», fantasticava Ilario nella sua infinita tristezza.
La piattaforma, pur maestosa, elevata su enormi piloni metallici e colonne portanti, era solo un piccolo puntino scuro nell’immensità del mare. Immersa negli abissi iridescenti, ricchi di flora e fauna marina, ospitava l'attività frenetica di uomini e macchine, in contrasto con la quiete dell’acqua. In una notte di cielo limpido, con la luna piena a dominare il firmamento, il geologo osservava l’oceano. L’acqua riluceva di un chiarore lunare, formando con il suo riverbero una scia verso l’infinito. Assorto nei suoi pensieri, Ilario non si era accorto della presenza di Thomas, salito sul ponte per fumare in tranquillità la pipa e godere della brezza marina.
Thomas era un vecchio lupo di mare che, lasciata da tempo la vita sulle navi, aveva scelto di lavorare per qualche anno sull’isola metallica, per poi ritirarsi in un villaggio marittimo in un angolo remoto della terra e godersi i frutti di anni di fatica. Il mare era sempre stato la sua casa, la sua vita. Spirito libero e avventuroso, Thomas aveva rinunciato a una famiglia per esplorare porti e solcare acque in ogni parte del mondo. Abituato a frequentare bettole, ubriacarsi e divertirsi con belle donne, conduceva ora sulla piattaforma una vita più tranquilla, dedicandosi alla cucina e preparando pasti apprezzati dall’equipaggio, che lo stimava per la sua esperienza. Il vecchio irlandese barbuto, con il volto segnato dal sole e dalla salsedine, incarnava tutto il peso degli anni e delle sfide affrontate.
Spesso, con malcelato orgoglio, raccontava di sé e di come avesse affrontato tempeste e la furia dell’oceano: «Ho sfidato il mare come un generale fronteggia una battaglia. Di fronte alla sua forza invincibile, non mi sono mai arreso; per domarlo, ne ho carpito i segreti e le debolezze. Ho visto onde gigantesche inghiottire piccole imbarcazioni e battelli resistere con mare forza nove, dieci... Pescherecci d’altura squarciati dalle onde e pescatori esperti morire in acqua.» Quei racconti, ricchi di dettagli, facevano rabbrividire chiunque lo ascoltasse in silenzio. Dal suo narrare traspariva un amore per il mare, immenso e profondo come gli abissi, una passione irresistibile, come quella per una donna di grande fascino, dalla quale è impossibile distogliere il pensiero.
Dirigendosi verso l'estremità della piattaforma, Thomas si avvicinò a Ilario, che osservava con occhi malinconici l’oceano. Anche lui, estasiato dall’incantevole scenario, disse: «So a cosa stai pensando! Il mare non aiuta a sentire vicino chi si ama.» Ilario, sorpreso e contrariato, si strinse nelle spalle senza rispondere e si allontanò, dirigendosi verso il suo alloggio.
Walter Pasanisi
Fine terza parte