Il motozappa zigzagava tra i ceppi, smuovendo rapidamente le zolle e sradicando l’erba grazie al movimento rotatorio delle zappette, installate a spirale sotto l’attrezzo agricolo. Terminata l’aratura di un filare, Antonio, per introdursi in quello successivo da dissodare, spostava energicamente a destra o a sinistra il Pasquali, effettuando un’inversione a U. L’assordante rombo dell’attrezzo infastidiva il suo udito, mentre le continue vibrazioni provocavano un tremore costante alle sue magre braccia
Tra i filari, Antonio arava e manovrava agevolmente il pesante motozappa. Il suo corpo era impregnato di odori agresti e di vetriolo, mentre il suo volto smagrito, incartapecorito e scurito dal sole, come la sua pelle, portava evidenti segni della fatica e della mezza età. Dalla fronte imperlata cadevano rivoli di sudore che inzuppavano la canottiera lisa, mentre dal capo calvo il sudore evaporava, creando intorno al contadino un alone di “beatitudine”.
La motozappa zigzagava tra i ceppi, smuovendo rapidamente le zolle e sradicando l’erba grazie al movimento rotatorio delle zappette, installate a spirale sotto l’attrezzo agricolo. Terminata l’aratura di un filare, Antonio, per introdursi in quello successivo da dissodare, spostava energicamente a destra o a sinistra il Pasquali, effettuando un’inversione a U.
L’assordante rombo dell’attrezzo infastidiva il suo udito, mentre le continue vibrazioni provocavano un tremore costante alle sue magre braccia. Antonio sopportava la fatica del duro lavoro nei campi sin da quando, ragazzino esile, aiutava il padre nelle attività agricole. Il ripetitivo andirivieni nel vigneto, ricco di tremila ceppi ben allineati, sostenuti da paletti zincati e tiranti metallici, sarebbe terminato in tarda mattinata, e Antonio procedeva spedito nell’aratura per non oltrepassare il tempo che si era prefissato.
Nel terreno attiguo, intanto, era giunto Gregorio, un uomo più anziano di Antonio, dall’aspetto rude e corpulento, che si era recato nel suo podere per svolgere qualche breve lavoro agricolo. Antonio salutò con un cenno del capo Gregorio, ma quest’ultimo, intento ad armeggiare con alcuni attrezzi, infuriato per essere stato coinvolto in un incidente agricolo, imprecava contro alcuni santi elencati nel calendario e, più volte, contro il patrono di Manduria, suo omonimo, San Gregorio.
Antonio, concentrato sull’aratura dell’ultimo filare, non si accorse dell’incidente occorso al vicino, che si stava fasciando da sé una mano sanguinante, fortunatamente solo leggermente ferita. Quando l’aratura era ormai al termine, Antonio sospirò di sollievo. Con la motozappa sfiorava il muro a secco che delimitava il vigneto, infestato da erbacce, mentre una zappetta del Pasquali sollevava un sasso, spostandolo a fatica di qualche palmo. La polvere della terra smossa, il fumo e il calore rovente del motore avvolgevano il corpo del contadino, aumentando la percezione dell’afa.
Improvvisamente, Antonio fu colto da vertigini che sembrarono abbrancargli la testa. Si asciugò la fronte sudata con il dorso della mano, alzò lo sguardo al cielo e cercò di attenuare il sintomo. Ma, anziché trovare sollievo, vide il sole girargli intorno. Gli parve che l’astro si avvicinasse pericolosamente, come se volesse travolgerlo. Con le braccia tese verso l’alto, Antonio tentò di scacciarlo o spegnerlo, ma il sole, sfuggente, roteava ancora più velocemente, riempiendo il suo campo visivo di un bagliore abbagliante. Stordito, Antonio si lasciò cadere a terra, poggiando la schiena contro il muro a secco. Chiuse gli occhi per qualche istante, cercando di calmare il battito frenetico del cuore e riprendere fiato. Il rombo della motozappa si fermò all’improvviso, come se avesse percepito il bisogno di silenzio del suo padrone. Intorno, il frinire delle cicale sembrava amplificato, mentre una brezza leggera accarezzava il suo viso bruciato dal sole.
Gregorio, che non poté fare a meno di notare Antonio accasciarsi a terra, saltò con slancio il muretto per soccorrere il vicino. Versò dell’acqua sul viso, sul capo e in parte sul corpo di Antonio, svuotando completamente lu mmili. Qualche istante dopo, Antonio riaprì gli occhi: il cielo sembrava più azzurro, e il sole, alto ma meno minaccioso, pareva aver ripreso la sua posizione naturale. Il contadino, aiutato da Gregorio, si alzò a fatica, con le ginocchia tremanti, e si appoggiò al soccorritore. Guardò il vigneto, ormai perfettamente arato, e un sorriso stanco ma soddisfatto gli increspò le labbra.
"Un altro giorno è passato", pensò tra sé.
Poi rassicurò Gregorio dicendo di stare bene e di non aver bisogno di altro, lo ringraziò e si avviò verso l’Ape, pronto a tornare a casa. Energicamente, come se nulla fosse accaduto, caricò il Pasquali nel cassone del motocarro, chiuse la sponda posteriore, si assicurò che l’attrezzo fosse ben fissato con le funi, mise in moto l’Ape, con l’abitacolo e le lamiere arroventati, e si avviò verso la sua abitazione.
Dietro di lui, il vigneto rischiarato dal caldo sole, ancora alto nel cielo, restava immobile, come in attesa della prossima fatica. All’indomani, quella sfera risorta e rilucente avrebbe sfolgorato su Manduria, illuminando la città, il volto di Antonio e scaldando la sua generosa terra.
Walter Pasanisi
Terza e ultima parte