Il sindaco Paolo Tommasino motiva le sue dimissioni
«Non si può trasformare Manduria in una seconda Lampedusa. Non è così, prendendo cioè i profughi da una località e concentrandoli in un’altra, che si risolvono i problemi».
A poche ore dall’annuncio delle sue dimissioni, Paolo Tommasino spiega questo suo gesto così forte, che ha preceduto quello del sottosegretario Mantovano.
«Sono sconfortato: non è possibile comportarsi in questo modo, prendendo delle decisioni così importanti ignorando la volontà della Regione, di ben due Province e di un’Amministrazione Provinciale» ha dichiarato ieri il sindaco di Manduria. «Altro che federalismo, tanto invocato da qualcuno. Se federalismo deve essere, allora ascoltiamo anche le popolazioni interessate».
Poi Tommasino chiarisce, ancora meglio, la sua posizione, che non è affatto di chiusura alla presenza dei migranti e, quindi, di mancanza di solidarietà.
«Ho saputo dell’allestimento della tendopoli a Manduria giovedì scorso alle 20, quando sono arrivato in Prefettura» racconta il sindaco. «Mi si prospettò l’arrivo di 200 profughi. Ma domenica ne sono arrivati 540, ovvero più del doppio. Lunedì, in Consiglio, l’on. Mantovano ci ha confermato ciò che già un po’ tutti sapevano: erano in arrivo altri 840 profughi, garantendoci che non si sarebbero mai superate le 1.500 unità. Ancora 48 ore ed ecco l’altro annuncio: altri 1.400 profughi. Ma che gioco è questo? In pochi giorni il numero si è triplicato. Nonostante la tendopoli non sia ancora completa, con una rete di recinzione che non serve a nulla, se è vero, come è vero, che già in 500 sono andati via. Non è in discussione il nostro senso di solidarietà: la città, sin dai primi giorni, si sta organizzando, attraverso delle organizzazioni umanitarie, per fornire indumenti e scarpe a questa gente. Noi vogliamo fare la nostra parte, ma non è possibile che il problema di Lampedusa, legittimo, si debba risolvere creandone uno a noi. Anche noi vorremmo vivere di turismo. Tutte le regioni, pertanto, devono fare la loro parte. Cosa intendo fare ora? Protestare insieme a tutti i miei concittadini».