I Verdi intervengono nuovamente per far notare lo stato di degrado di una struttura concepita per ospitare un asilo-nido che si trova in via per Avetrana
«La sporcizia è meglio nasconderla sotto il tappeto?».
E’ la domanda che si pongono i Verdi di Manduria, che già nei giorni scorsi avevano sottolineato l’infelice scelta dell’Amministrazione di accantonare i tubi in acciaio pericolanti di piazza Giovanni XXIII all’interno del parco archeologico. Ora, invece, intervengono nuovamente per far notare lo stato di degrado di una struttura concepita per ospitare un asilo-nido che si trova in via per Avetrana. I lavori si fermarono, però, negli anni ’70 e non sono mai stati completati.
«Si tratta di una complessa opera in cemento armato e conci di tufo, allo stato grezzo; tutta l’area è completamente recintata, con accesso precluso da un cancello metallico, chiuso con catenaccio» si legge nella nota dei Verdi. «Al di là di quella che è la struttura (esempio di grande spreco di danaro pubblico), ciò che risulta subito evidente è la discarica di materiali inerti e da demolizione che fa bella mostra di sè nello spazio recintato. Una parte dell’area è occupata da grossi cumuli di pietre, scaricate alla rinfusa, senza cura e in cattivo stato di conservazione, che con ogni probabilità costituivano la pavimentazione del ristrutturato centro storico. L’altra parte dello spiazzo antistante la costruzione è occupata da cumuli costituiti da scarichi di materiale da demolizione.
E’ legittimo ora porsi alcune domande: chi ha in custodia o in gestione questa struttura, che sicuramente non è in totale stato di abbandono, dal momento che il cancello risulta essere chiuso con un catenaccio? Chi ha provveduto a scaricare tutto quel materiale? Essendo il cancello chiuso, non può trattarsi di scarichi occasionali fatti da sconosciuti. Perché vi è stata tanta incuria (e da parte di chi) nello scaricare e custodire i preziosi blocchi della pavimentazione del centro storico? Chi ha il compito di vigilare su questa opera?
Il decoro urbano è la prima immagine che il paese da di sè, sia ai cittadini, che molto probabilmente si sono assuefatti allo scempio ed al degrado, ma soprattutto ai turisti che, beandosi delle nostre bellezze, dovrebbero apportare ricchezza e dare impulso all’economia locale. Iniziamo a cambiare dalle piccole cose, perché se non siamo in grado di fare questo, come possiamo mai pensare di misurarci con imprese più grandi ed impegnative?».