Un intervento di Gregorio Mariggiò (Movimento Non-Violento) sull’importanza della celebrazione
Il Movimento Nonviolento promuove, con manifestazioni sulla nonviolenza, la giornata del 2 ottobre, giornata mondiale della nonviolenza proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza in ogni settore della vita sociale, con la creazione di organismi di democrazia dal basso e la
salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, con l’opposizione integrale alla guerra, la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali. La lotta contro l’oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo. La lotta contro le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione.
Quest’anno, 2 ottobre 2009, ricorre il 140° anniversario della nascita di Gandhi ed è il centenario del 1909 che è un anno fondamentale nell’esperienza gandhiana: incarcerato in Sudafrica perché rifiuta i documenti d’identificazione; poi in Inghilterra dove si scontra con i terroristi indù; è anche l’anno nel quale traduce “Lettera a un indù” di Tolstoj e mantiene il carteggio con lui; è l’anno in cui in India, lancia il boicottaggio delle merci inglesi; è anche l’anno in cui Gandhi scrive sullo scontro tra civiltà occidentale e quella indiana. Per Gandhi, l’autentica civiltà è quella che propone uno
stile di vita ed un insieme di valori che si richiamano integralmente al “Tao” della nonviolenza. Analizzata sotto questo profilo, la civiltà occidentale appare decisamente immorale. Ancora oggi assistiamo allo scontro tra due modelli di civiltà, che si ispirano a differenti concezioni educative. Da un lato, il modello educativo gandhiano della nonviolenza, dall’altro il modello predominante attualmente nelle nostre società occidentali, che possiamo definire, prendendo in prestito un termine usato dal regista spagnolo Almodovar, in un film omonimo, quello della “mala education”, la mala-educazione. La maleducazione è proprio quella che vediamo sistematicamente in atto. Dobbiamo chiederci con franchezza e onestà: perché non “investiamo sulla pace”, mentre invece i nostri governanti hanno deciso l’acquisto di 130
aerei F35 per la “modesta” somma di 113 miliardi di euro? Come mai, nonostante tutto, questa grande ricchezza di conoscenze sul piano educativo, sul piano morale, che dovrebbe costituire il nostro patrimonio comune, non ne
traiamo le debite e giuste conseguenze? Dobbiamo concludere che siamo proprio in presenza di uno scontro, uno scontro tra modelli educativi e quindi di civiltà. Da un lato l’educazione al conformismo, l’assuefazione all’obbedienza,
alla passività, che viene favorita dalla cattiva maestra, la TV. E constatiamo amaramente come questi modelli si traducano, nelle situazioni concrete, in comportamenti violenti, per esempio, nel caso della questione dei migranti. Fino a non molti anni fa, i migranti eravamo noi. Eppure oggi assistiamo attoniti ad una maleducazione che viene proposta dall'alto con l’ausilio di un sistema
mediatico succube e condiscendente, da un sistema politico che utilizza “il governo della paura”, il “governo della propaganda”, il “governo della menzogna”. Su questi tre elementi si basano, da sempre, i processi di dominio e di violenza. Che cosa dovremmo essere capaci di fare? Educare alla nonviolenza e contemporaneamente alla disobbedienza civile. Chi si assumerà il compito di educare alla disobbedienza civile nei nostri paesi della maleducazione, del menefreghismo e della disobbedienza in-civile? In realtà, tutti quanti noi, adulti compresi, dobbiamo diventare partecipi di un processo continuo di educazione.
Chiediamoci: chi educa gli economisti alla sostenibilità, all’equità, a un ordine di priorità che parta dai più bisognosi, anziché dai più ricchi? E chi educa gli
operatori dei media, in particolare della TV per rimuovere lo scandalo sistematico della maleducazione televisiva fatta di violenza gratuita e di divertimentificio che contribuisce largamente a creare le condizioni di depressione psichica ed esistenziale che caratterizzano così diffusamente le
nostre società? I processi educativi non possono fermarsi alla soglia della scuola, come se usciti da essa fossimo educati per sempre. Gandhi ci mette di fronte ad una dura critica del nostro modello di civiltà. In positivo, quindi, l’appuntamento della giornata mondiale della nonviolenza è un'occasione che ci permette di diffondere il messaggio della non violenza, messaggio che Gandhi,
lanciò un secolo fa e sempre più attuale visto che siamo in presenza di una molteplicità di crisi: economico-finanziaria, ecologico-climatica, esistenziale-relazionale. Come la violenza anche la non violenza può essere contagiosa, purché la si viva con coerenza, consapevoli che spetta a ciascuno di noi compiere il primo passo.
“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, ci ricorda Gandhi.
Gregorio Mariggiò