Otto scout del clan del gruppo Agesci di Manduria sono in un villaggio albanese, nell’area di Durazzo, da qualche giorno
In Albania, a Gramez, per servire il prossimo.
Otto scout del clan del gruppo Agesci di Manduria sono in un villaggio albanese, nell’area di Durazzo, da qualche giorno. Sono ospiti, insieme ai loro tre capi (Sofia Sergi, Paolo Greco e Dario Massari), di una struttura religiosa cattolica, gestita da due suore siciliane: suor Giorgia e suor Margherita, sorelle Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes. Il loro compito è quello di attrarre, con giochi e animazione, l’interesse di tanti ragazzini dello stesso villaggio e di altri centri della zona, seminando, in tal modo, la “Parola di Dio”.
L’attività di questi ragazzi, che hanno lasciato il mare e rinunciato a parte delle loro vacanze per essere vicini agli “ultimi”, è intensa. Federica Calò, Sara Carrozzo, Teodoro Dadamo, Giusy Dinoi, Elia Distratis, Francesco Pio Gennari, Giulia Lonoce e Massimiliano Moscogiuri (questi i loro nomi), raccontano il loro “cammino”, a turno, in un blog appositamente attivato.
«Non c’è soddisfazione più grande di vedere quei sorrisi smaglianti sulle loro facce» scrive Francesco Pio Gennari riferendosi ai bambini del posto. «La voglia di giocare prevale sulla stanchezza, sull’80% di umidità, sul sudore e sulla paura di non essere all’altezza. Quello che prima era un ban stupido, ora è un inno al sorriso. Ogni volta che il tuo viso ne incrocia un altro, zero confini e zero differenze. All’inizio sembriamo diversi, tanto alla fine ci ritroviamo tutti a spaccarci di risate. Siamo ben undici “tossici” e la nostra droga è il servizio disinteressato».
Ragazzi diversi, con ideali sani, ottimamente guidati da Sofia, Paolo e Dario.
«Non è mai troppo tardi per capire veramente chi abbiamo intorno e che cosa stiamo seminando in questi giorni» aggiunge Sara Carrozzo. «Il futuro dell’Albania è nei giovani, nei bambini che ridono nonostante non abbiano abbastanza pane per sfamarsi o acqua per dissetarsi. Il futuro è nei giovani che hanno trovato il piacere e la gioia di condividere con noi questo quarto giorno qui a Gramez».
Una lezione di vita che resterà scolpita nei cuori di questi ragazzi.
«Quest’esperienza ci ha portato a riflettere sul nostro futuro, sul nostro passato, sulle nostre mancanze e debolezze, rendendoci fieri e orgogliosi di aver percorso la strada di questa route in Albania» conclude Sara Carrozzo. «Usando gli scarponi solo per calpestare pregiudizi, ansie inutili e superfluo. Siamo venuti fin qui per insegnare qualcosa, ma stiamo imparando tanto anche noi!».