«A tutt’oggi, con un ulteriore rinvio di inizio lavori per la costruzione del depuratore consortile, rimane aperto lo scenario più pericoloso dello scarico in mare dei reflui nella loro totalità, per tutto l’anno»
Il docente universitario Mario Del Prete, fra i più attivi negli ultimi anni nella difesa del mare, valuta le ultime novità sulla vertenza-depuratore.
«Nonostante l’approvazione unanime dei Consiglieri Regionali della Puglia sulla opportunità di variazione del Piano di Tutela delle Acque per il recapito finale del depuratore di Manduria, si è ancora in attesa della delibera di Giunta che sancisca tale variazione» ricorda innanzitutto il docente universitario, che pone l’accento sul rischio, ancora esistente, che i reflui, trattati in Tabella 1-2, possano finire in mare. «Questa maggiore è confermata dall’assenza di un finanziamento e di una progettazione esecutiva delle opere irrigue, mentre sono ancora contestate le possibilità di utilizzo di pozzi per lo smaltimento dei reflui in altri corpi ricettori diversi dal mare».
Poi si sofferma sul recente parere del Cnr.
«L’istituto del CRN di Bari IRSA, interpellato dalla Regione sulle modalità di recapito dei reflui alternative allo scarico in mare, scrive che l’eventuale uso irriguo, “se non integrato con altri, non fornisce le auspicate garanzie di costanza e continuità operativa per l’intero arco dell’anno”» sottolinea Del Prete. «L’Ente di ricerca propone quindi di utilizzare reflui in Tabella 4 da immettere, tramite pozzi, direttamente in falda per limitare l’intrusione salina, secondo quanto previsto in una recente modifica del D. Lgs 152/06 della legge del 06/08/2013 n. 97.
Tale proposta è in linea con quella dei comitati “noscarico” e delle Amministrazioni di Manduria ed Avetrana con pozzi sperdenti, tuttora molto osteggiati da AQP. Essa viene considerata innovativa e degna di un progetto di ricerca con specifiche finalità realizzative. L’orientamento generale è di conseguenza quello di procedere al riutilizzo integrato dei reflui adeguatamente trattati in Tabella 4, tramite moduli aggiuntivi che sono anche stati quantificati dai professori consulenti dei comitati e dell’Amministrazione comunale di Avetrana.
Per il CNR rimane però in discussione il cosiddetto scarico di emergenza che, con lo smaltimento dei reflui del surplus invernale tramite pozzi e il riuso estivo in agricoltura, dovrebbe consistere in poche decine di migliaia di metri cubi all’anno, così come minimizza lo stesso assessore regionale Giannini. Su questo spinoso argomento, ferma restando la volontà politica di salvaguardia del mare e la conseguente indifferibile variazione del PTA, l’AQP dovrebbe assumere un atteggiamento più collaborativo».