Michele Chimienti racconta la sconvolgente esperienza
Era a poche decine di metri dai luoghi dell’orrore di Parigi, appena arrivato nella capitale francese per un viaggio di piacere, insieme alla moglie e ad una coppia di amici. E’ stato un testimone inconsapevole, almeno nelle prime fasi, di una delle stragi terroristiche più cruente degli ultimi decenni in Europa.
«E’ stato un episodio che sicuramente segnerà la mia vita e che fortunatamente posso raccontare» sono le prime parole di Michele Chimienti, manduriano, appena rientrato da Parigi. «L’albergo che avevamo scelto si trova a pochi passi da piazza della Repubblica. Siamo arrivati a Parigi nel tardo pomeriggio di venerdì. Dopo aver sistemato i bagagli, intorno alle 21, abbiamo deciso di uscire per trovare un locale in cui trascorrere la serata. Dalla reception dell’albergo ci è stato detto che, nella zona, vi erano numerosi bistrot, abbastanza frequentati nella serata di venerdì».
La scelta si è rivelata fortunata per le sorti del gruppo di turisti manduriani.
«Mentre ci siamo incamminati, abbiamo notato l’andirivieni di decine di mezzi di soccorso, ma, naturalmente, non avevamo compreso cosa stesse succedendo» ricorda Michele Chimienti. «Siamo entrati al primo bistrot che abbiamo incontrato: si trovava a qualche centinaio di metri dal locale francese in cui è iniziata la mattanza. All’interno del locale ci siamo resi conto che tutti i presenti erano intenti a maneggiare i loro smartphone. Sulle prime non ho dato molto peso a questo particolare. Dopo qualche minuto, però, ho iniziato ad avvertire le prime esplosioni (sembravano dei petardi) e ho visto alcuni ragazzi presenti che piangevano. Ho chiesto spiegazioni al personale e mi è stato riferito che, nelle vicinanze, qualcuno stava sparando sui passanti. Ho compreso l’entità dei fatti solo quando anche io sono riuscito, attraverso internet, ad avere notizie sulla strage in corso. Il proprietario del bistrot ha inizialmente abbassato la saracinesca. Poi, ci ha invitato ad uscire. Quello è stato il momento più brutto: all’esterno, mentre stavamo percorrendo la strada che ci riportava in albergo, vedevo gente in preda al panico che correva. In quel frangente c’è stato un black out delle linee telefoniche e solo dopo mi sono reso conto delle decine di telefonate dei nostri parenti, preoccupanti per la nostra sorte.
Nei giorni successivi Parigi sembrava una città blindata: siamo passati dalla zona del Bataclan e abbiamo potuto constatare con i nostri occhi l’entità della strage che si era consumata».