mercoledì 27 novembre 2024


05/12/2015 12:25:31 - Manduria - Attualità

«La libertà è vivere nella verità di Dio, non seguire le mode superficiali. Io velata sono più libera di una velina»

 
         La conosco da tanti anni, poi un giorno ci siamo persi: non sapevo più nulla di lei. Sapevo che era partita per la Siria, per lavoro, dopo la sua brillantissima laurea conseguita in Ingegneria Idraulica presso una università del nord.
          La ricordo bellissima, con degli occhi celesti da lasciare senza fiato, alta, magra, simpatica. Per anni e anni nessuna notizia di lei. Chiedevo ai genitori, entrambi residenti a Manduria, notizie mi assicuravano che viveva felicemente a Hasakè, capoluogo del governatorato di Al-Hasaka (Siria) e, oltre a essere una felice moglie e mamma di due stupendi bambini, rivestiva il ruolo di ingegnere. Ora, tornata in Italia, è diventata responsabile per le Pari Opportunità di un’organizzazione cui fanno capo la maggioranza delle moschee in Italia. Da tempo speravo di vederla e di “riabbracciarla” per trascorrere con lei un po’ di tempo. Dopo mesi che è tornata in Italia, finalmente, è venuta a stare con i suoi genitori a Manduria.
         Mi ha invitato a cena nella abitazione dei suoi genitori e io ho accettato con gioia l’invito. Confesso che il cuore mi batteva forte forte nel ritrovare una grandissima amica, ma soprattutto capire come mai era ritornata in Italia.
         Patrizia: questo è il suo (vero) nome. Il cognome non ha importanza. Dopo cena ci siamo seduti in due comodissime poltrone e lei, prevedendo la mia domanda, mi chiarisce, subito, perché porta il velo
          «Ha una funzione di protezione per la donna giusta, che la separa da chi compie il male e anche da chi non dà importanza alla conoscenza di Dio».
          Dopo un sospiro continua nella sua spiegazione (con convinzione).
          «La donna (musulmana) che non mette il velo è, tout court, una donna ingiusta. Mi pare che una volta, dai noi nel meridione, si usasse definire la donna emancipata con il termine sbrigativo di “scostumata!”, come dire che è una donna che non rispetta i “costumi”, termine che si riferisce all’abbigliamento e alla morale religiosa».
         Patrizia legge un passo del testo sacro “Dì alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare dei loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri”.
         Noto che Patrizia parla con gioia della sua “nuova” religione e io ne approfitto per chiederle cosa pensa sull’eguaglianza tra uomo e donna e la poligamia.
         Lei mi risponde.
          «Ne ero sicura, Gherardo, che mi avresti fatto questa domanda. Ti rispondo dicendoti: è giusto che l’uomo abbia il ruolo di capofamiglia, non in senso autoritario, ma come assunzione di responsabilità. Gli uomini devono sentirsi vezzeggiati dalla moglie, sennò si sviliscono».
          Dopo questa sua affermazione resto senza parole, ma è una occasione unica di poter parlare tranquillamente con una donna fede mussulmana
         «Invece la poligamia impedisce in fondo agli uomini di farsi le amanti».
          Rimango sbigottito. Patrizia se ne accorge e aggiunge.
         «Il cristianesimo sostiene che “in una persona troviamo tutto”, ma questo non è vero», mi precisa Patrizia.
         E’ tardi, ma voglio farle ancora alcune domande
          Patrizia, cosa ne pensi della libertà? Mi sento subito rispondere con un tono di voce forte e sicuro.
          «La libertà è vivere nella verità di Dio, non seguire le mode superficiali. Io velata sono più libera di una velina».
         Capisco che ho toccato un argomento a lei molto “caro” e prosegue.
          «Il diritto, nella cultura religiosa islamica, va inteso come diritto della comunità, non della persona. Nell’Islam più tradizionale, quello salafita, che propugna la purezza dell’insegnamento dell’Islam, quindi addirittura un ritorno alle origini, non si conosce la parola “persona”. Il suo sinonimo è “fard” (individuo), parte integrante e dipendente della comunità (unmah) dentro la quale ha diritti e doveri.
         La religione islamica ha un carattere fortemente normativo, come per la fede ebraica è essenzialmente una “legge” che i fedeli devono seguire. Tendenzialmente – anche se soprattutto nei paesi islamici ci sono movimenti innovatori - con Muhammad si è enunciata la legge definitiva, che non potrà mai essere modificata. Nell’Islam il dotto, o l’innovatore, è piuttosto un giurista che un teologo. Ecco perché il Salafismo, come gli altri movimenti religiosi islamici, focalizza l’attenzione sulle prescrizioni e si oppone agli innovatori modernisti. Coloro che vorrebbero innovare, a proposito del velo (higiab) sostengono che nel Corano vi è soltanto un richiamo generale alla modestia e al pudore femminile, mentre per i salafisti la prescrizione coranica va presa alla lettera e deve quindi obbligare le donne a coprirsi se intendono essere riconosciute come fedeli autentiche: buone madri, figlie, sorelle e mogli perché con queste identità (patriarcali) che definiscono la propria esistenza. Perché quando prevale il principio della comunità, tocca alle donne rappresentarne l’integrità e la coesione, in altre parole l’onore. Le donne rappresentano, gli uomini comandano». 
           Con questa affermazione decidiamo di lasciarci e rivederci quanto prima, perché entrambi siamo felici di esserci ritrovati e io vorrei tanto che la “mia” Patrizia possa ritornare a essere quella che io avevo conosciuto all’università. Ho imparato veramente tanto, ho imparato soprattutto la bellezza della Fede Cristiana e quanto io sia felice che Nostro Signore Cristo Gesù mi abbia vicino a sè.
 
Gherardo Maria De Carlo










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