L’esatto significato di integrazione: convivere pacificamente tutti insieme
La vita è strana e per questo merita di essere vissuta sino in fondo. Sono stato a Bari con la mia amica Patrizia, voleva rivedere la città dove ai tempi universitaria abbiamo avuto modo di frequentarci.
Appena arrivati abbiamo visitato i luoghi universitari, ci siamo recati insieme sulla estramurale Capruzzi, nei pressi della stazione. Al posto della “storica” carrozzeria Sicilia vi è ora la più grande moschea di Bari. Una “chiesa” a forma di tenda, nel senso che al posto dei muri c’è il plexiglas come quello dei pub di Bari vecchia, ma poi ci sono anche i tappeti celesti che sembrano quelli della ginnastica; c’è l’Imam, le scritte in arabo all’ingresso, si prega cinque volte al giorno. Insomma è la casa di Maometto nel centro di Bari.
Naturalmente Patrizia è entrata a pregare, io ho subito approfittato per andare a pregare presso la “mia” chiesa di Sant’Antonio, dove spesso mi recavo per pregare prima di sostenere un esame universitario. Dopo un paio di ore ci siamo reincontrati e ci siamo detti: “E ora dove si va a pranzare?”.
Mi sono ricordato di un mio amico dal nome Guri Mondi, ma per semplicità da me sempre chiamato “Eddy”. E’ un imprenditore albanese di 37 anni, proprietario di due attività, tra cui una pizzeria nel cuore di Bari. Eddy è nato nel nord dell’Albania, arrivato in Puglia, e precisamente a Manduria nel 1994.
Arrivati al suo ristorante, appena entrati, ho chiesto al cameriere se vi era Guri. Dopo un po’ è arrivato: abbracci e tanti sorrisi. Gli presento Patrizia. Ci sediamo e chiedo subito a Eddy se ci tiene compagnia mentre pranziamo.
Ecco si pranza e “Eddy” ci parla, ancora una volta, del suo arrivo a in Italia.
«Per arrivare a Bari pagai 500 mila lire del vecchio conio».
Ripete che raccontare quel viaggio è molto difficile. Su quel barcone si gioca con la vita e la cosa più brutta è che non sapeva assolutamente come sarebbe finito.
«Non sai», ci racconta, «se riuscirai a superare quel momento. In fondo, nel bene o nel male, la considero una esperienza che mi ha formato. Se sono arrivato fin qui è anche perché so cosa vuol dire il sacrificio ed essere tenaci. Mi sono fatto da solo e con il tempo ho raggiunto dei traguardi senza dare mai fastidio a nessuno e soprattutto senza finire nelle mani della criminalità».
Patrizia gli chiede se avesse avuto notizie di qualcuno che già aveva fatto quel viaggio.
«No, non avevo parenti che erano arrivati prima, ma sapevo che qui c’erano delle possibilità. In Albania guardavamo la televisione italiana: è così che imparavamo la vostra lingua e conoscevamo la vostra società. Tutto ci sembrava bellissimo. Ai nostri occhi rappresentavate l’America. La mentalità del mio Paese mi era sempre stata stretta. Uscivamo dalla dittatura e io mi sentivo in gabbia. Così decisi di andare via, ma non è stato semplice».
Come ti hanno accolto i manduriani e poi i baresi?
«Devo dire molto bene sia a Manduria e sia a Bari. Queste città mi ha dato tanto e io le amo. Non tutte le persone però sono uguali: c’è chi ti accoglie nel migliore dei modi e c’è chi ti giudica e ti denigra. Tuttora la gente dice tante cose su di me. C’è chi mi accusa di essere arrivato qui e di aver rubato il lavoro ad altri. Sinceramente non ci penso, vado oltre ed è sempre stato quello che ho fatto. Andare avanti per la mia strada non tenendo conto di cosa diceva la gente. Nel corso degli anni mi sono creato una famiglia e i miei figli sono perfettamente integrati».
Il dialogo fra Patrizia ed Eddy prosegue.
Come è nata la tua attività imprenditoriale ?
«Ho rilevato questo locale nel 2005. Ho sei dipendenti e una socia che mi aiuta, ma io sono l’amministratore unico e socio di maggioranza. Ho anche un’altra attività a Manduria. Nella mia vita ho fatto tanti lavori. A Manduria ho fatto: il cameriere, il lavapiatti, il barman. Ho anche lavorato nelle discoteche sul litorale manduriano. La famosa gavetta è durata per più di dieci anni, sempre a Manduria. Poi mi sono trasferito a Bari e grazie a lui (sarei io, ndr), sono riuscito ad aprire una mia attività di ristorazione».
Questa volta la domanda gli la faccio io, visto che da mesi che non ci vediamo
Eddy, ma si sente la crisi nel mondo della ristorazione?
«Sì, c’è stato un periodo particolarmente difficile, ma essendo abituato a non abbattermi e ad andare avanti, ho stretto la cinghia e sono andato oltre. La ristorazione non produce più come una volta. Se prima il cliente ordinava una cena completa, dall’antipasto fino al dolce con la bottiglia di vino, adesso ci si limita alla pizza e alla birra. Ma va bene lo stesso, l’importante è che si lavori».
Patrizia chiede cosa pensa del problema dell’immigrazione attuale e delle politiche attuate dall’Ungheria.
«Il problema dell’immigrazione odierna è un problema molto grande, più di quello di venti anni fa. Quando sono arrivato in Italia, negli anni Novanta, c’era lavoro per tutti. Quello che io sono riuscito a fare non ha danneggiato nessuno. Il discorso è molto semplice e anche molto crudo: la gente arriva qui per avere una possibilità, per cercare lavoro, ma il lavoro non c’è neanche per gli italiani. Sono d’accordo nel dare la possibilità a tutti, sarebbe assurdo da parte mia dire il contrario, ma ci devono essere le basi per poterlo fare. Purtroppo in Italia c’è un problema di politica, di disoccupazione alta e gestire altre vite sembra troppo difficile».
Anche l’Europa ha cambiato atteggiamento però.
«Sì è vero, ma la Germania ha cambiato posizione solo ed esclusivamente per tenere buona l’opinione pubblica e perché qualcuno glielo ha imposto. I tempi sono cambiati. Io mi ritengo molto fortunato perché sono arrivato in Italia nel periodo giusto, quando c’erano possibilità lavorative per tutti e lo straniero non era un problema, ma una risorsa».
Ma Eddy pensi di ritornare nella “tua” nazione ?
«Sì, ci ho pensato. Molti albanesi stanno tornando a casa. È un cambio di rotta, che sembra davvero buffo. La considero una sorta di rivalsa nei confronti degli italiani. Noi (albanesi) siamo arrivati qui negli anni novanta e ora voi andate ad investire lì. Anche io ho pensato di creare qualcosa nel mio Paese, per la burocrazia molto più veloce e per la bassa tassazione, ma sono molto legato a Bari e a un mio amico di Manduria. La considero una città bellissima e potrei dire di sentirmi un pugliese di adozione».
Sento che uno dei figli lo chiama e lui dice di attendere un attimo perché vuol dimostrare che ai suoi figli sta cercando «di dare loro la giusta educazione, di farli studiare e anche lavorare. Ma soprattutto dirò loro di non arrendersi mai, neanche di fronte alle difficoltà. Chi si ferma è perduto, questo devono tenerlo sempre a mente».
Ecco un altro amico ritrovato, che bello avere tanti amici e che bello che tutti sia legatissimi alla nostra stupenda e fantastica città.
Ho notato, ancora una volta, come sia facile convivere tra varie etnie e religioni, l’importante non irrigidirci e ricordare l’insegnamento di Nostro Signore Gesù che ci ha insegnato a dare amore.
Ora è ora di pagare e andare via, vado alla cassa e la risposta è la seguente: «Ecco la ricevuta ma non devi darmi alcuna somma il pranzo è un mio regalo a un mio caro amico».
Gherardo Maria De Carlo