La ricerca storica dell’operatore culturale Giuseppe Pio Capogrosso
Una caratteristica delle festività natalizie: la presenza degli zampognari.
«A destare interesse, è la somiglianza che le tradizioni nostrane presentano con gli usi di molte altre località e popolazioni» aggiunge l’operatore culturale Giuseppe Pio Capogrosso. «Fra queste, soprattutto, il riferimento va alle genti d’Abruzzo, che da tempo immemorabile abitano e presidiano quelle che, nell’immaginario collettivo dell’epoca (al tempo in cui si viveva uniti nell’antico regno meridionale), erano considerate le nostre montagne.
Da lì e dal vicino Molise scendevano, fino a noi, gli zampognari che, con il loro arrivo, annunciavano lietamente l’ingresso nel tempo di Avvento
A tal proposito, ripropongo il meraviglioso quadretto che a queste figure di suonatori popolari, una volta immancabili, è dedicato dall’autore abruzzese Giovanni Titta Rosa.
“Ma nell’aria di Natale si entrava decisamente solo con l’arrivo degli zampognari. Giungevano all’improvviso, si fermavano alle porte del paese, e cominciavano subito a suonare. Eran di solito due. Un uomo anziano reggeva sul davanti un otre liscio, quasi unto, vi soffiava attraverso un corto cannello. Ne usciva un accordo di suoni lento, continuo, grave, come una voce affettuosa e bonaria; accompagnando così il suono giulivo di un clarinetto, suonato dall’altro zampognaro, ch’era un giovanotto con una giacchettina stretta a vita, i corti pantaloni di panno scuro legati al ginocchio e un cappellaccio con le falde rivoltate. E il loro viso era immobile, fisso, non diceva nulla, non chiedevano nemmeno quei soldarelli che le donne, apparse sugli usci a quel richiamo, si cercavano nelle gonfie tasche dei loro grembiuli colorati. Era come se quel tributo fosse dovuto per obbligo di antica devozione. Poi ripartivano, nevicasse o piovesse”.
Passati gli zampognari, il Natale pareva più vicino».