Il Punto Nascite resterà attivo solo se si raggiungeranno, però, 1.000 parti ogni anno
Manduria e Martina Franca conservano - almeno per ora - la terapia intensiva e il punto nascite, anche se l’ospedale di primo livello del Tarantino sarà Castellaneta. Copertino perderà invece il suo punto nascita quando verrà potenziato quello del «Fazzi», ma manterrà la ginecologia come centro per l’endometriosi. Ostuni resta ospedale di base ma ottiene un servizio (non reparto) di cardiologia, mentre il vecchio ospedale di Fasano potrà rimanere aperto fino all’attivazione del nuovo ospedale di Monopoli. È sera inoltrata quando la Regione decide finalmente di rendere ufficiali le tabelle del riordino ospedaliero: a 48 ore dall’annuncio dell’approvazione in giunta c’è finalmente a mettere un punto fermo. Ovvero la mappa dei reparti e della rete territoriale che sarà tarata su 13.000 posti letto, circa 1.000 in meno rispetto allo standard ministeriale.
A far tardare la quadratura del cerchio è stato, soprattutto, il caso Martina Franca, dove il declassamento a ospedale di base è stato accolto come un atto di lesa maestà: c’è voluta una lunga trattativa con l’ex assessore regionale Donato Pentassuglia per portare a un risultato di compromesso, fondato sull’autonoma ricerca di fonti di finanziamento. Rianimazione e punto nascita non vengono disattivati, tuttavia quest’ultimo (così come a Manduria) dovrà garantire almeno 1.000 parti l’anno. Ed i due ospedali - come del resto gli altri - saranno sottoposti a verifica attraverso il piano di rientro: se il volume delle prestazioni non sarà sufficiente, i reparti meno attrattivi verranno disattivati.
L’uovo di colombo del capo dipartimento Giovanni Gorgoni è infatti una clausola contenuta in delibera, in base a cui tutti i reparti (sottointeso: quelli mantenuti aperti per le pressioni della politica) dovranno trovare compatibilità con i piani di rientro triennali secondo la legge di Stabilità. A fine marzo gli ospedali delle Asl saranno mandati in piano di rientro, con un anno di anticipo rispetto a quanto stabilito dalla legge. Se non rispetteranno il criterio della sostenibilità economica (la differenza tra produzione e costi non dovrà essere superiore al 10%), i direttori generali dovranno provvedere a chiudere i reparti.