Raddoppiata la pena rispetto alla richiesta del p.m.. Il parere del legale di Stano
Una condanna, una assoluzione e un rinvio a giudizio per i tre alti ufficiali italiani (nella foto: da sinistra: il colonnello Georg Di Pauli, il generale Bruno Stano ed il generale Vincenzo Lops) accusati di non aver adottato le misure necessarie alla difesa di base Maestrale, a Nassiriya, il quartier generale dei carabinieri devastato dall’attentato suicida del 12 novembre 2003 nel quale morirono 19 italiani (12 militari dell’Arma, 5 dell’Esercito, due civili) e almeno 9 cittadini iracheni.
Il gup del tribunale militare di Roma ha infatti condannato con il giudizio abbreviato il generale dell’Esercito Bruno Stano (originario di Manduria) a due anni di reclusione e rinviato a giudizio per lo stesso reato di «distruzione colposa di opere militari» il colonnello dell’Arma George Di Pauli, all’epoca dei fatti comandante del reggimento carabinieri che aveva una delle sue sedi a Base Maestrale. Assolto invece l’altro generale, il coratino Vincenzo Lops, «perchè il fatto non sussiste».
L'inchiesta venne avviata subito dopo la strage: la procura militare di Roma, che ha acquisito una mole enorme di documenti e sentito decine di testimoni, alla fine di maggio 2007 chiese il rinvio a giudizio per i tre ufficiali per «omissione di provvedimenti per la difesa militare», un reato previsto dal codice penale militare di guerra. Il gup, dopo una serie di istanze delle parti e rinvii, ha però deciso di procedere per il diverso reato di «distruzione colposa di opere militari» previsto dal codice penale militare di pace.
Nei giorni scorsi il pm aveva chiesto la condanna di Lops e Stano, rispettivamente, a 10 mesi e a 12 mesi di reclusione, e il rinvio a giudizio per Di Pauli. Lops e Stano si erano avvicendati al comando del contingente italiano a Nassiriya. I tre ufficiali erano accusati di non aver provveduto, «con specifiche disposizioni operative, ai mezzi necessari alla difesa» di base Maestrale. In particolare avrebbero agito con «imprudenza – si legge nel capo di imputazione – riguardo alla valutazione del livello di rischio connesso alla minaccia concretamente esistente, in quel contesto, di attacchi armati contro le forze del contingente italiano da attuare mediante mezzi mobili carichi di esplosivo». E con «negligenza riguardo alla necessità di innalzare le misure di protezione passiva delle basi in questione, in modo da adeguarle alle notizie, sempre più crescenti, dettagliate e diffuse, di un rischio concreto di attentati». Gli imputati hanno però sempre rivendicato la correttezza del loro operato, sostenendo che tutto quello che si poteva fare era stato fatto e che nessun allarme è mai stato sottovalutato.
Il giudice ha concesso al generale tarantino i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. Il giudice ha inoltre condannato il generale al risarcimento del danno alle parti civili rimettendo le parti davanti al giudice civile.
ANCHE AL QAIDA LO DISSE: BASE FACILE DA COLPIRE
Tutti e tre gli ufficiali erano accusati, da un lato, di non aver innalzato la protezione della base nonostante le notizie «sempre più crescenti, dettagliate e diffuse» di imminenti attentati; dall’altro, di avere sottovalutato il «livello di rischio connesso alla minaccia concretamente esistente» di attacchi con mezzi carichi di esplosivo. A sostegno dell’ipotesi accusatoria diverse testimonianze, tra cui quella resa il 7 luglio 2005 dal colonnello Carmelo Burgio, successore di Di Pauli al comando del reggimento carabinieri. L’ufficiale non solo ha confermato che negli ultimi tempi il rischio di attentati si era fatto «più concreto» rispetto al passato, ma non ha usato mezzi termini nel denunciare «l'inadeguatezza della difesa passiva» di Base Maestrale, con serpentine e un’area di rispetto attorno alla struttura «praticamente inesistenti». Lo stesso Abu Omar Al Kurdi, l’uomo di Al Qaida che confessò di essere stato il regista della strage e che è stato impiccato in Iraq, disse che la scelta era caduta su Base Maestrale proprio perchè, nel corso dei tre sopralluoghi effettuati, era risultato un obiettivo piuttosto «facile» da colpire in quanto «scarsamente difeso». Alle accuse gli imputati hanno sempre replicato che la base non poteva essere meglio protetta, «date le circostanze», tenuto cioè conto del fatto che l’edificio – per una decisione politica, che non spettava a loro sindacare – si trovava nel cuore di Nassiriya e mettere degli sbarramenti avrebbe significato paralizzare il traffico della città, cosa che sarebbe stata contraria alla natura di una missione «di ricostruzione e di pace». Riguardo agli allarmi, poi, «nessuna segnalazione – assicurano – è stata presa sotto gamba»: in quel periodo i warnings erano centinaia (“sembrava che ogni cittadino di Nassiriya avesse un terrorista pronto a fare un attentato che viveva nella porta accanto», ha raccontato ai magistrati un ufficiale) e tuttavia «ogni segnalazione veniva valutata», hanno sempre sostenuto i comandanti, secondo cui non c'è mai stato un allarme specifico relativo all’attacco del 12 novembre. Eppure, a ridosso della strage, la percezione di insicurezza tra i militari era aumentata: Base Maestrale era considerata così vulnerabile che tra gli stessi carabinieri avevano cominciato a chiamarla «la base dei puffi».
IL LEGALE DI BRUNO STANO
«Avevamo dimostrato, nel corso del processo, che non ci fu imperizia a carico del mio assistito» ha affermato l’avv. Coppi, legale del gen. Stano. «Furono adottate misure di difesa all’altezza di quella che era la situazione. Il mio assistito è stato sempre scrupoloso in questo. Non ci aspettavamo la condanna e, quindi, potete immaginare lo stato d’animo del mio assistito e quello mio».
CHI E’ BRUNO STANO
Il generale di divisione Bruno Stano, nato a Manduria è entrato in accademia nel 1973. Nominato tenente di Fanteria è stato destinato ai Lupi di Toscana, in Firenze. Ha assolto vari incarichi quali: comandante del V Battaglione Aosta di Messina; comandante di unità in Sardegna, tra cui comandante della Brigata Meccanizzata Sasari con la quale ha partecipato alla missione. Ha ricoperto vari incarichi di Stato Maggiore presso il primo reparto dello Sme ed ora è impiegato presso il dipartimento impiego del personale. Il generale Bruno Stano è sposato, non ha figli.