mercoledì 30 ottobre 2024


10/02/2010 06:54:58 - Manduria - Attualità

Alcune riflessioni sul clima di intolleranza che sta montando nel Paese

 
Questo non vuole essere un articolo ma solo una riflessione sul pericoloso clima di intolleranza che sta montando nel Paese: una riflessione fatta da un uomo del sud, un meridionale o, se preferite, un “terrone”.
C’è un episodio che solca la nostra memoria, data ottobre 1979, università di Pavia. Cercando un’abitazione per poter iniziare gli studi universitari, abbiamo incrociato alcune case sulla cui porta compariva una scritta: “si affitta, non a meridionali”.
E’ stato in quel momento che abbiamo scoperto lo “status” di terrone. Fu un duro colpo al mito giovanile della Lombardia cosmopolita, non tanto forte, tuttavia, da scalfire l’amore e la profonda gratitudine che col tempo abbiamo imparato a nutrire verso questa terra generosa.
Il ricordo di quegli anni ci è balenato pensando ai recenti fatti di Rosarno ,che hanno mostrato al mondo intero che l’Italia non è sempre quel paese di spensierati mattacchioni celebrato dai soliti e frusti clichè della cinematografia classica. Esserci arricchiti ci ha giovato perché, nel breve volgere di un decennio, ci ha trasformati da paese di emigranti a paese di immigrati ma questo ha creato nel tessuto sociale gravi squilibri di cui ne abbiamo, probabilmente, sottovalutato gli effetti. Ci si chiede se siamo davvero diventati un popolo razzista o se, addirittura, lo siamo sempre stati, magari pudicamente, in modo larvato e silenzioso.
Per questo motivo ci sembra opportuno segnalare il brano che segue che può propiziarci qualche utile riflessione: “Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini li uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro,sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri  governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli  che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.”
Questo testo è tratto dal Rapporto dell’Ispettorato Generale per l’Immigrazione degli Italiani negli Usa che fu presentato al Congresso degli Stati Uniti d’America nell’ottobre 1912.
 
Antonio Dostuni  
 










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