Cristo, icona del globale
In un’epoca in cui la vita scorre in funzione dell’appartenenza al villaggio globale, in un’era in cui internet sembri aver trovato il modo di battere il tempo, in un periodo storico in cui ci sia accorge che le povertà umane non sono più quelle strettamente legate ai bisogni essenziali di un uomo, in un mondo che spesso mitizza la tecnologia a tal punto da renderlo suo schiavo invertendo una legge di natura che vorrebbe quest’ultimo capace di dominare con la sua intelligenza ciò che è necessario alla sua sopravvivenza, mentre la società diventa esclusivamente autoreferenziale, appare con maggiore convinzione che la vera icona del “globale è meglio” è Gesù Cristo.
Nel vivo della Settimana Santa che fa memoria da duemila e passa anni della sua Passione, Morte e Risurrezione, Egli domina ancora la scena del Cristianesimo dimostrando l’iniquità di fatui miti che governano la nostra esistenza e misurandone lo spessore, da quello culturale a quello etico.
Passa in tutte le strade Gesù Cristo, nella mestizia e nella sofferenza del proprio martirio l’invito a rialzarsi per trovare una strada, un punto di riferimento; non esistono confini spaziali o temporali, non un televoto che decida di un destino o una carica politica, una legge o un referendum: solo un volto osservato riflettuto, sbeffeggiato, magari respinto dall’indifferenza, ma presente nelle nostre strade, nelle nostre chiese, nelle nostre vie,venuto a cancellare ogni certezza a ricordare più che mai la necessità di un rinnovamento sociale, etico finanche politico ed economico. Rompe gli schemi Cristo nel corso della Settimana Santa, magari anche le scatole a noi tutti, accompagnato dal rinnegamento di Pietro metafora dei tanti tradimenti sparsi quotidianamente, strappato a sua madre emblema del dolore, tradito da Giuda, moderno Ulisse ammaliato dalle sirene che in dote gli portano potere, gloria e denaro.
In un attimo il più piccolo centro si affianca al più grande nel pieno rispetto di una democrazia di sentimenti pronta a smantellare di colpo quanto a fatica opponiamo a noi stessi, appesantiti da egoismi che avvelenano la nostra sete di amore, di autenticità nei rapporti interpersonali e con le istituzioni, bisognose di un radicale cambiamento in cui l’attenzione a ciascuno non si confonda nel vano proposito ai aiutare tutti per non aiutare nessuno.
Cristo è lì, immobile, fisso e proteso verso ciascuno, protagonista assoluto di un Golgota che sale ogni giorno nella speranza che le tante frontiere e gli embarghi che ci vedono avversi tutti contro tutti cedano a favore di un punto di vista più altruistico di vivere la vita. E nelle strade in un cui si riversano milioni di fedeli per accogliere la vittima del nostro peccato, si consuma almeno per un attimo quel misero atto di carità che somiglia sempre più spesso alla buona azione dello scout, compiuta non giornalmente, ma annualmente, memoria, tempo ed impegni permettendo e che ci tira fuori dal Limbo dell’accondiscendenza a tutti i costi, cuscino del nostro essere adagiati ed abituati.
Nel dare il benvenuto alla vita che nasce dal sepolcro, lavata dal sangue di Cristo, versato anche per le tante miserie che turbano la nostra esistenza, lo scrivente vuole rivolgere i suoi migliori auguri di buona e serena Pasqua a quanti leggeranno questo moderno pensiero di intendere la Passione di Cristo, poco ortodosso forse, lontano dal protocollo imperante in questi giorni, ma fraternamente proteso verso tutti, specie gli ammalati che hanno il diritto alla speranza di un domani.
Mimmo Palummieri