Buon compleanno Repubblica, ma non tanti di questi giorni
La nostra Repubblica spegne 64 candeline. Già, tanti gli anni trascorsi dal 1946, in cui a suffragio universale, gli italiani, il 2 ed il 3 giugno di quell’anno, furono chiamati a scegliere la loro nuova forma di governo tra le macerie ancora fumanti di un’Italia e di un mondo vessati dalla guerra e dalla follia umana.
Da allora è storia nota: protagonista assoluta di parate, discorsi ufficiali, cerimonie, riconoscimenti, nell’escalation di graduati a suo servizio presenzialisti tuttofare, la nostra Repubblica, sempre meno première femme e sempre di più donna ad ore dei palazzi che contano, posta nell’angolino della porta di servizio, vive fasi alterne di riprese e cadute della politica ormai nostalgica di tanti cervelli illuminati che ne hanno
guidato i primi passi.
guidato i primi passi.
Restata poi claudicante, sembra orfana di qualsiasi sostegno significativo capace di infondere nuova linfa nel rapporto con gli italiani, estranei in tutto e per tutto dalle centralissime poltrone occupate da quelli che balbettano in nome e per conto loro. Eppure, nonostante sia ormai da first aid, la nostra Repubblica resiste, aggrappandosi a quel che di buono resta nella partita doppia delle entrate e delle uscite di un momento storico di grave congiuntura economica in cui si alternano i pareri crisi sì, crisi no,
crisi forse, crisi appena cominciata o appena finita, nonostante il tricolore, gregario di altri simboli del potere e della storia nazionale, continua a sventolare sulle istituzioni a ricordo di momenti maggiormente significativi, testimoni diretti di quella storia fatta da tanti e non da pochi e non lasciati al caso.
crisi forse, crisi appena cominciata o appena finita, nonostante il tricolore, gregario di altri simboli del potere e della storia nazionale, continua a sventolare sulle istituzioni a ricordo di momenti maggiormente significativi, testimoni diretti di quella storia fatta da tanti e non da pochi e non lasciati al caso.
Quasi 11.000 italiani dissero sì alla Repubblica, e nonostante le dietrologie di una conta di schede che non resero così scontato il verdetto finale nel match repubblica vs monarchia, quegli stessi italiani, insieme a molti altri, oggi affermano l’incondizionata solidarietà ad una nazione che merita l’alloro ora come allora, ed il cui grido inascoltato di sofferenza per le tante vittime di politicanti inconcludenti giunga ovunque.
Va dunque celebrata la nostra Repubblica? Certamente!!! Ma senza la retorica, veramente inadatta ad un paese che tenta faticosamente di risalire la china con l’ossigeno, se non altro per ricordare a tutti ed a ciascuno le rispettive responsabilità, per smascherare eventuali mistificazioni, errate interpretazioni o scongiurare manipolazioni alla Carta Costituzionale, frutto di interessi personali spesso discussi sulle riviste di gossip, guardona dei problemi di letto dell’ometto di turno.
Gli auguri alla nostra “Repubblica” vanno fatti, poiché ogni figlio deve rispetto ai genitori, e se la mamma resta la figura centrale nella vita di ognuno di noi, la nostra Italia deve restare, come da illo tempore, guardiano del più sacro fuoco della civiltà.
Mimmo Palummieri