domenica 24 novembre 2024


12/08/2023 10:06:11 - Manduria - Cultura

Si tratta di “Vita D’Antonio Bruni da Manduria”, scritta da D. Francesco Maria Dell'Antoglietta

Nella biblioteca nazionale di Firenze è custodito un prezioso volume contenente la biografia di un illustre letterato della nostra città. Si tratta di “Vita D’Antonio Bruni da Manduria”, scritta da D. Francesco Maria Dell'Antoglietta, Signore XV e Marchese di Fragagnano e indirizzata 'Alla Sapientissima, ed Eruditissima ACCADEMIA DELLA CRUSCA’.

Poeta e drammaturgo, Francesco Maria Dell’Antoglietta (Taranto, 1674-1718) fu membro di numerose accademie, venne nominato principe dell’Accademia degli Audaci di Taranto, nonché membro degli Arcadi di Roma. L’opera di cui si scrive è del 1711 e in essa sono riportate le vicende del Bruni «celebre Letterato de' suoi tempi, uno dei maggiori Poeti della Provincia Salentina».

L’Autore, dopo aver menzionato le personalità illustri che hanno operato nel Regno di Napoli (nella Penisola Salentina Ennio e Pacuvio; in Lucania Orazio; Ovidio in Abruzzo; a Napoli Giacomo Sannazzaro, Torquato Tasso, Giovanbattista Marino e, fra le donne, Claudia, valente musicista, moglie del poeta Papinio Stazio, Dorotea Acquaviva, la marchesa Vittoria Colonna, Laura Terracina), passa a scrivere di Manduria «oggi Casal Novo, Giardino delizioso de’ Salentini (…) e Madre feconda d’Uomini non meno versati nell’esercizio dell’armi, che nel mestier delle lettere», descrivendo dapprima il «meravigliosissimo Fonte» citato da Plinio il Vecchio nella sua ‘Naturalis Historia’, poi illustrando la progenie di Antonio Bruni.  Apprendiamo che i suoi genitori furono Giulio Cesare Bruni e Isabella Pasanisi e che Antonio fu l’ultimo di otto fratelli.

Il Dell’Antoglietta comincia a «favellare» di Antonio partendo dalla sua nascita il 15 dicembre 1593: «Fin dagli anni più teneri dimostrò un'indole spiritosa, e una pronta attitudine alla poetica facoltà, con aver sempre fra le mani i Libri de' Poeti più eccellenti, e de' Maestri più classici».

Un’opera indubbiamente biografica, che fa conoscere al lettore la vicenda umana e artistica del Bruni, nella quale l’Autore esprime un giudizio di valore relativo al personaggio e delle sue opere, in linea con lo stile manierato proprio della scrittura dell’epoca.

Così, a proposito della pubblicazione de ‘La Selva di Parnaso’ (1616), in cui «pure si scorgono alcune scintille, che furono preludj di quella luce che poi nacque da’ suoi eruditissimi inchiostri»; oppure per  “Le Tre Grazie” (1630), «che gli riuscirono mirabilmente felici» e  «Furono ricevute queste poesie con applausi de’ primi Letterati [Giovambattista Manso, Guido Cafoni, Giacomo Gaddi, Salvador Salvadori], come si cava per attestati di Lettere M.SS. di proprio pugno, che si conservano in Casal novo, e da me sono stati letti gli originali». Così, per la successiva stampa de “Le Veneri” (1633), «Opera non meno nobile, e vaga per la materia, e varietà, che si tratta, che per li concetti, e per lo Numero sostenuto, con dolcezza, e gravità insieme». Riferendosi alle “Epistole Eroiche” (1636), «La molteplicità delle replicate impressioni, il comune applauso de’ Letterati di quel Secolo, e la confermazione de’ Moderni, basterà solo per encomio di questo Libro».

Antonio Bruni morì il 23 settembre 1635. «Fu la sua morte accompagnata non solamente dalle lagrime de' Cigni più canori del Tebro, ma di tutta la Repubblica Letteraria, per la perdita di sì gran Soggetto». Da ultimo, l’Autore si rivolge al lettore, affinché «la vita di Antonio Bruni, chiarissimo esempio de' Letterati, delizia delle Muse, ornamento, e decoro della Region Salentina» non finisca nelle fauci del Tempo senza memoria.

A questo intento celebrativo risponde il sonetto che il Dell’Antoglietta dedica al poeta defunto: «Antonio, Antonio è morto. Al suo feretro / Straccia l’ambre del crine1, o Dea de’ cori,2 / Se arrivò del tuo Cigno3 il nobil metro,4 / Con le sue GRAZIE, a innamorar gli Amori. /Versi l’Aonio  Rio5 pallido, e tetro / Disciolti in pianti i suoi sacrati umori; / E di Pindo6 gli EROI (s’io tanto impetro) / Spargan sù l’Urna sua nembo di fiori. / Benché Bruno egli fu, pur chiare, e conte7 / Fe le sue glorie, onde, l’Oblio se doma, / Scriva l’occhiuta Dea8, d’Ascra9 sul Monte: / Spento è un Sol, che di Lauri ornò la chioma. / Se di Manduria a lui diè cuna il Fonte / Tomba gli eresse il Campidoglio in ROMA».

L’opera del marchese Dell’Antoglietta è consultabile sulla piattaforma “MLOL medialibraryonline” al seguente indirizzo https://www.medialibrary.it/media/schedaopen.aspx?id=18880&source=open_carousel.

Le note esplicative relative al sonetto finale sono riportate nell’articolo “Gli Arcadi di Terra d’Otranto: Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto”, pubblicato il 15/07/2019 su www.fondazioneterradotranto.it, da cui è tratta anche l’immagine di Antonio Bruni. Le altre immagini riportano un componimento per ciascuna delle tre parti (Aglaia, Talia, Eufrosine) in cui è divisa l’opera del Bruni ‘Le Tre Grazie’, digitalizzata dalla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli e consultabile al seguente indirizzo

https://books.google.it/books/about/Le_tre_gratie_rime_del_Bruni.html?id=BY16zvA97gYC&redir_esc=y











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