Un romanzo che tiene avvinto il lettore dalla prima all’ultima pagina
“Il più bel romanzo degli ultimi tempi. Fra noir epico e commedia al fiele”.
Così lo descrive Antonio D’Orrico sul Corriere della Sera. Che sia il più bel romanzo degli ultimi tempi non siamo in grado di confermare, ma che tenga avvinto il lettore dalla prima all’ultima pagina è stato facile verificarlo. Romanzo nel romanzo, vede dunque la presenza di due protagonisti, dalle caratteristiche sostanzialmente speculari, pur nell’abissale diversità delle situazioni che attraversano. Forse sarebbe più corretto dire da cui sono attraversati: l’uno, Tito Sella, militante della lotta armata, e l’altro, Marcello Gori, dottorando in un Dipartimento universitario di Italianistica, accomunati come sono dalla irresolutezza con cui affrontano relazioni, scelte e svolte esistenziali, lasciandosi guidare dal caso più che da consapevolezza e capacità di autodeterminazione. Entrambi incarnano il tipo, letterariamente non nuovo (basti pensare all’emblematico Zeno), dell’eroe negativo, l’“inetto” per intenderci, appartenente alla categoria “di chi sta nel mezzo, gli incerti, i dubbiosi, chi non sa decidersi o decide solo a metà, chi vorrebbe essere intero ma non ne ha la forza, chi manda tutto a monte all’ultimo metro perché la sua vocazione non è il trionfo ma l’inseguimento di un fantasma, chi alla fine potrà solo restare a guardare, o a raccontare”. Così dunque Marcello, l’io narrante, avendo superato il concorso di dottorato per la rinuncia di chi lo precedeva in graduatoria, si ritrova alle prese con una ricerca il cui argomento, diverso da quello che avrebbe scelto, gli viene imposto dall’affascinante quanto temibile Professor Sacrosanti, “dominus” indiscusso del Dipartimento di Italianistica. Si tratterà di studiare l’archivio inedito di Tito Sella, appartenente ad un gruppuscolo terroristico operante a Viareggio negli anni Settanta, protagonista inizialmente di azioni tutto sommato modeste, prima del sequestro di un giudice e del conseguente scontro a fuoco con le forze dell’ordine, che determinerà la fine della sua attività.
Unico superstite, condannato a venti anni di carcere, Sella è divenuto scrittore, autore di romanzi che furono oggetto di qualche attenzione da parte della critica e di nessuna da parte del pubblico. Che cosa avrà spinto il Professor Sacrosanti ad affidare a Marcello la ricerca su un autore pressoché sconosciuto e così poco “interessante” dal punto di vista di una eventuale carriera accademica? È ciò che scopriremo nelle ultime pagine del libro. Intanto vediamo Marcello immergersi nello studio dell’archivio Sella, sempre più interessato però a quello privato, piuttosto che a quello letterario, da cui spera di poter ricavare una ricostruzione completa delle vicende e della personalità dell’autore.
La narrazione scorre su un doppio registro: quello “basso” e notevolmente umoristico nella parte che vede coinvolto Marcello, alle prese con l’ambiente universitario, inizialmente per lui indecifrabile, teatro di una guerra per bande, fatta, sì, in punta di note a piè di pagina, ma non per questo incruenta, e quello “epico”, nella parte in cui viene ricostruita la storia di Tito Sella, dalla giovinezza in parrocchia sino all’entrata in clandestinità e alla sparatoria finale, in cui periscono tutti i suoi compagni. Ma le cose sono andate veramente così?
Di pari passo con le scoperte che Marcello va facendo nel corso delle sue ricerche si sviluppa la sua vicenda personale, intessuta sostanzialmente di situazioni equivoche, malintesi sentimentali ed obiettivi mancati, romanzo di formazione senza formazione, nel senso che il protagonista si ritrova alla fine identico al se stesso dell’inizio. Per lo meno è così che l’io narrante e protagonista vuol dipingersi alla fine della storia, ma noi lettori non possiamo fare a meno di amarlo e di parteggiare per lui, unico sincero e “disarmato”, in un mondo in cui prevalgono i subdoli e bugiardi.