La prima parte della relazione tenuta da Paride Tarentini per le attività del Centro di formazione permanente Plinio il Vecchio
Il territorio compreso tra Manduria ed il tratto litoraneo a sud-est di Taranto è interessato da insediamenti umani documentati fin da epoche remotissime.
In tale fascia territoriale, recenti saggi di scavo effettuati all’interno della grotta S. Angelo di Lizzano hanno restituito testimonianze risalenti ad età paleolitica.
Tra i reperti recuperati si segnalano, in particolare, numerosissimi resti ossei pertinenti all’antica fauna locale; resti relazionabili con attività di caccia, rinvenuti in avanzato stato di fossilizzazione e con tracce di macellazione, Alquanto rara la strumentistica in selce adoperata dagli antichi frequentatori del luogo. La selce, si sa, è un prodotto d’importazione, quindi prezioso, da utilizzare fino a consunzione.
In attesa di uno studio approfondito dei tali materiali da parte dei docenti dell’Università di Ferrara, intervenuti sul posto, relazioni preliminari parlano della probabile presenza, in tale grotta, dell’uomo di Neanderthal, retrodatando a circa 50.000 fa la frequentazione di queste nostre fasce territoriali,
Sempre all’interno di tale grotta, gli strati di superficie hanno evidenziato un successivo utilizzo del sito in età neolitica; epoca ben documentata, su questi nostri territori (come in tutta l’area apulo-materana) da un gran numero di insediamenti all’aperto, con villaggi di capannicoli diffusi in aree geografiche interne e costiere.
La scoperta dell’agricoltura, caratterizzante questa fase antropica, allontana l’uomo dalla condizione di nomadismo tipica del “Paleolitico”; condizione dettata da un’economia basata essenzialmente su caccia e raccolta, legata quindi a variazioni stagionali e climatiche.
L’agricoltura porta l’uomo neolitico a fissarsi definitivamente su fasce territoriali fertili ed acquitrinose, privilegiando corsi d’acqua ed aree leggermente a rilievo; aree su cui preservare le abitazioni da acquitrini o impaludamenti vallivi e da cui dominare, soprattutto economicamente, il territorio circostante.
Notevoli i vantaggi offerti da queste scelte locazionali: facilità di approvvigionamento idrico; posti d’acqua obbligati per gli animali da cacciare e da allevare;terreni fertili lungo i pendii e nelle aree asciutte da coltivare; ricca ed abbondante vegetazione spontanea per la raccolta.
Lo sviluppo di economie miste è tra l’altro evidenziato, all’interno di queste aree di villaggio, dalla varietà della strumentistica litica recuperata in superficie (lame, punte di freccia, bulini, accette ed accettine, raschiatoi, percussori, ecc.); strumentistica ottenuta con l’impiego di selce, ossidiana e pietra levigata, cui si associano pestelli e pietre macine collegabili con attività agricole. La presenza, altresì, di valve di conchiglia e di molluschi marini documentata anche in siti interni, indica frequenti contatti col litorale ed attività di raccolta lungo le spiagge.
Nelle aree di villaggio, la presenza di capanne è ben evidenziata da frequenti resti dell’antico intonaco argilloso (con impronte di rami e tronchi) caratterizzante tali strutture abitative. Alla vita quotidiana rimandano inoltre i tanti frammenti vascolari sparsi sul terreno, con decorazioni superficiali riconducibili alle classi ceramiche (impresse, incise, graffite e dipinte) caratterizzanti le fasi neolitiche nel loro sviluppo tra il VI ed il IV-III millennio a.C., circa.
Tra i villaggi presenti sul territorio di Manduria, il sito di masseria Le Fiate-Bagnolo, a breve distanza dalla frazione di Uggiano Montefusco, si distingue per l’ampiezza dell’area occupata e per la dovizia di reperti ceramici e litici recuperati; si aggiunge il pianoro di Terragna, nell’immediata periferia occidentale di Manduria, per la documentazione archeologica riferibile a varie fasi, anche molto antiche, del Neolitico; e come non segnalare, lungo il tratto marino, il sito di Borraco, capace ancora di documentare, alla base della torre costiera cinquecentesca, l’esistenza di un villaggio di capannicoli; villaggio caratterizzato, tra l’altro,da frequenti conchiglie marine, spesso forate all’apice, logicamente collegabili con il gusto artistico ed ornamentale (antiche collane?), di queste genti. Più ad oriente, a confine col territorio di Avetrana, nei pressi dellelocalità Marina – Quarto Grande, un’areaneolitica, di recente scoperta (anno 2022),ha restituitoi resti di uno scheletro umano in posizionerannicchiata,documentando, in zona, la pratica dell’inumazione già attestata da altre testimonianze analoghe segnalate in ambito nazionale.
In alcuni degli insediamenti neolitici presenti sul territorio, sparuti resti di ceramiche dall’impasto grossolano sembrano documentare una continuità di vita nella successiva età del Bronzo (II millennio a.C.).
Ma è soprattutto lungo la costa che tale epoca restituisce importanti villaggi ubicati lungo corsi d’acqua,quali il sito di Bagnara (Lizzano) o a ridosso di suggestivi tratti marini ricchi di insenature, quali i più occidentali insediamenti di Torre Castelluccia (Pulsano), Saturo – Porto Perone (Leporano) e Scoglio del Tonno (attuale stazione ferroviaria-ponte di pietra – Taranto).
In questi villaggi, come in altri siti coevi,i terreni archeologici conservano resti ceramici tipici dell’epoca (tazze, coppe ecc. dall’impasto duro, nerastro, ben levigato, con anse sopraelevate a forma di cilindri, di asce, di corna, e con decorazioni incise o cordonate), attestando, altresì, pratiche funerarie caratterizzate dalla cremazione, con vasi cinerari sepolti al fondo di pozzetti e protetti con pietre all’intorno.
Alquanto frequenti, in tale epoca, i ripostigli di oggetti metallici, uno dei quali individuato, in territorio di Avetrana, verso la fine dell’Ottocento,di cui si conservano 117 oggetti di bronzo, tra cui numerose asce e 2 cuspidi di lancia. Ripostigli da intendere come forme di tesaurizzazione e/o di protezione da pericoli incombenti sull’abitato, in un’epoca esposta ad una conflittualità latente, innescata dalle diseguaglianze sociali e dalla necessità di un continuo e sicuro reperimento delle materi prime (rame, stagno) ,imposte dall’avvento delle nuove tecnologie.
Particolarmente importante, infine, la presenza, nei siti di Torre Castellucia, Saturo-Porto Perone e Scoglio del Tonno, accanto alle produzioni indigene locali, di alcuni reperti provenienti dal mondo miceneo; reperti rintracciati anche in territori immediatamente interni, quali Avetrana e S. Cosimo alla Macchia, a testimonianza di frequenti contatti commerciali con il mondo greco,precedenti la successiva e più diffusa colonizzazione di epoca storica.
Paride Tarentini