sabato 23 novembre 2024


14/01/2024 09:50:55 - Manduria - Cultura

Nel luogo in cui sorgeva la cappella dedicata a S. Antonio Abate, dopo il 1700, fu eretta una nuova chiesa più grande, denominata chiesa della Purità di Maria, meglio conosciuta dai fedeli come chiesa di S. Cosimo

Fino al 1699 esisteva in Casalnuovo/Manduria una cappella dedicata a S. Antonio Abate. In quell’anno, essa fu demolita per erigere una chiesa più grande che accogliesse la Confraternita della Purificazione. Dopo la ricostruzione, essa fu denominata chiesa della Purità di Maria, meglio conosciuta dai fedeli come Chiesa di S. Cosimo. 

All’interno della nuova chiesa, a sinistra dell’ingresso, proprio nel luogo in cui sorgeva l’antichissima cappella, si conserva una nicchia con un affresco raffigurante il Santo in atto di pregare, con accanto un maiale (a simboleggiare la tentazione di Satana) e un libro dove si legge “Mihi, credite fratres, pertimescit Satanas piorum vigilias” (“Credetemi fratelli, Satana teme molto le veglie dei pii”), motto contenuto nel “Breviarium Noviomense”. Il dipinto, di autore ignoto e di ambito pugliese, risale  — secondo il Guastella — alla prima metà del secolo XVIII. Esso misura cm 171 x 190. Negli anni scorsi, l’affresco è stato oggetto di restauro.

L’antica cappella era piuttosto ampia, presentava la volta a tegole e un solo altare dedicato al Santo, che era raffigurato in una pittura.  Non si conosce la data della sua edificazione, ma certamente era esistente da molto tempo. Infatti, sul lato sinistro della nicchia si trovano i resti di un altro affresco, sicuramente molto più antico. L’analisi stilistica delle due raffigurazioni, aventi per soggetto due vescovi, richiamano i canoni dell’arte bizantineggiante.

L’importanza del culto riservato al Santo Abate e il prestigio  dell’antica Cappella era tale che fino alla fine del ‘600 la via che conduceva dall’attuale Chiesa della Purità alla via Corcioli era anticamente conosciuta come “la strada dietro S. Antonio Abate”.

Il culto di Sant’Antonio Abate era alimentato dalle oblazioni dei fedeli. In particolare, la famiglia Delfino vi eresse un beneficio semplice ‘juris patronatus’, posseduto dai sacerdoti che si succedettero fino al 1860; l’ultimo beneficiato fu R.D. Barsanofio Pasanisi.

All’interno dell’attuale chiesa sono presenti altre due dipinti raffiguranti il Santo: uno è un tondo di 60 cm di diametro, olio su tela, datato dal Guastella XVIII secolo, collocato in alto sulla parete absidale; l’altro, olio su tela, misura cm 69 x 24, datato secolo XIX-XX, si trova attualmente nella sagrestia. E’ altresì presente una statua del Santo di più recente datazione.

Le vicende biografiche di Sant’Antonio Abate sono narrate da Sant’Atanasio, suo fedele discepolo. Egli nasce in Egitto intorno al 250 d.C. e, per circa ottanta anni, fino alla morte avvenuta nel 356 d.C., conduce una vita ascetica nel deserto egiziano, dove viene ripetutamente insidiato dalle tentazioni del demonio, che gli appare sotto forma di belve feroci.

Il culto di Sant’Antonio Abate è il risultato di un forte sincretismo fra devozione cristiana ed elementi pagani. Iconograficamente, il Santo eremita è raffigurato come un uomo anziano, vestito modestamente, con la barba lunga e un bastone in mano a forma di “T” o di croce, a cui è appesa una campanella, e sempre in compagnia di un maiale, di cui è protettore. Sono questi gli elementi attorno ai quali prende forma la devozione verso il Santo, rientrando essi nella narrazione di varie leggende, tutte espressioni della cultura tradizionale locale, che tentano di spiegarne (spesso in modi differenti) la significazione originaria.

Accade così per la presenza del maiale, che, in una delle tante versioni, appare come la trasformazione ultima delle belve che tormentavano Sant’Antonio nel deserto. L’arrivo del culto nelle chiese e città europee imponeva un differente sfondo paesaggistico, abitato da una fauna più conosciuta nell’immaginario dei fedeli europei. Si arriva così al cinghiale, animale che compare spesso nelle raffigurazioni artistiche del Santo. Dal cinghiale al maiale il passo è stato breve

Il secondo elemento con cui viene raffigurato Sant’Antonio Abate è un bastone di ferula che reca in cima una campanella. Leggenda vuole che il Santo (come già Prometeo) sia sceso agli inferi per liberare le anime dei peccatori dal fuoco, utilizzando il maiale come esca per poter accedere e riuscire a rubare il fuoco infernale per donarlo agli uomini sulla terra. Come? Conservandolo all’interno della ferula, pianta che a contatto con il fuoco annerisce ma non brucia esternamente, perché ha il midollo spugnoso.

Ecco quindi il Santo celebrato con il fuoco. Anticamente, Sant’Antonio Abate era invocato per la guarigione di alcune malattie, fra cui l’ergotismo (‘ignis sacer’ = ‘fuoco sacro’, antica malattia provocata da un’intossicazione alimentare) e l’attuale ‘herpes zoster’, virus conosciuto come “fuoco di Sant’Antonio”. Da qui la tradizione di celebrare il Santo, custode del fuoco e guaritore della malattia del fuoco, con l’accensione di falò, come avviene in vari luoghi d’Italia (in Sardegna, in Abruzzo e nel nostro Salento, a  Novoli, dove si ha l’accensione della ‘fòcara’).

Infine, la campanella che è in cima al bastone fa riferimento all’Ordine degli Antoniani. Dapprima comunità di monaci volontari sorta in Francia nel luogo in cui erano conservate le reliquie del Santo, con lo scopo di aiutare nelle cure i malati di ergotismo che vi giungevano numerosi per venerarle, successivamente divenne Ordine per volontà di papa Urbano II. Lo stesso pontefice concesse loro il singolare privilegio di allevare maiali, perché il grasso della cotenna di questi animali era ritenuto terapeutico nella cura dell’ergotismo (‘male di Sant’Antonio) e dell’herpes zoster (‘fuoco di Sant’Antonio’). E la campanella? Pur essendo ad uso dei monaci, i maiali erano alimentati a spese della comunità, ed erano liberi di circolare per le vie cittadine, a condizione che avessero una campanella che li potesse distinguere.

Nel tempo, il patronato del Santo eremita si estese dai maiali a tutti gli animali domestici.  Per questo, il 17 gennaio, giorno della sua morte (ma anche giorno di marca nel calendario tradizionale contadino), nelle chiese a lui dedicate vengono portati gli animali (domestici e da fattoria) per essere benedetti. La benedizione avviene anche in Vaticano, dove ogni anno Piazza San Pietro si riempie di animali domestici di ogni genere, a partire dai cavalli delle Forze Armate italiane. 

E, naturalmente, avviene anche nella nostra Manduria, sul piazzale antistante la chiesa.

 

Si ringrazia la Confraternita della Purificazione per la cortese disponibilità.  Le prime sei foto si riferiscono alla nicchia con gli affreschi di cui si è scritto, segue il tondo con il ritratto del Santo e il dipinto che si trova in sagrestia.  

Per approfondimenti sulla Chiesa della Purità e sugli affreschi di cui si è scritto, cfr. Sac. L. Tarentini, “Manduria Sacra”, Barbieri 2000; M. Guastella, “Iconografia Sacra a Manduria”, Barbieri 2000; G. B. Arnò, “Manduria e Manduriani”, ristampa anastatica, A. Marzo 1983.  

Sitografia

https://it.aleteia.org/2022/01/17/santantonio-abate-gli-animali-e-la-leggenda-del-porcellino-foto/    

https://unapennaspuntata.com/2020/01/17/maiale-sant-antonio/

https://www.famigliacristiana.it/articolo/sant-antonio-abate-l-eremita-del-fuoco-.aspx











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