La relazione relativa alla visita pastorale effettuata in zona da mons. Brancaccio che offre interessanti dati conoscitivi riguardanti un’epoca storica, la fine del Cinquecento, invero cruciale per il nostro sito
In un numero precedente di questo quotidiano online (datato 1.2.2023) ci siamo soffermati sul sito antico di Bagnolo, a breve distanza dalla frazione di Uggiano Montefusco, descrivendone la storia dal Neolitico all’epoca greco-romana e medioevale. Oggi pubblichiamo il testo di una relazione relativa alla visita pastorale effettuata in zona da mons. Lelio Brancaccio, arcivescovo di Taranto, che offre interessanti dati conoscitivi riguardanti un’epoca storica, la fine del Cinquecento, invero cruciale per il nostro sito.
Le visite pastorali compiute dai Vescovi nelle loro diocesi costituivano una prassi alquanto consolidata e diffusa della Chiesa antica e medievale. Tale prassi era, però, già ampiamente caduta in disuso quando il Concilio di Trento (1545-1563), convocato per reagire alla diffusione della riforma protestante in Europa e per porre argine al dilagare della dottrina di Martin Lutero, decise di riportare in auge tali “visite”, definendone così lo scopo:”Propagare la dottrina sacra ed ortodossa estromettendo le eresie, difendere i buoni costumi, correggere quelli cattivi e con esortazioni, esortare il popolo alla devozione ed all’innocenza”. Il medesimo Concilio stabilì che fosse obbligatorio compiere la visita pastorale ogni anno, oppure ogni due anni qualora non fosse possibile; tale dettato trovò ampia applicazione, anche se la cadenza temporale annuale o biennale non fu sempre rispettata.
L’arcivescovo Lelio Brancaccio, nel suo lungo episcopato tarantino (1574-1599), portò avanti in maniera rigorosa le riforme volute dal Concilio, scontrandosi spesso con le radicate tradizioni, consuetudini e privilegi del clero locale e del popolo, incoraggiando, tra l’altro, il rito latino in località ancora legate al rito greco. (vedi C. D. FONSECA, a cura di, Taranto: la Chiesa/le chiese, Taranto, Mandese, 1992, pp. 37-76, 136).
Molte notizie dello stato della diocesi tarantina nel Cinquecento si hanno grazie alle Visite Pastorali che il Brancaccio fece nel 1577 ed ai relativi verbali redatti per l’occasione.
L’Illustre prelato risulta aver visitato la chiesa di S. Maria di Bagnolo il 13 maggio, con relativo verbale in latino, che qui si propone (con apposita traduzione) nel testo edito da C. D’ANGELA – P. MASSAFRA, La Santa Visita di Lelio Brancaccio arcivescovo di Taranto. Localizzazione e descrizione degli edifici sacri, in Atti del Congresso intern. di studi sull’Età del Viceregno, Bari 1977, pp. 24, 103-104 (dall’estratto).
TESTO:
Die 13 mensis maii 1577. In ecclesia Sancte Mariae de Vagnulo, grancia Sancti Petri de Mutata, abbatiae illustrissimi Cardinalis Iesualdi.
Ecclesia ipsa habet duas portas, maiorem et minorem, in maiori, porte sunt integre et nove, in maiori (sic), nullas portas itaque indiget reparatione. Tectum indiget reparatione subtus campanile, in campanile est quidam campana quae indiget tintinabulo, in altari maiori et in altari quod est a dextris porte maioris ingrediendo, scabella indigent reparatione. Saracinus Viccolerius de Casali Novo, interrogatus, quanto tempore non fuerit celebratum in ecclesia predicta et cum iuramento dixit hoc anno nullas missas fuisse celebratas in ea de causa scientiae quia vicinus in eius rure et audivisset campana et vidisset celebrantem de devotione qualibet die sabbati ex Casali Novo et aliis convicinibus casalibus populum concorrere. Ioannes Laurentius Angeli de Aloia de Marubio cum iuramento interrogatus, quanto tempore non fuerit celebratum in ipsa ecclesia, dixit non vidisse dici missas a cappellanis hoc anno in cusa scientiae quia est vicinus in eius rure. Ioannes de Bernario de Sava, interrogatus cum iuramento, quanto tempore non fuerit celebratum in dicta ecclesia a cappellano, dixit esse annum quod viderit cappellanum aliquem celebrasse in dicta ecclesia de causa scientiae quia vicinus in eius rure et iam vidisset si dicta esset. Rosatus de Magio de Ugiano, interrogatus quanto tempore non fuerit celebratum in ipsa ecclesia a cappellanis, dixit hoc anno non fuisse celebratum in ipsa ecclesia a cappellanis in causa scientiae quia vicinus in eius rure et iam vidisset. Interrogati omnes, quibus diebus celebretur in ipsa ecclesia, dixerunt in festivitatibus Beate Virginis et diebus sabbati verum hoc anno non vidisse missas, ut sopra, et quando dicebatur missa, solebat accendi lampas. Iuxta ipsam ecclesiam sunt quedam dirute domos in quibus consueverunt, ut dixerunt, habitari et hospitari heremitas qui serviebant eidem ecclesiae et iuxta eam etiam sint quaedam vinealia, quibus utebatur predicti heremite.
TRADUZIONE:
Nel giorno 13 del mese di Maggio del 1577. Nella chiesa di Santa Maria di Vagnulo, grancia di San Pietro della Mutata, abbazia dell’ illustrissimo Cardinale Iesualdo.
La chiesa ha due porte, maggiore e minore, nella maggiore le porte sono integre e nuove, nella maggiore (sic) nessuna porta, pertanto, ha bisogno di riparazione. Il tetto ha bisogno di riparazione sotto il campanile, nel campanile vi è una campana che manca di batacchio, nell’altare maggiore e nell’altare che è a destra della porta maggiore, entrando, scabella (i gradini?) necessitano di riparazione. Saracinus Viccolerius di Casalnuovo (Manduria), interrogato da quanto tempo non si celebrasse messa in predetta chiesa, disse sotto giuramento che nel corrente anno nessuna messa era stata celebrata e che di ciò era certo poiché, essendo (abitando) in una campagna vicina, avrebbe udito la campana ed avrebbe visto il celebrante ed il popolo accorrere per devozione da Casalnuovo o da altri casali viciniori, in qualunque giorno di Sabato (ciò fosse avvenuto). Ioannes Laurentius Angeli de Aloia da Maruggio sotto giuramento interrogato da quanto tempo non si celebrasse in detta chiesa, disse di non aver visto celebrare messa dai cappellani in quell’anno e che di ciò era certo poiché vicino di campagna alla chiesa. Rosatus de Magio di Uggiano, interrogato da quanto tempo non si celebrasse in detta chiesa da parte dei cappellani, disse che nel corrente anno non vi era stata alcuna celebrazione in detta chiesa da parte dei cappellani e che di ciò era certo poiché vicino di campagna alla chiesa e certamente se ne sarebbe accorto. Interrogati tutti in quali giorni si celebrasse in detta chiesa, dissero (che ciò avveniva) nelle festività della Beata Vergine e nei giorni di Sabato, ma che nel corrente anno non avevano visto messe, come detto in precedenza, e che quando si diceva messa si era soliti accendere una lampada. Vicino alla stessa chiesa vi sono alcune case diroccate nelle quali, come dissero, erano soliti abitare e soggiornare alcuni eremiti che servivano nella stessa chiesa e che vicino ad essa vi sono alcuni vigneti di cui si servivano gli eremiti stessi.
Un confronto con dati già editi ci porta ad avanzare le seguenti considerazioni:
Innanzitutto si conferma l’appartenenza di tale chiesa alla grancia di San Pietro della Mutata di Taranto, già fissata in atti del XIV secolo (vedi D. VENDOLA, a cura di, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Apulia-Lucania-Calabria, Roma, Città del Vaticano, 1970, pp. 129,134,374,449).
Sono inoltre segnalate due porte a fronte dell’unica attualmente esistente, aperta sul lato ovest. All’interno sono indicati due altari, uno dei quali a destra dell’ingresso, a fronte dell’unico altare oggi esistente, attribuito al settecento, in parte abbattuto con emersione di una parete d’altare retrostante, certo più antica.
Interessante la notizia relativa al tetto in non buone condizione sotto il campanile, notizia che lascia intuire una collocazione diversa di quest’ultimo, attualmente impostato quasi al disopra del timpano triangolare della facciata, slegato dal resto della struttura. Tutto ciò conferma notevoli modifiche intervenute sull’impianto dopo il 1577; modifiche già ipotizzate in studi precedenti, molte delle quali legate al terremoto del 20 Febbraio1743, tra cui i costoloni esterni che attualmente consolidano la struttura
Si segnalano, nella nostra chiesetta, celebrazioni canoniche nelle festività della Beata Vergine e nei giorni di Sabato, con sentita partecipazione di fedeli provenienti da Casalnuovo (Manduria) e da altri casali della zona.
Le varie testimonianze di proprietari vicini sembrano evidenziare un momento di crisi del casale e quindi dell’edificio sacro, ancora, però, in discreto stato di conservazione.
Interessante la notizia di personaggi definiti “eremiti” dediti alla chiesa, ospitati in case limitrofe (oramai, però, diroccate), e che traevano vantaggio dai vigneti vicini. Notizia che sembra richiamare momenti di vita ascetica conosciuti durante il nostro medioevo, ma che nella definizione di “diroccate” attribuita alle “case”, tende a confermare un graduale declino dell’intero complesso, già segnalata da altre fonti.
In una precedente visita di Mons. Carlo Bovio, Arcivescovo di Brindisi e di Oria (anno 1565), Bagnolo è infatti citato come casalis seu feudum (forse non più abitato o, comunque, sempre più ridotto a semplice feudo?) e si rileva che le rendite del Monastero, ancora dipendente dal Monastero di San Pietro e Andrea di Taranto, dovevano servire per fabbricare il seminario di Oria (vedi P. COCO, Cenni storici di Sava, A. Marzo ed., 1984 - ristampa anastatica dell’edizione di Lecce, 1915 - p. 36).
Troviamo il nostro casale probabilmente disabitato verso la fine del XVI secolo, quando, dai registri battesimali di Uggiano (datati a partire dal 1570) si ricava che numerosi abitanti dei paesi vicini si stabilirono ad Uggiano, ma nessuno è del vicinissimo casale di Bagnolo (vedi M. DE SANTIS – M. ANNOSCIA, Santa Maria di Bagnolo e S. Anastasio, casali distrutti in diocesi di Oria, in “Brundisii Res”, VIII (1976), p. 150).
Ancora più significativo un documento del 1599 (riguardante il confine tra la città di Taranto e la foresta oritana), che indica chiaramente Bagnolo tra i casali disabitati della foresta oritana “… in detto territorio oltra le dette terre e casali habitati nce sono li infrascritti feudi inhabitati cioè lo feudo di bagniulo, li feudi di santo pietro de bagni et fellini…” (da E. TRAVAGLINI, I limiti della foresta oritana in documenti e carte dal 1432 al 1809, Oria, Società di Storia Patria per la Puglia, 1977, p. 62).
Analoga situazione (di abbandono) si registra nel secolo successivo, quando, nell’elenco dei parroci diocesani che ogni anno si riunivano ad Oria il 15 Agosto per tutelare la giurisdizione “ad tuendam iurisdictionem” manca, per il 1674, quello di Bagnolo “Archypresbyter Balneoli…vacat” (vedi M. DE SANTIS – M. ANNOSCIA, vol. cit., p. 151).
Poi un graduale ed inarrestabile declino, sino all’attuale stato di abbandono della chiesa, invero vergognoso e sempre più vicino al crollo definitivo.
Paride Tarentini