Nato a Manduria, Dante Pastorelli risiede dal 1958 in Toscana
Il mio primo felice incontro con la poesia di Dante Pastorelli risale a più di venti anni fa, quando il libraio Francesco Urbano (il caro “Ciccillo”, per noi amici) mi fece dono del primo lavoro dell’autore, dal titolo I giorni, i volti, le voci e il silenzio, edito nel 1989 per i tipi delle Edizioni del Leone - Venezia.
Incuriosito, ricordo di aver sfogliato subito il libro del poeta di origini mandurine (come l’amico libraio tenne a dirmi) e di esserne stato positivamente colpito sin dalle prime battute, che denotavano fini e svariate sensibilità poetiche.
Di recente, Dante Pastorelli, dopo un periodo che egli stesso ha definito come “lungo volontario silenzio”, ci ha donato un altro bel lavoro: L’ultimo bagliore, uscito nella primavera dello scorso anno coi tipi dell’editore MA.GI.
Il lavoro, non appena pubblicato, ha subito incontrato il favore della critica, riscuotendo i giudizi molto positivi di esperti del calibro di Stefano Zangheri, Marisa Cecchetti, Elio Andriuoli, Luciano Nanni, Antonio Spagnuolo, Deborah Benigni, Flavia Buldrini, comparsi sulla stampa cartacea e online.
Peraltro, già la precedente produzione del Pastorelli aveva meritato i giudizi lusinghieri di Giuliano Manacorda, Aldo Vallone, Arcangelo Leone de Castris, Giorgio Barberi Squarotti, Michele Tondo, Duccia Camiciotti, per citarne solo alcuni.
Ad una prima edizione del libro del marzo 2017, è seguita la ristampa a maggio dello stesso anno.
E’ un titolo molto significativo che si legge volentieri, questo, esperienze di vita e ricordi, sentimenti e passioni che si stemperano nell’ambito di paesaggi cari all’autore, come quelli della bella terra di Toscana, nella quale dimora, e quelli, non meno belli, della natìa Manduria.
Nel frattempo, nel corso di quest’anno, complice il nostro comune amore per questa città, ho anche avuto la fortuna di conoscere Dante e il piacere di poterlo annoverare tra i miei più cari amici.
Vi dirò subito che egli custodisce tantissimi ricordi della terra nativa, ricordi precisi, ma anche unici, perché formatisi negli anni della sua fanciullezza e rimasti immutati nel tempo, proprio perché l’orologio della sua vita li ha fissati in quel momento preciso in cui si allontanò dalla sua città, nella quale vi è tornato solo sporadicamente e per soste più o meno brevi.
Ciò gli ha consentito di donarci liriche di altissimo valore artistico (come Cicala di Manduria o Santa Maria di Costantinopoli), nelle quali il ritorno dell’autore al suo paese, con la mente o con il corpo, vale a trasformare un’esperienza personale, proveniente dalle radici profonde della sua storia, in universale, che può essere vissuta da chiunque ed ovunque.
Sempre con lo stesso procedimento, l’autore, muovendo dall’io, ha toccato l’universale anche in altre liriche della raccolta, tra le quali, per citarne solo alcune: La domanda, Ritorno, Quel che resta di te.
In tutte, però, si avverte lo slancio della fede che domina la sua poesia, una fede che è tanto salda e radicata da suggerire che la vita può essere vissuta compiutamente senza aver timore della morte, la quale, anziché risolversi in una negazione della vita, ha l’effetto di innalzarla in una divina certezza di eternità.
La raccolta è molto ben costruita, con le varie liriche che sembrano costituire altrettanti capitoli di un’unica opera, compatta ed armoniosa, coerentemente indirizzate a fornire al lettore una possibile interpretazione della vita.
Scorrendo le varie parti del bel libro, alla pagina 45 de L’ultimo bagliore mi sono soffermato: certamente non è facile cercare, fra le tante egualmente meritevoli, una poesia da trascrivere ed offrirla ai lettori di questo giornale.
Non è facile in cotanto lavoro rinunziare, in favore di una lirica, a tutte le altre, ma da cittadino di Manduria sono rimasto molto colpito dai versi che ora riporto, i quali riassumono magistralmente il tema del ritorno di chi, “arreso alle radici che non mentono”, può, a volte, sentirsi estraneo anche nella sua terra.
SANTA MARIA DI COSTANTINOPOLI
(Chiesa di Manduria)
di Dante Pastorelli
Santa Maria di Costantinopoli,
il cangiante splendore della cupola
trascolora in un tremulo pallore
in quest’eterno sospirar del sole
che ravviva per un momento le onde
mute nell’affogarsi oltre il declino
clemente di San Pietro. M’eri guida
ad una certa rada d’uomo e d’anime
ed ora disconosci chi ritorna
arreso alle radici che non mentono
e non gli accordi un fremito luttuoso
di campana, ed è tutto un falcidiare
di fantasie lucenti nel passato:
non hai pena persino per le stoppie
un tempo e sempre sanguinanti in cuore.
Ma benevola sia a te questa notte
d’una dolcezza ancora appassionante
e una tegola incida stilla a stilla
d’onde sprizzi rugiada a intenerire
il braccio che all’aurora almeno finga
una benedizione sopra i tetti
dormienti nel biancore di quei muri
ignari dei travagli ivi racchiusi.
Giuseppe Pio Capogrosso
Dante Pastorelli, nato a Manduria nel 1939, dal 1958 vive in Toscana. Dal 1964 risiede a Firenze, presso la cui Università si è laureato in Letteratura Italiana.
Docente e preside negli istituti superiori, ha pubblicato sin dalla giovinezza, con l’incoraggiamento iniziale di Piero bargellini e Carlo Betocchi, poesie ed articoli su riviste quali “La Fiera Letteraria”, “L’Italia che scrive”, “Il Ponte” (di Calamandrei), “L’Osservatore Politico Letterario”, “La Rassegna Pugliese” ed altre.
Sue opere poetiche sono: Il cerchio intatto (Padova 1964), I giorni, i volti, le voci e il silenzio (Venezia 1989).
Con la poesia edita e inedita ha vinto vari prestigiosi premi, tra i quali l’”Alpi Apuane” (per due volte), il “Monte pisanino”, l’”Augusto Mancini” e altri ancora.
Nel 2002 ha fondato la rivista “Una voce dicentes” che ha diretto per 11 anni, alla quale hanno collaborato insigni personalità come don Divo Barsotti e mons. Brunero Gherardini.
Nel 2016 si è riaffacciato nel mondo della poesia, meritando il conferimento dell’ambìto premio “Stefano Zangheri”.
Ha vinto nel dicembre scorso il primo premio “La Ginestra – Firenze” (consistente nella pubblicazione di un’opera) premio che ha già deciso di utilizzare per la stampa di una raccolta di poesie interamente dedicata alla sua (e nostra) Manduria.
* (Sintesi della nota biografica presente sulla quarta di copertina del libro)