“…cullati dalle onde che cantavano loro la funebre nenia eroica ritornarono sulle coste d’Italia in cerca di una zolla natia dove dormire in pace il loro eterno sonno eroico … vennero a posarsi sulla spiaggia di S. Pietro di Bevagna ed ebbero riposo e sosta nel nostro cimitero, per poi ripartire verso l’ultimo viaggio, verso la loro terra”
1918-2018, cento anni sono trascorsi da quando il generale Armando Diaz emanò il bollettino della vittoria della Grande Guerra. Quanti suoi figli ha pianto l’Italia, quanti suoi figli ha pianto Manduria. Quanti non hanno fatto ritorno presso i propri cari perché deceduti sui campi di battaglia, in trincea e lì sepolti, o negli abissi dei mari e quanti sono stati dati per irreperibili.
Sarebbero stati dichiarati scomparsi anche due marinai della Regia Marina che persero la vita nelle acque del Mediterraneo i quali, come scriveva “La Torretta” del 25 ottobre 1925, “…cullati dalle onde che cantavano loro la funebre nenia eroica ritornarono sulle coste d’Italia in cerca di una zolla natia dove dormire in pace il loro eterno sonno eroico … vennero a posarsi sulla spiaggia di S. Pietro di Bevagna ed ebbero riposo e sosta nel nostro cimitero, per poi ripartire verso l’ultimo viaggio, verso la loro terra.”
Il primo ad essere traslato nella sua terra natia è stato Leonello Canali, nell’agosto del 1923. Nato ad Amelia, in Umbria, il 4/12/1894 era imbarcato come capo meccanico di 2 classe C.R.E.M. sul cacciatorpediniere della Regia Marina “Cairoli”.
Il regio cacciatorpediniere “Benedetto Cairoli”, varato il 28/12/1917 e completato l’anno seguente con a bordo 99 uomini, di base a Brindisi, ebbe breve vita operativa. Fu attrezzato per la posa di mine, il lancio di bombe torpedini da getto ed il dragaggio in corsa.
Apparteneva alla IV Squadriglia e nella notte tra il 9 e il 10 aprile 1918, mentre scortava corazzate della II Divisione, da Brindisi a Taranto, fu speronato, a centro nave, dal regio cacciatorpediniere “Carini” ed affondò nelle acque a largo di Santa Maria di Leuca. Le vittime vennero raccolte dalla regia nave “Roma” e furono seppellite nel cimitero di Gallipoli. Altri superstiti furono raccolti dalla nave australiana “Torrens” (di cui uno morì). Il corpo del Canali, invece, fu ritrovato diversi giorni dopo il disastro sulle nostre spiagge di S. Pietro in Bevagna da alcuni pescatori e seppellito nel cimitero di Manduria in attesa di essere poi traslato nella sua Amelia nell’agosto del 1923.
Sorte simile toccò al capotimoniere di 2 classe Eduardo Rap, imbarcato sulla regia goletta “Pantelleria”, nato a Sommatino (Caltanissetta) il 1/2/1883. Il veliero, con a bordo 15 uomini, faceva servizio nel Golfo di Taranto con il compito di individuare navi nemiche in avvicinamento al porto tarantino. Le comunicazioni avvenivano tramite un sistema di radiogoniometro con la base sulla costa.
Mentre al nord i nostri fanti entravano a Gorizia i marinai della regia goletta erano in perlustrazione nel golfo ionico.
Durante la notte scura del 14/08/1916 improvvisamente affiorò un U4, un sommergibile austriaco. Il veliero aprì il fuoco con i due cannoni e con fucileria, provocando la reazione da parte del sommergibile. Essendo andato in avaria il cannone dell’U4 al secondo colpo, il sommergibile si immerse e lanciò uno dei due siluri in dotazione che colpì in pieno il veliero civetta “Pantelleria”. Mentre il comandante si accingeva a bruciare i documenti di bordo partiva l’ultimo messaggio dalla nave: “Siamo stati colpiti. È la fine. Siamo all’altezza di Punta Alice 39°24’04,1’’ N – 17°09’20,57’’E”. Nei pressi di Cirò Marina, in Calabria. Il veliero affondò con i 15 uomini di equipaggio.
Dieci giorni dopo l’affondamento, il 24/08/1916, il corpo di Eduardo Rap venne trovato sulla spiaggia di S. Pietro in Bevagna ed anche lui venne tumulato nel cimitero di Manduria.
Eduardo Rap venne insignito della medaglia di bronzo alla memoria con la seguente motivazione: “Imbarcato sul veliero a motore “Pantelleria” destinato al servizio di crociera nel Golfo di Taranto essendo stata la nave vela, in notte scura, avvistata da sommergibile nemico, concorreva con fermezza e slancio a recargli offesa. Colpito il veliero da siluro, periva con la sua nave” (Golfo di Taranto, 14 agosto 1916).
Dopo lunghe ricerche l’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Manduria, presieduta dal Dott. Michele Greco, riuscì a rintracciare la famiglia del Rap la quale, nell’ottobre del 1923, così rispondeva al presidente dell’Associazione: “Immagini Sig. Presidente, la nostra dolorosa sorpresa per aver appreso, dopo sette anni, un avvenimento che, nell’immensa sventura, abbiamo ben ragione di ritenere ben fortunato! Noi che, durante ed a causa della guerra, perdemmo in mare due amatissimi fratelli, ci eravamo ormai rasseganti al tristissimo destino di non poterne onorare e conservare, come si conviene, le sacre spoglie perché il Ministero ci aveva ufficialmente comunicata l’irreperibilità”.
Come nell’agosto 1923 per il Canali, anche per il Rap venne predisposta una solenne cerimonia per il trasporto della salma nella sua terra natia ed è commovente rileggere ciò che scrisse La Torretta di quel 25 ottobre 1925 per delineare le disposizioni meticolose con cui doveva svolgersi la cerimonia funebre: “La salma sarà esposta nella Chiesa di S. Angelo donde alle sedici partirà il corteo. Precederanno le Guardie Comunali, indi Le Corone del Comune, dei Combattenti e dei Mutilati e quella del Comitato per le Onoranze ai Caduti di Manduria, portate a braccia dai Soci della Combattenti. Verrà quindi il picchetto d’Onore della R. Marina ed i militi della Milizia Nazionale. Indi le bandiere del Circolo De Cesare e del Commercio, il vessillo del Consorzio Antifilosserico e quello del Consorzio Agrario Cooperativo, poi le Scuole Elementari col Gruppo della Guardia d’onore, indi il gagliardetto del fascio, il vessillo della Combattenti, quello dei Mutilati e delle Famiglie dei Caduti. Seguirà la bandiera del Comune, la confraternita dell’Addolorata ed il Parroco. La Salma portata a spalla dai Soci della Combattenti sarà scortata dai Marinai, Carabinieri, Militi e Guardie di Finanza. Reggeranno i cordoni quattro rappresentanti delle famiglie dei Caduti Manduriani. Dietro la Salma le Autorità e i Cittadini. Il corteo per via Ruggiero Normanno e via XX Settembre sosterà in Piazza Garibaldi ove, accanto alla lapide dei Caduti di Manduria porterà il saluto dei Combattenti, dei Mutilati e dei Cittadini, il Capitano Dottor Domenico Schiavoni. Indi per via Pacelli alla Chiesa dell’Immacolata il Parroco benedirà la Salma e per il viale Giuseppe Mancini alla Stazione Ferroviaria ove la cassa d’abete fasciata di tricolore e circondata di fiori e di corone sarà ricomposta nel carro che la porterà verso la terra natia. Tutte le bandiere di Manduria si abbasseranno ed i cittadini piegheranno il ginocchio salutando le povere Ossa di Eduardo Rap, Marinaio d’Italia, che compie l’ultimo viaggio verso la sua terra nissena dopo aver dormito per nove anni il sonno della pace in terra ionica”.
Così Manduria, che tanti suoi Figli ebbe sparsi sui confini d’Italia in povere tombe dimenticate e di cui molti furono irreperibili, quel giorno si unì al dolore delle povere mamme che non ebbero mai il conforto di sapere dove giacevano le Ossa sacre dei Caduti Manduriani che mai tornarono a dormire il loro eterno sonno nel cimitero della terra natia.
1918-2018, cento anni sono trascorsi e sull’Albo d’Oro dei caduti della Grande Guerra Eduardo Rap risulta ancora scomparso.
Vincenzo Stranieri
[1] LA TORRETTA, periodico quindicinale, Anno XIX, N.5, 25/10/1925 Manduria, direttore: Leon Lacaita
[2] http://decoratialvalormilitare.istitutonastroazzurro.org/
[3] LA TORRETTA, periodico quindicinale, Anno XIX, N.5, 25/10/1925, Manduria, direttore: Leon Lacaita
[4] ibidem
[5] https://www.difesa.it/_layouts/15/MdDEvoluzione-Layouts/Archivio/AlboOro/22/399.jpg