Le analogie con la tromba d’aria del 28 ottobre scorso e la fiaccolata di ringraziamento in programma questa sera
Dall’edizione de “Il Corriere Meridionale” del 30 settembre 1897 traggo un articolo riguardante il ciclone che devastò le nostre contrade il giorno ventuno dello stesso mese, nelle ore pomerididiane, causando ingentissimi danni e numerose vittime a Sava, Oria, Latiano e lasciando indenne Manduria [1].
L’articolo, purtroppo ritornato attuale, contiene un resoconto fedele e dettagliato dell’evento atmosferico che alcune settimane addietro è stato rivissuto, fortunatamente, senza lutti e gravi danni alle persone nella nostra Città.
Secondo la testimonianza personale dell’autore, tale Richel, il fenomeno atmosferico, passato alla storia come il “ciclone di Oria”, sebbene avesse avuto origine nel Golfo di Taranto, sarebbe stato preceduto, il giorno prima, da una forte mareggiata che aveva interessato il porto di Brindisi. Trascrivo dal giornale: “Il giorno 20 nelle ore pomeridiane, qui a Brindisi, si sollevò un forte vento da N.N.O., il mare divenne agitato, l’alta marea, mai vista, fece arrivare l’acqua quasi al livello delle banchine. Nel Porto esterno si stabilirono fortissime correnti, tanto che allo stabilimento balneare del signor Daccico si ruppe una grossa gomena […] ed una grossa nube intensa nerissima passò su di noi con grande velocità dirigendosì verso il S. e scomparve. Poco dopo tornò la calma ed il tempo bello.”.
Si trattò, quindi, di un precedente inquietante, ma per fortuna privo di effetti dannosi, a proposito del quale osservava il cronista: “Che fosse stato questo il principio del ciclone che il giorno 21 dal Golfo di Taranto si è scatenato sopra Sava ed Oria, non so dirlo.”.
Fatto sta che, proprio il giorno dopo, il 21 Settembre 1897, alle 2,45, -come avrebbe per sempre indicato l’orologio dell’ufficio telegrafico di Oria, fermatosi a quell’ora- si scatenò tutta la violenza del ciclone che, al suo passaggio, seminò ovunque distruzione e morte.
Riporto la descrizione del giornale, leggendo la quale sembra di rivedere le scene del fortunale che, proveniente dal mare di Campomarino, si è, di recente, abbattuto su Manduria, per proseguire la sua corsa verso Latiano e poi disperdersi sul litorale adriatico. Trascrivo: “Il ciclone, formatosi nel Golfo di Taranto, si scatenò sulla terra in prossimità di Torre dell’Ovo –da dove le Guardie di Finanza fuggirono atterrite- abbattendo casolari, svellendo alberi e trasportandoli lontanissimo, distruggendo tutto quanto incontrava sul suo passaggio, sollevando pietre che slanciava come terribili proiettili.”.
Dal mare di Torre Ovo, dove era sorto, l’uragano si diresse verso l’abitato di Sava “…che investì dal lato di N.O., e dopo aver abbattuto 30 case, facendo 8 vittime e ferendo una quarantina di persone, di cui alcune gravemente, e proseguendo la sua marcia trionfale e terribile si andò ad infrangere contro la collina di Monte Galuso, a ponente di Oria, e girando la collina dal lato N. e riacquistando intensità e violenza si abbatté sopra la infelice Oria.”.
La furia e la forza del ciclone sono state descritte con parole davvero impressionanti: “Lampi, tuoni, pioggia, grandine e la violenza del turbine erano tali che coloro che hanno visto avvicinarsi il flagello dicono di aver visto una immensa colonna nera avanzarsi furiosa, girando su se stessa, con in mezzo una enorme palla di fuoco, con un rombo spaventevole, e poi nulla più. […] Il ciclone ha poi proseguito nella sua direzione verso Latiano e poi è scomparso; o meglio per via ha perduto di intensità e si è perduto nell’Adriatico. Ed in fatti qui a Brindisi, verso le tre, si sollevò un forte vento da ponente, si sentiva un continuo rombo, che attribuimmo ad un lontano tuoneggiare, e vedemmo avanzare su di noi una nube nera che andò a perdersi in mare; e caddero poche gocce di pioggia.”.
Questa volta, però, il bilancio della vittime e dei danni sarebbe stato ancora più elevato.
Riferisce infatti l’autore dell’articolo: “I morti a Latiano sono 13 con circa 30 feriti. Ad Oria i morti sono 42 e oltre a 100 i feriti […]”.
Segue la descrizione dei danni agli edifici più rappresentativi, che qui riportiamo solo per Oria: “Al Duomo sono stati spezzati tutti i finestroni, sfondata la copertura della navata principale appena si entra in chiesa e ridotti a brandelli dei quadri a olio di un certo valore, che stavano appesi alle mure del lato sinistro della navata principale. Il Palazzo Vescovile e il Seminario hanno molto sofferto e occorreranno serie riparazioni.” .
Danni anche alle chiese di San Francesco, San Giovanni ed al castello, mentre risultava “…crollato circa il terzo dell’abitato, il più prossimo alla stazione”.
Come al solito non mancarono, nell’immediato, le polemiche riguardanti i soccorsi.
Il cronista, con affermazioni tutte da verificare, lamenta che ad Oria il Sindaco pro tempore “…se ne stava tranquillamente in campagna, a godere le delizie della sua villa, non ha curato riprendere la direzione dell’amministrazione, ed ha aspettato che fosse invitato a farlo o a rassegnare le dimissioni.”. Pesante e, ritengo, anche affrettato ed ingeneroso è il giudizio sulla reazione della popolazione non coinvolta nella tragedia, che, a dire dell’autore dell’articolo, sarebbe “…rimasta indifferente a tanta sciagura. L’indomani della catastrofe i cittadini sono ritornati alle loro occupazioni ordinarie come nulla fosse stato; ed anzi ho visto alcuni nelle bettole a giuocare e trincare allegramente.”.
Giudizio che però, in altra parte della stessa pagina del giornale, viene contestato dal redattore di un altro articolo, il savese Carmelo Spagnolo-Turco il quale, riferendo dei danni verificatisi nel suo Comune, afferma: “Richel giustamente rimprovera l’inazione dei cittadini di Sava e di Oria, però io aggiungo che bisognava essere in questi paesi, bisognava assistere al terribile spettacolo per per giustificare questa inazione che è stata frutto d’uno sbandamento pauroso, conseguenza di uno scampato pericolo, venuto così improvvisamente e velocissimamente passato.” [2].
Da questo terribile cataclisma, sviluppatosi (eccezion fatta per i danni alle persone) secondo un copione del tutto analogo a quello del ciclone di fine ottobre scorso, Manduria -come ho già anticipato- fu risparmiata: da più parti la sua salvezza fu attribuita alla benevola intercessione dell’Immacolata e dei suoi Santi patroni.
Lo stesso convincimento, a distanza di oltre un secolo dal qui citato precedente storico, si è formato tra molti nostri concittadini e proprio oggi, vigilia della festività mariana, costituirà il motivo della preannunciata fiaccolata di ringraziamento che si terrà in serata e del riaffidamento della città al patrocinio dell’Immacolata e dei Santi protettori.
Il luttuoso avvenimento fu pure ricordato in una canzone popolare in vernacolo mandurino che, con notevole precisione e dovizia di particolari, raccontava quanto era accaduto.
La ballata, che io ho spesso sentito recitare nella mia infanzia e che ora circola anche in una versione registrata da una viva voce narrante, in Internet [3], parla dell’intervento dei Santi patroni (nello specifico San Pietro) che appena scorto, nel mare di Bevagna, il tremendo vortice, avrebbe impedito ad esso di dirigersi sulla nostra Città, intimandogli: “No mi tuccari Manduria”.
Precisissimi sono, nel testo, i riferimenti al percorso seguito dal ciclone, lungo la direttrice Mar Jonio – Sava (passando per la Masseria “Monaci” o di “Ton Federicu”), per poi convergere verso Oria e scivolare verso l’Adriatico, risparmiando Brindisi.
Stupefacente è anche il riscontro che trova l’indicazione di quella che sarebbe stata l’unica vittima manduriana del disatro, che, nella ballata, viene denominata “lu Tiudatu”.
Proprio all’interno del già citato articolo di Richer, nell’elenco nominativo delle 40 (o, secondo altra versione 42) vittime di Oria, ho rinvenuto il nome di tal “Diodato di Manduria”, deceduto quando, molto probabilmente, si trovava nella città del brindisino colpita dal ciclone o nelle sue vicinanze.
Buona Festa dell’Immacolata.
Giuseppe Pio Capogrosso
1) Il Corriere Meridionale, il giornale della Provincia di Lecce, Anno VIII, n. 35 del 30 Settembre 1897, articoli sul ciclone, dedicati in particolare a Oria, firmati da Richer (acrononimo “chj”).
2) Il Corriere Meridionale, il giornale della Provincia di Lecce, Anno VIII, n. 35 del 30 Settembre 1897, articolo sul ciclone a Sava firmato da Carmelo Spagnolo-Turco.
3) Il canto dal titolo “Lu cicalòni”, già noto nel mio ambito familare, è ora su internet, nel sito FLAI Video, alla voce “Racconti popolari della Città di Manduria” dove si può ascoltarne la registrazione dalla viva voce narrante di Immacolata My in Capogrosso,