Si intitola “La mani di Manduria”. Al centro del romanzo la morte violenta di uno scrittore locale
“Non negli occhi va cercata la verità, nelle mani piuttosto. Le mani non hanno segreti”.
È uscito il 25 novembre il romanzo giallo “Le mani di Manduria” di Mario Grasso, edito da Alter Ego e ambientato in Salento.
Rosario Antonacci, noto scrittore locale, viene ritrovato morto sul letto della sua casa di Manduria. Il cadavere è privo delle mani, amputate chirurgicamente. Chi ha potuto commettere un tale delitto? E perché questo vile accanimento sul corpo della vittima? Un rogna di cui il vicequestore Ettore Blasi – uomo tirchio nel linguaggio e generoso nell’impegno – farebbe volentieri a meno. I personaggi, con le loro voci e la loro “salentinità”, costituiscono un affresco complesso e affascinante di una provincia meridionale autentica e verace, dove la vita è scandita da chiacchiere, gelosie, sentimenti nascosti, soffocati o inesplosi.
Tra tutti, simbolo della Puglia contadina che resiste al fluire del tempo è don Ciccio Monteleone, detto “il barone”, proprietario di una masseria sulla strada per Avetrana. È lì che egli produce olio d'oliva e l'“oro locale”, il Primitivo: un vino denso che macchia i bicchieri e che diventa, nel romanzo, il simbolo (insieme agli ulivi secolari) di una cultura rurale ancestrale. Accanto al barone troviamo Madia, la moglie fredda, ma solo con lui; Apollonia, la donna seducente; Vittiglio, il farmacista bizzarro; Minguccio, l'ex chirurgo che fa il macellaio per mantenere l'azienda di famiglia; lo Strozzo, l'usuraio spacciatore innamorato di Apollonia: al centro c'è Manduria, il Salento tutto, con le sue tradizioni e le sue contraddizioni, terra “di dolmen e menhir ma anche di abusi edilizi e rifiuti ingombranti”.
Per mezzo di una lingua ricca, che sintetizza dialetto e letterario, Mario Grasso scrive un romanzo che non si fa circoscrivere da un genere, il giallo, ma che della letteratura si fregia con rispetto e devozione al fine di riscoprire l'antico vagito di un'Italia preziosa.
“Alcune vecchiette erano ’ssittate sobbra li seggi di legno e di paglia accanto agli usci delle case. Avevano le facce intarsiate di rughe che ricordavano la corteccia dei cari ulivi salentini. Una di esse, che sferruzzava a una velocità sorprendente, colse lo sguardo incuriosito di Ada e la invitò a sedersi sulla sedia accanto alla sua, sulla quale aveva appoggiato i gomitoli di lana. Dopo le domande di rito – «Da dove viene? È sposata? Ha ancora i genitori? Lavora?» – e i consigli – «Una donna bella come lei non deve stare sola» – la signora aprì il libro mentale della storia di Manduria e le raccontò fatti del passato e tradizioni da sempre uguali a se stesse, perché nessuno si era mai azzardato a metterle in discussione o a modificarle.”
MARIO GRASSO (Bari, 1946) – è laureato in Scienze Sociali. Giornalista pubblicista, ha un passato da manager aziendale e saggista, un presente da scrittore di narrativa. Ha pubblicato vari romanzi, tra cui La comunità oscura (Le Mezzelane, 2017), L’età difficile (Le Mezzelane, 2018) e Il chirurgo che amava le orecchiette (Antipodes, 2018). Da saggista, ha pubblicato una quindicina di testi di cultura manageriale. Per la Franco Angeli ha diretto la collana Skill. Come giornalista pubblicista ha collaborato con quotidiani, fra cui “L’Unità” e “Il Mattino”, e periodici. Ha diretto il mensile “Web Economy” e un settimanale online. Per la narrativa ha ottenuto numerosi riconoscimenti e, da giornalista, ha vinto il XXVIII Premio letterario “La Mole