L’artista manduriano protagonista e testimone di un Novecento ricco di fermenti impensabili, prolungatosi nel nuovo Millennio
Non credo in assoluto ci siano stati precedenti nella storia di Puglia; e poterla vivere e raccontare in anteprima, credo sia un privilegio di pochi. Per l’avvenimento unico e le coincidenze, che hanno portato a inaugurare per iniziativa della direzione del Polo Museale della Puglia un’esposizione di sculture e disegni di Pietro Guida, al compimento delle sue inusuali novantanove «primavere» (S.ta Maria Capua Vetere 14 luglio 1921) di una vita scandita da lusinghieri apprezzamenti per l’Italia.
Da protagonista e testimone di un Novecento ricco di fermenti impensabili, prolungatosi nel nuovo Millennio. Da quando (1950/51), stabilendosi nella terra dei Messapi, alle porte di Manduria, nel magico silenzio del suo villino liberty, si è diviso fra la docenza all’Accademia di Lecce e la direzione del Liceo Artistico di Taranto. Spendendosi in una operosità intensa un po’ ovunque: da Venezia a Roma, da Napoli a Milano, da Firenze a Carrara, da Taranto a Gubbio, Lecce...; cadenzati da una data «memorabile» del suo genetliaco; col rammentarmelo col tono solennemente ironico e naturale del «partenopeo» di saper entrare in contatto con l’anima comune: «...hai detto niente, in Francia, in quel giorno, da oltre due secoli festeggiano la presa della Bastiglia! Con la caduta dell’ancien régime».
Quest’anno quella data fatidica e rivoluzionaria» ha una particolarità «storica», di poter conversare col longevo Autore, ammirando fra le mura di un castello, quelle sue figure a tuttaltezza, che l’estate e l’autunno di quattro anni fa, in oltre quaranta esemplari, popolarono le chiese rupestri fra i Sassi di Matera. In verità, quest’ultima esposizione l’aveva ventilata in una delle nostre telefonate settimanali, prima degli allarmi planetari. Con un tono alquanto malinconico, da quel turbine entusiastico che solitamente lo pervade: «sai... vi è stata una proposta condivisa tra Lorenzo Madaro che, come sai, da critico e curatore, spazia curioso tra concettuali e memoriali, il direttore del castello di Copertino, Pietro Copani, e la direttrice del Polo Museale della Puglia, Mariastella Margozzi, che mi dicono molto interessata alle mie opere..., la conosci?».
Ed io: «Non personalmente, ma da quando è giunta a Bari dalla Capitale, viaggia per la Puglia, fra cantieri e gabinetti di restauro, vivificando i musei col promuovere le bellezze sconosciute della nostra cultura; ti dirò, mi ha ben disposto...; ancor più, quando esordendo un paio di estati fa, portò al Castello Svevo qui a Bari la Collezione di opere “contemporanee” della Banca d'Italia; facendomi sperare si ampliasse ai nostri artisti del Novecento, traendoli dall’insopportabile dimenticatoio...., che ora apprendo apre alle attese con te, e me ne compiaccio, confidando perseveri! ... Perciò non avere remore e apprensioni... sarà un evento memorabile!..., e chissà che non s’illuminino le menti a sollevarti l’animo da quel cruccio che ti rode, affinché la tua vasta mirabile “raccolta” abbia un futuro “permanente” espositivo, attuando quella “donazione” da devolvere alla società civile, assetata di memorie smarrite!».
L’antefatto di quanto ora ci attende, ammirando una quindicina di sculture dal vitalismo ricercato e comunicativo allo spirito, come reinterpretazioni della storia con «momenti di vita quotidiana», unitamente a una quindicina di disegni: figure discinte o abbigliate d’una semplicità elegante, o «velate» a esaltarne le forme, sedute o avvinghiate in abbracci sensuali, colloquianti e pensose, romantiche e distese, conturbanti ed enigmatiche, dislocate nell’ampia piazza d’Armi del monumentale Castello Angioino di Copertino (XIII/XIV-XVI sec.), adagiata nella piana tra Lecce e Porto Cesareo. Quasi in un confronto agli affreschi con Santi e scene del Vecchio e Nuovo Testamento, che il manierista rinascimentale salentino Gianserio Strafella (Copertino 1520 – 1573) realizzò nella Cappella S. Marco, che s’affaccia sull'ampio spiazzo. Creando così un dialogo sommesso con quelle figure plasmate col cemento patinato - modellate negli anni dal Maestro Guida - in un incastro potente di raffigurazioni da lui definite «naturalismo informale», dalle fisionomie a volte sbozzate, irriconoscibili e stupite, nel tormento di superfici, come fossero flagellate dal tempo.
Tante immagini nel trionfo della materia» grezza di un espressionismo intimista, che s’empie di sorprendente musicalità. Che qui, convertendosi in incontenibili risonanze di chiaroscuri, assume una sua autenticità, per quella luce meridiana, ad attraversare l’ampio cortile del maniero, per posarsi spiovente sulle membra e le espressioni imbastite di una ricerca plastica suadente a dargli consistenza: in un linguaggio moderno, di un primitivismo narrativo che vive e si esprime, attraverso una manualità pervasa di passioni. In una opportunità «storicamente originale» per riagguantare la nostra identità artistica e ringraziare e festeggiare un illustre esponente e rappresentante superstite di una «razza» altera, che ha avuto tra la Campania Felix e la Magna Graecia, una culla di splendori ispiratori, da godere in infinite sensazioni. Da poter raccogliere con ovazione di gioiosi auguri, manco a dirlo..., di lunga vita! Perché la sua è Arte... , Arte per la vita!
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno