Su richiesta dei nostri lettori, riproponiamo un saggio sulla venerabile Confraternita di S. Giuseppe Patriarca in Manduria dell’operatore culturale, avv. Giuseppe Pio Capogrosso
“Il mondo ha bisogno di padri”.
Papa Francesco ha indetto nel dicembre scorso l’anno di San Giuseppe, che coincide con la ricorrenza dei 150 anni della sua proclamazione a patrono della Chiesa. Fino all’8 dicembre 2021 sarà concessa l’indulgenza plenaria ai fedeli che pregano il Santo, sposo di Maria.
La Diocesi di Oria, per l’occasione, ha realizzato un santino, scegliendo, come immagine, la foto della pregevole statua di San Giuseppe custodita nella chiesa di Manduria a questo santo intitolata.
A due giorni dalla festività, vi riproponiamo, venendo così incontro ad alcune richieste specifiche, un saggio sulla Confraternita di San Giuseppe Patriarca, scritto dall’operatore culturale mandurino, l’avv. Giuseppe Pio Capogrosso e pubblicato da Manduria Oggi alcuni anni fa.
Legami affettivi verso la Confraternita di S. Giuseppe di Manduria (al sodalizio, infatti, appartenevano una mia ava ed un bisavo materno) mi inducono a fornire, succintamente, alcune notizie sul suo conto.
Le prime due interessano le opere artistiche custodite all’interno della relativa chiesa e, più precisamente: la pregevole tela dello “Sposalizio della SS. Vergine” e la statua lignea del Santo titolare.
Per quanto riguarda la prima, è nota l’attribuzione dell’opera pittorica ad una tal Nicola Schiavoni (omonimo del più celebre patriota risorgimentale e senatore del Regno d’Italia, Nicola Schiavoni Carissimo, nato a Manduria nel 1818) artista, da sempre ritenuto locale, della cui attività non si conosce molto, a parte l’attribuzione di poche altre tele, di cui una sempre a Manduria, nella Chiesa della Purificazione (o di S.Cosimo) raffigurante la Presentazione di Gesù Bambino al Tempio (1).
Sono invece assenti del tutto le notizie biografiche sul conto dello Schiavoni così come le prove certe della sua presenza e della sua attività a Manduria (all’epoca Casalnuovo), tant’è che nell’opera “Iconografia Sacra a Manduria” lo studioso Massimo Guastella, dopo aver riportato il passo del sac. Leonardo Tarentini contenente l’attribuzione della tela al citato autore (2), osserva: “che l’artista fosse manduriano lo vorrebbe la voce del catalogo della mostra d’arte sacra tenutasi, nel 1956, a Lecce”, e, in altra parte dell’opera, lo definisce “Privo di fortuna critica e con un’inesistente biografia” (3).
Orbene, proprio sul conto di questo pittore, consultando gli Status Animarum redatti dagli arcipreti pro-tempore della Chiesa Collegiata “SS. Trinità”, è stato possibile rinvenire una importante traccia che ne attesta, con certezza, la presenza nella nostra cittadina.
Si tratta del volume manoscritto contenente lo Status Animarum dell’anno 1807, redatto dall’arciprete can. Giuseppe Domenico Micelli, nel quale al foglio n.23 versus (4) è riportato, come abitante nella Strada Scuole Pie, il nucleo familiare composto da Nicola Schiavoni di anni 71 espressamente qualificato come “Pittore”, e dai di luinipoti: Don Scipione Nicola Schiavoni sacerdote nato il 7 Febbraio 1755, Don Pascale Schiavoni sacerdote nato il 5 Febbraio 1778, Angelo Schiavoni avvocato nato il 2 Gennaio 1758 e Gregorio Schiavoni avvocato nato il 12 Novembre 1767 (cfr. immagini a lato).
Il pittore quindi avendo dichiarato l’età di 71 anni, sarebbe nato, con molta probabilità, nel 1736, presumibilmente a Manduria.
Pertanto, in base al citato documento, l’artista ha oggi acquisito un collegamento certo ed inconfutabile con la nostra cittadina, risultando, appunto, residente in essa nell’anno 1708.
Passando alla statua lignea del Santo titolare della confraternita, è parimenti noto che questa sia opera dello scultore napoletano Vincenzo Ardia, sul cui conto, di recente, sono stati condotte ricerche più accurate che ne hanno accertato l’attività in Napoli, con diramazioni in Italia e, perfino, in Spagna.
L’autore è stato citato in un’importante studio sulla scultura in legno in età barocca tra Napoli e la Spagna, che ha messo in luce la notevole circolazione di opere d'arte nell’area del Mediterraneo occidentale attraverso i porti di Napoli, della Puglia, di Genova, di Cagliari e della Spagna e l’esistenza di un elevato numero di committenti italiani e d’oltremare, soprattutto spagnoli (tra cui la corte vicereale, aristocratici, ordini religiosi e confraternite). E’ stato così confermato l’importantissimo contributo dato dalle botteghe di intagliatori e scultori napoletani per la produzione della statuaria lignea del Sei-Settecento in Spagna, così come in Italia meridionale.
Da questo studio, che si è basato anche sulla consultazione degli archivi del Banco di Napoli e delle polizze di pagamento emesse a favore delle botteghe napoletane, è emersa appunto la figura di Vincenzo Ardia, nativo di Piano di Sorrento, già operante, insieme ad altri artisti (come Antonio Mottola, Domenico Di Nardo, a sua volta maestro del più noto Giacomo Colombo, i fratelli Gaetano e Pietro Catalano, Domenico De Simone), nella bottega dei fratelli Aniello e Michele Perrone di Napoli (5).
Tra le sue opere in Italia, sarebbe certa, attualmente, l’attribuzione solo della statua lignea manduriana di S. Giuseppe e di quella, sempre in legno, di S. Francesco Saverio custodita nella Chiesa Parrocchiale di Ghemme, in provincia di Novara.
Tuttavia, a seguito di ricerche personali, ho potuto appurare che, sempre allo stesso autore, sarebbe da ascrivere una statua raffigurante S. Giacomo Apostolo ubicata nel centro calabrese di S. Giorgio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria (6). L’attribuzione pare che sia stata effettuata sulla base di un rinvenimento di documenti comprovanti il pagamento dell’opera eseguito a beneficio dell’artista (si tratterebbe di una polizza di pagamento di 110 ducati datata 28 Marzo 1685).
Orbene proprio di queste due statue dell’autore (quella di Ghemme e quella di S.Giorgio Morgeto) intendo, oggi, fornire ai lettori le riproduzioni fotografiche pubblicate sul web (cfr. immagini a lato -9).
Indubbiamente, entrambe le opere (ma ancor più quella custodita nella cittadina calabrese) presentano forti analogie stilistiche con il S. Giuseppe manduriano, tra cui, soprattutto, il ricco panneggio e la accurata decorazione floreale dell’abito, ricchissima di particolari, che denotano la comune paternità attribuibile al citato artista.
Ma, l’opera mandurina del citato scultore, che -a mio modesto avviso- riterrei di qualità artistiche superiori alle altre, si caratterizza anche per una particolare intensità espressiva dei personaggi (S. Giuseppe ed il Bambino Gesù), che fece appunto dire al Tarentini: “Il legnaiuolo di Nazaret è rappresentato nell’atteggiamento indovinatissimo di guardare tanto umilmente il Bambino che ha in braccio, poiché la grandezza che si desume in Lui dalla sua stirpe reale, fino all’insuperabile altezza di padre putativo del suo Dio, che or si degna, infante, gravargli il braccio, ci richiama quanto avventuroso ei stimasse quel peso, quanto si beasse di rimirarlo, l’unico mortale che oltre il suo tempo non vide, non vedrà altro tempo.” (7).
Da segnalare inoltre, sempre per la statua locale, la presenza, nella mano destra, della verga argentea fiorita che, nell’iconografia del Santo, simboleggia il prodigio del bastone da cui spuntano i fiori o, secondo, altra tradizione del bastone da cui esce la colomba.
Il riferimento è all’episodio, raccontato dai cd. vangeli apocrifi, secondo cui, al momento di scegliere lo sposo di Maria, il bastone di Giuseppe sarebbe stato l’unico, tra tutti quelli lasciati dai pretendenti alla mano della SS. Vergine, a fiorire (o, nell’altra versione, a far uscire una colomba). In questo modo il Sommo Sacerdote del tempio di Gerusalemme, che sovrintendeva alla cerimonia, avrebbe individuato con certezza lo sposo prescelto.
Inoltre il Bambino Gesù, che il Santo sostiene, nudo, con il braccio sinistro, ha un mano tesa che, nella ricorrenza della festa di S. Giuseppe, sorreggeva una vera mela rossa, frutto che, per quanto riferitomi da una discendente, sembra, per antica tradizione, che fosse offerta alla Confraternita da una famiglia di Manduria.
La statua mandurina sarebbe stata anche il prototipo che avrebbe ispirato un'altra statua di S.Giuseppe, sita nel Duomo di S. Maria di Oristano, in Sardegna, ed attribuita allo scultore napoletano Lorenzo Cerasuolo (8).
Infine per ultima, ma non in ordine di importanza, riporto una notizia riguardante proprio la Confraternita e la sua organizzazione interna quale sodalizio laicale ecclesiastico.
Per essa segnalo l’esistenza presso l’Archivio di Stato di Lecce, in originale ed in copia digitalizzata, del relativo Statuto in pergamena datato 25 Settembre 1776 che, unitamente agli statuti di altre confraternite mandurine (Congregazione dei SS. Leonardo Abate e Sebastiano Martire sotto il titolo di S. Maria di Costantinopoli, Confraternita della Vergine della Purità, Confraternita della Vergine di Loreto, Congregazione del SS. Sacramento, Confraternita della Vergine del Carmine, Confraternita dell’Immacolata Concezione) fu redatto ed inviato verso la seconda metà del XVIII secolo al Consiglio Generale degli Ospizi della Provincia di Terra d’Otranto al fine di ottenere il Regio Assenso e di poter conseguire la personalità giuridica.
Auspico che, consideratane l’importanza storica, la Confraternita voglia a breve acquisire una copia del citato documento, provvedendo a richiederla presso l’archivio pubblico salentino.
Manduria, 19 Marzo 2021, Festa di S. Giuseppe.
Giuseppe Pio Capogrosso
(1) L’attribuzione a N. Schiavoni della tela conservata nella Chiesa della Purificazione di Manduria è stata effettuata da Antonio Pasanisi, in Civiltà del Settecento a Manduria, Lacaita editore, Manduria 1992.
La notizia relativa alle altre opere dello Schiavoni nel Salento è forntita sempre da M.Guastella op.citata, pag. 60 il quale la riprende dal catalogo della Mostra d’arte sacra, Lecce Aprile 1956.
(2) sac. Leonardo Tarentini, Manduria Sacra, tipografia D’Errico – Manduria 1899.
(3) Massimo Guastella, Iconografia Sacra a Manduria, Barbieri editore, Manduria 2002..
(4) Giuseppe Domenico Micelli, “Stato delle anime della Città di Manduria, anni 1807-1810”, manoscritto c/o Biblioteca comunale M.Gatti di Manduria, in versione digitale su ICCU Internet Culturale - Cataloghi e Collezioni Digitali delle Biblioteche Italiane, da cui sono tratte le immagini.
(5) Di Liddo Isabella, “La circolazione della scultura lignea barocca nel Mediterraneo. Napoli, la Puglia e la Spagna. Una indagine comparata sul ruolo delle botteghe: Nicola Salzillo”, De Luca Editori d’Arte.
(6) la notizia è riportata da Giovanni Russo nell’articolo Gennaro D’Amore e la settecentesca statua di S.Antonio in S.Giorgio Morgeto, sul foglio “L’alba della piana”, Maggio 2013.
(7) sac. Leonardo Tarentini, Manduria op. cit.., pag 198.
(8) La notizia è riportata da Salis M. - Scano Naitza M.G., Approdi Sardi per la scultura napoletana del Settecento. Pietro Nittolo e Lorenzo Cerasuolo, su Kronos 14, Accademia.edu.
(9) L’immagine di S.Francesco Saverio di Ghemme è tratta dal sito internet http://www.parrocchiaghemme.it Quella di S.Giacomo di S.Giorgio Morgeto è tratta dal sito http://web.tiscali.it/sgiorgiomorgeto/sangiacomo.htm.