MANDURIA – La lettera aperta di una docente dell'Einaudi, professoressa di alcuni dei ragazzi coinvolti nella tragica vicenda di Antonio Stano
  • martedì 04 febbraio 2025

MANDURIA – La lettera aperta di una docente dell'Einaudi, professoressa di alcuni dei ragazzi coinvolti nella tragica vicenda di Antonio Stano

08/05/2019 09:24:20 - Manduria - Attualità

«Quando è scoppiato il caso mi sono sentita sconfitta, incredula di fronte a quel sottobosco del quale io e i miei colleghi eravamo ignari. Ma non è vero che la scuola non abbia fatto nulla…»

 

Una docente dell’istituto superiore “Einaudi” di Manduria, che chiede di mantenere l’anonimato, parla di alcuni dei ragazzi coinvolti nella vicenda delle sevizie al pensionato Antonio Cosimo Stano. Con quei ragazzi, del cosiddetto “branco di Manduria”, lei si è rapportata per tutto l’anno scolastico.

«Non avrei voluto scrivere questa lettera aperta, perchè questa storia mi ha toccata nel profondo, rattristata e angosciata» è la premessa della docente. «Dall’inizio dell’anno scolastico, quando ho guardato per la prima volta quei ragazzi negli occhi e ho cominciato ad approcciarmi a loro, ho capito subito che il mio compito sarebbe stato arduo. Mi sono rimboccata le maniche e, senza battere ciglio, ho cercato di trasmettere a quei ragazzi un modo nuovo di avvicinarsi al prossimo: con affetto, sensibilità e andando oltre il muro della superficialità.

Ci sono stati giorni in cui ho sentito la stanchezza fisica, il disagio psicologico di non poter arrivare dove avrei voluto, la frustrazione per i loro atteggiamenti sbagliati. Mi dava coraggio la speranza di aver offerto loro un’altra finestra sul mondo e la possibilità che qualche seme di positività, nei loro cuori, sarebbe germogliato nel momento più inaspettato. Mai mi sarebbe balenata l’idea che, oltre la soglia della scuola, avessero comportamenti simili nei confronti di una persona così fragile.

Per tutto l’anno scolastico, mi sono data tanto da fare, ve lo assicuro, affinché venisse fuori qualcosa di positivo, bello, entusiasmante, al di là della noia, della svogliatezza, dell’aggressività, ma ora mi sento sconfitta. È stato tutto inutile!

Anzi, la scuola viene accusata di non aver fatto nulla, di non essere intervenuta come avrebbe dovuto.

Ma secondo voi se avessimo solo immaginato una cosa del genere non avremmo fatto tutto ciò che potevamo? Vi sbagliate, vi sbagliate di grosso e mi sarebbe piaciuto vedere tutti voi in quelle classi a lottare per sedare comportamenti scorretti, aggressivi e violenti, per dare a quei ragazzi la possibilità di assumere atteggiamenti civili e decorosi.

Tutti ci ergiamo a sentenziatori, puntiamo il dito anche su chi fa il proprio dovere con passione e coraggio, mettendo al primo posto il bene dei propri alunni e mantenendo alta la bandiera della speranza.

Non distruggetemi completamente quella bandiera, lasciatemi quella speranza di poter cambiare ancora qualche vita, abbiate fiducia nel mio lavoro perchè lo svolgo e lo svolgerò sempre con amore e coscienza. Anche noi docenti abbiamo bisogno di parole di conforto, perché ci sentiamo incapaci e inermi di fronte a sconfitte di tale portata.

Anziché darci sempre addosso l’un l’altro, come se la scuola e il mondo lì fuori fossero due universi separati, uniamo le forze e lottiamo insieme per il bene dei nostri figli, dei nostri alunni, degli abitanti del futuro.

E chissà forse qualcosa cambierà!».






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